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L' elleboro

Si narra che il pastore Melampo, medico e indovino, decidesse di curare con l’elleboro le figlie del re Argo, dopo aver osservato che gli animali stessi erano i primi a cibarsene per stare meglio. Così Melampo guarì con questa pianta miracolosa le due giovani e ricevette onori e titoli, nonché la mano di una delle due e quindi parte del regno di Argo.

Questa, fra le tante altre leggende della medicina popolare nei millenni, mostra come l’elleboro fosse ben visto sin dall’antichità come pianta curativa dai popoli europei come da quelli dell’Asia Minore.

In questi luoghi, infatti, va ricercata la sua origine, anche se l’utilizzo terapeutico si spinge fino all’India, dove ancor oggi viene bruciato accanto ai letti delle partorienti per affrettare il parto, in nome di una credenza che vede gli spiriti divini passare dalla pianta al neonato.

Contro la pazzia

Deve il suo nome al greco antico e significa letteralmente “nutrimento che fa morire” a indicare il carattere altamente tossico della pianta. 

In tempi antichi si credeva ci fosse una connessione tra le proprietà purgative della pianta e la sconfitta o il superamento della pazzia, o dello stato confusionale più in generale.

Vammi in cerca dell’elleboro nero, che il senno renda a questa creatura”, diceva D’Annunzio! L’elleboro era infatti considerato un rimedio anche contro la scarsa elasticità mentale; oggi sappiamo che gli aspetti terapeutici dell’elleboro sono dovuti all’elleborina, un alcaloide contenuto soprattutto nelle radici della pianta. 

Che sia un veleno potente è testimoniato anche dal fatto che nell’antichità veniva utilizzato anche per avvelenare le punte delle frecce. Una ferita di una freccia del genere si traduceva in un vero e proprio assalto per l’apparato nervoso del malcapitato, un attacco micidiale che portava alla paralisi, alla cecità e al coma. 

Insomma, una sorta di curaro nostrano, inquietante alleato di caccia dei nostri antenati, che non consentiva ai cervi (o ai nemici) colpiti di fare più di un centinaio di passi prima che il veleno bloccasse ogni movimento. Questo dettaglio ne fece, nell’antica scuola medica, una pianta a largo impiego, come spesso capita per le piante generalmente note come “velenose”, mentre oggi è stata allontanata dall’utilizzo terapeutico, mantenendo uno scopo puramente ornamentale. 

Ma proprio per questo è buona norma lavarsi sempre le mani, dopo l’ordinaria manutenzione delle nostre piante di elleboro. 

Un fiore invernale

Tra le piccole sorprese che ci riserva la natura nel periodo invernale, l’elleboro è certo quella che appare la più gentile, discreta e delicata. La sua fioritura, nelle tinte del bianco, del rosa e del rosso, le ha meritato il nome di “rosa di Natale”; gli Inglesi la chiamano Christmas Flower e i Francesi Rose de Nöel.

È un’erbacea che al massimo raggiunge i trenta centimetri, ma che normalmente possiamo vedere, anche allo stato spontaneo, alta poco più di 10-15 centimetri. La sua caratteristica fioritura invernale (da dicembre fino a primavera) la rende ideale per decorare i nostri vasi sul davanzale, ma anche per creare piccole macchie di colore in giardino o addirittura delle bordure in combinazione con altre piante. Non teme affatto il freddo ed è capace di fiorire anche in mezzo alla neve.

Come coltivarlo

Gli ellebori si possono piantare tra ottobre e novembre, scegliendo una posizione parzialmente ombreggiata, in un terreno umido, ben drenato. Una buona soluzione è quella di piantarli sotto un arbusto a foglie caduche che possa garantire alla pianta un’ombra costante in estate e una buona luminosità durante il periodo invernale.

Il terreno preferito è quello tipico delle sottobosco, ricco di humus e costituito per lo più da foglie decomposte: se disponete di una compostiera, basta mescolare un po’ di compost maturo al normale terreno da giardino.

Se desideriamo coltivarli in vaso basta scegliere una posizione parzialmente in ombra riparata dal vento. La pianta si presta, per le sue caratteristiche, ad essere utilizzata per decorare i terrazzi disposti a nord.

Quali cure

Si tratta di una pianta che non necessita di alcuna cura particolare: una volta trovata la posizione che le è più congeniale, bisogna lasciarla indisturbata.

Annaffiamola abbondantemente quando la piantiamo e manteniamo il terreno costantemente umido, senza mai esagerare. Teniamo altresì il terreno ben pulito da eventuali infestanti e proteggiamo la pianta dall’attacco belle lumache che possono cibarsi dei suoi teneri germogli.

La moltiplicazione

L’elleboro  si può seminare in giugno o luglio in una ciotola riempita con un terriccio sabbioso oppure in un cassone freddo; quando le piantine sono sufficientemente grandi da poter essere maneggiate si possono trasferire in piccoli vasi dove si lasciano irrobustire conservandole in una zona riparata e in ombra.

In autunno, le giovani piante possono essere messe a dimora stabilmente in piena terra. Bisogna prevedere che esse inizieranno a fiorire solo dopo due o tre anni.

Si moltiplica facilmente anche per divisione in ottobre. Usiamo sempre i guanti per questa operazione e, dopo aver estratto la pianta, divididiamo il cespo radicale curando che ogni porzione abbia almeno due o tre nuovi getti e una buona dotazione di radichette; mettiamo subito ogni nuova piantina in un terreno fertile e umido e annaffiamo regolarmente. Una volta al mese aggiungiamo anche del fertilizzante per piante fiorite che faciliterà lo sviluppo delle radici e della parte aerea. 

In giardino

È tra le piante ornamentali che non devono mancare in un giardino che voglia presentare un po’ di colore anche d’inverno. Non dobbiamo dimenticare, poi, che oggi è raro trovare esemplari spontanei in natura che siano in salute come quelli ottenuti con la coltivazione nei vivai. 

L’elleboro germoglia molto lentamente, per cui non deve subire frequenti trapianti; al contrario, è consigliabile lasciarlo nello stesso posto per alcuni anni.

Se vogliamo realizzare un bordura, piantiamo una serie di piante di elleboro a circa 30-40 cm una dall’altra. L’ideale è realizzare una bordura mescolando gli ellebori ad altre piante e sfruttare più varietà e specie per aumentare l’effetto cromatico e godere al meglio della fioritura. Puliamo bene il terreno prima della messa a dimora e manteniamolo pulito dalle infestanti. Una pacciamatura con corteccia migliora l’effetto e protegge le piantine dal freddo intenso e dall’eccessiva evaporazione.

In vaso

Per sfruttare la fioritura invernale dell’elleboro, coltiviamolo in cassette lunghe e strette, simili a quelle in cui magari già coltiviamo normalmente i pelargoni. Durante la bella stagione gli ellebori possono stare alla base del terrazzo in una posizione costantemente in ombra. In autunno, invertiamo la posizione dei pelargoni e delle piante di elleboro portando queste ultime in piena luce: questo permetterà di riparare i pelargoni e metterà l’elleboro nelle condizioni ideali per fiorire e decorare il terrazzo.

Se desideriamo fare una composizione originale, trattandosi di una pianta rustica, usiamo un vaso di coccio o un contenitore di legno. Possiamo scegliere ciotole dal sapore antico o contenitori inusuali come cassettine di legno, padelle di rame, catini zincati. L’importante è garantire sempre un corretto drenaggio per evitare che i rizomi marciscano.

Usiamoli recisi

I fiori, se recisi, durano a lungo e consentono di creare originali decorazioni per la casa. Si prestano ad essere inseriti in composizioni natalizie o più generalmente invernali. Possono essere messi in risalto da una base di colore uniforme come un semplice cuscino di muschio, ma possiamo facilmente associarli con qualsiasi foglia verde a tinta unita o variegata. Possiamo anche inserirli nella spugna per fioristi preventivamente tenuta a bagno, irrigidendo i delicati fusti con un filo di ferro.

E non finisce qui

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