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La belladonna

Questa pianta (Atropa belladonna) è un’erbacea perenne che si sviluppa da un rizoma sotterraneo raggiungendo con i suoi fusti quasi 150 cm di altezza.

Il suo nome botanico deriva da Atropo che, nella mitologia greca era una delle tre Moire, le divinità che presiedevano al destino dell’uomo: Clòto filava il filo della vita, Làchesi dispensava il destino, Atropo tagliava il filo della vita. Divinità presenti anche nella mitologia romana con il nome di Parche. Belladonna deriva invece dal fatto che nel Rinascimento la si usava come collirio per ingrandire le pupille e apparire così più avvenenti.

È un fatto che questa pianta spontanea, nota fin dall’antichità, contiene l’atropina, un alcaloide che agisce direttamente sul sistema nervoso parasimpatico. La dilatazione delle pupille  è, ovviamente, il minore dei mali.

L’assunzione dei suoi frutti, molto simili ai mirtilli e di sapore comunque gradevole, impone il rapido intervento di un Centro Antiveleni. I sintomi vanno dalla diminuzione della sensibilità al delirio fino alle convulsioni e alla morte. L’atropina, somministrata a dosi terapeutiche, è in grado di inibire alcuni centri motori che controllano il tono muscolare e i movimenti e per questo è stata usata nel trattamento dei tremori e della rigidità nel morbo di Parkinson.

È usata in oculistica per espandere la pupilla e facilitare l’esame del fondo dell’occhio.

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