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Perché tagliare il prato?

La domanda potrebbe far sorridere molti, ma, in un momento in cui la maggior parte dei prati appaiono bruciati dal sole e dalla mancanza di acqua, una riflessione sui nostri abituali comportamenti appare d’obbligo.

E dunque perché tagliamo il prato? Perché riteniamo che un prato rasato, verde brillante, quasi carezzevole, sia un ottimo biglietto da visita per la nostra casa. È un fatto di decoro, un modo per significare l’ordine, la pulizia e le cure che vi riversiamo.

Il prato all’inglese

Ma da dove arriva questa idea di prato, così come lo abbiamo in mente? Probabilmente dal cosiddetto prato all’inglese, un’immagine forse anche supportata dal fatto che i campi da gioco e quelli destinati al golf appaiono così.

È un fatto che, nei centri residenziali, sia ritenuto una sorta di “conditio sine qua non” dal punto di vista architettonico, trascurando il fatto che l’ottenimento di un tappeto erboso con queste caratteristiche, sia decisamete più semplice nei Paesi d’origine che non da noi. Il clima più freddo, la maggiore umidità, il maggior numero di precipitazioni facilitano infatti la crescita di specie microterme ideali proprio per questo genere di prato.

Sopperire alle diverse condizioni climatiche significa una manutenzione più assidua: maggiori irrigazioni, maggiore frequenza di taglio, regolare eliminazione delle infestanti.

E se tutto questo ha senso in un piccolo spazio, nel giardino di una villetta o nei piccoli spazi intorno a un condominio, questa idea di prato appare incomprensibile nei grandi spazi verdi demaniali, nei parchi, negli spazi a verde con cui si arricchiscono talune aree residenziali.

E non solo perché comporta, come si è detto, una superiore manutenzione (facile e possibile appunto in piccoli spazi) -e pensiamo solo a livello di Amministrazione comunale alla difficoltà nel prevedere numero e frequenza dei tagli- ma perché, secondo noi, è persino dannoso.

Il prato rustico

Al prato all’inglese, costituito da poche specie, rasato e uniforme, di un bel colore verde brillante, fa da contraltare quello che viene normalmente chiamato prato rustico. In esso le specie in gioco sono molte perché oltre alle specie normalmente coltivate (Poa, Lolium, Agrostis, Festuca, quelle che compongono di solito un prato seminato) vi sono tutte le specie spontanee che con le prime formano un tappeto molto variegato, nel colore e nelle forme: le specie filiformi si mescolano alle graminacee, a qualche pianta a foglia larga, a molti fiori.

Il popolo dell’erba

Il prato rustico si caratterizza per un’altezza normalmente superiore al prato coltivato, un’altezza che può raggiungere e superare i 50 cm con le spighe delle graminacee, ma che normalmente si assesta intorno ai 30-40 cm perché le erbacee che lo compongono non dispongono di un fusto utile a spingerle più in alto.

Il prato rustico è ricco di fiori di ogni tipo, bianchi come le margherite, gialli come il tarassaco, viola come la malva, rossi come i papaveri (per citarne alcuni, i più noti). Al di là dell’estetica, questa ricchezza è un prezioso alimento per le api e per tutti gli insetti impollinatori.

Ma il prato rustico accoglie anche una miriade di piccoli abitanti, quelli che chiamiamo il “popolo dell’erba”, decine di specie di insetti e larve che trovano nutrimento e che sono essi stessi di nutrimento per altri insetti e per gli uccelli.

L’ecosistema che si crea a livello del suolo non è meno importante di qualsiasi altro ecosistema maggiore: l’erba, come qualsiasi altra pianta, provvede ad assorbire la CO2 e a produrre ossigeno ed è parte integrante di un sistema più vasto a cui partecipano arbusti ed alberi.

Il prato e la temperatura

Il prato rustico vanta un altro vantaggio, quello di non richiedere una manutenzione vera e propria. Ha bisogno di acqua, come qualsiasi forma vegetale, ma si accontenta facilmente delle normali precipitazioni anche perché la sua altezza è la sua stessa forza.

L’erba alta infatti protegge il suolo dai raggi diretti del sole e forma una sorta di pacciamatura naturale. Il risultato, come dimostrato da alcune misurazioni fatte allo scopo, è che mentre un terreno privo di erba può, sotto il sole estivo, raggiungere i 40°C, alcuni metri più in là il terreno coperto dall’erba alta non supera i 25°C.

E anche l’umidità a livello del suolo risente di questa pacciamatura: l’umidità relativa sotto l’erba alta è superiore a quella ordinaria. Di questo ovviamente si avvantaggia l’erba stessa e il popolo che vive. E diventa anche il presupposto per la germinazione di tanti semi che altrimenti morirebbero.

Cosa succede quando tagliamo

È evidente che quando tagliamo un prato rustico in effetti lo castriamo: eliminiamo i fiori e togliamo nutrimento alle api, allontaniamo il popolo dell’erba distruggendo un intero ecosistema. Di più: tagliamo anche inconsapevolmente qualsiasi piantina sia germogliata in quel prato, sia esso un arbusto o una quercia, un olmo, un nocciolo o un platano. Neghiamo quindi a quel prato di diventare, col tempo, qualcosa di più, come avviene in natura.

Ma i problemi non si fermano qui: il taglio, abitualmente molto radente al suolo, espone il terreno ai raggi UV del sole con il risultato di sterilizzarne la superficie che diventa polverosa e tanto povera che nemmeno le foglie o l’erba tagliata riesce a decomporsi (per questo sono necessari muffe, funghi e batteri che non possono sopravvivere in queste condizioni).

Se a questa azione devastatrice segue un bel temporale, l’erba ricresce e, nell’arco di alcune settimane, l’erba torna a coprire uniformemente il terreno. Ma se non piove, come avviene in queste settimane, il terreno rimane esposto al sole, non cresce nulla, spariscono gli insetti e anche gli uccelli che se ne cibano.

Conclusioni

Come concludere dopo queste considerazioni? Semplicemente con la domanda con cui abbiamo iniziato: perché tagliare l’erba del prato?

E non ci riferiamo ovviamente al piccolo prato di casa che ognuno è libero di concepire come preferisce, ma ai grandi spazi demaniali, ai parchi cittadini, a tutte quelle aree, spesso molto grandi, a cui le Amministrazioni comunali dedicano risorse per garantire i canonici 5-6 tagli l’anno.

Perché non limitare il taglio ad una stretta area intorno ai sentieri e ai percorsi pedonali, perché non limitarsi a creare circoscritte aree

gioco, e lasciare invece che il prato possa liberamente crescere come è sua natura fare producendo ossigeno e vita?

P.S.

Sarebbe interessante avere un rasaerba che possa operare a 30-40 cm di altezza da terra. Questo permetterebbe di tagliare, ad esempio, le spighe delle graminacee, prima che vadano a seme, a beneficio di chi non le tollera, salvagardando però l’erba, i fiori e l’ecosistema.

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