Passione per le grasse
Le chiamiamo comunemente piante grasse (qualcuno dice succulente), ma si tratta di un termine molto generico che indica alcune caratteristiche che accomunano centinaia di specie diverse che fanno parte di decine di famiglie botaniche diverse. Cactacee, Crassulacee, Agavacee, Apocinacee, per citarne alcune, il cui nome ci può far pensare alle piante grasse; ma anche Composite (è la famiglia a cui appartengono ad esempio la margherita, la dalia o i settembrini), Geraniacee (il classico geranio), Euphorbiacee (come la Stella di Natale) o le Liliacee (come il giglio, il tulipano, il giacinto). Questo perché, indipendentemente dalla famiglia botanica di appartenenza, le piante grasse si sono evolute nel corso dei millenni per adattarsi alle condizioni climatiche estreme.
Sono piante come tutte le altre e non una famiglia a sé: hanno però sviluppato caratteristiche molto diverse dalle piante che comunemente coltiviamo nei nostri giardini, perché il loro habitat naturale le ha trasformate. La maggior parte delle piante grasse ha origine in zone desertiche (per lo più il Messico o la zona più meridionale degli Stati Uniti) dove devono far fronte a temperature elevate, lunghi periodi di siccità, sbalzi termici tra il giorno e la notte talvolta superiori a 40°.
Per questo la natura ha messo a punto una serie di stratagemmi destinati a farle sopravvivere anche dove le piante “normali” non potrebbero vivere. I tessuti di queste piante sono in grado di immagazzinare acqua e sostanze nutritive in quantità tale da farle sopravvivere per mesi, talvolta per anni, senza acqua.
Le foglie, che nelle piante normali traspirano e dunque rilasciano umidità nell’aria, nelle piante grasse sono state eliminate o ridotte a spine (che hanno anche una funzione difensiva nei confronti dei possibili animali assetati); il fusto stesso, gonfio di acqua, svolge la funzione clorofilliana e per questo è normalmente verde.
Forme e dimensioni
Le forme sono le più diverse, secondo la famiglia e la specie. Ve ne sono che assomigliano ad alberelli veri e propri con un loro tronco (come la Senecio kleina o l’Aloe dichotoma), altre che si ergono come colonne più o meno ramificate (come il Trichocereus o la Polaskia chichipe), altre ancora di forma sferica (come l’Echinocactus grisonii o il Ferocactus glaucescens). Come al solito, non sembra esserci limiti alla fantasia della Natura in quanto a forme; ma anche sulle dimensioni c’è la più ampia varietà.
Di solito le piante grasse sono piccole, anche perché la crescita è normalmente lenta, tanto da essere possibile coltivarle in vaso, ma si possono trovare in natura o nei giardini specializzati, piante che raggiungono anche 12 metri di altezza.
Le esigenze
Il fatto che le piante grasse siano adatte a superare i climi più proibitivi non significa però che non abbiano delle esigenze. È sbagliato perciò pensare di acquistare una pianta grassa e trattarla come fosse un soprammobile: è una pianta come le altre, che, come le altre piante che abbiamo in giardino o in vaso, ha bisogno di luce, acqua, elementi nutritivi.
Ma ha bisogno di tutte queste cose in un modo particolare.
La loro forza, cioè la capacità di resistere a lunghi periodi di siccità, è anche la loro debolezza; un’umidità eccessiva o un’annaffiatura di troppo può farle ammalare o più facilmente marcire. Ed è molto più facile far morire una pianta grassa per eccesso di acqua che non per sete.
La luce è un altro elemento fondamentale per queste piante: ricordiamo che in natura si trovano in zone con eccezionali livelli di luminosità. Dovunque le mettiamo perciò, in casa, sul balcone o in giardino, l’esposizione deve essere sempre molto luminosa.
Il drenaggio
Elemento fondamentale per la sopravvivenza della nostra pianta grassa, grande o piccola che sia, è fornirle un terreno in cui l’acqua scivoli via senza essere quasi trattenuta. Non solo è importante che vi sia un buon drenaggio (cosa comune a tutte le piante), ma il
terreno deve essere tanto leggero da inumidirsi senza trattenere l’acqua. Se perciò al terriccio delle rose chiediamo di rimanere umido, al terriccio delle piante grasse dobbiamo chiedere che si asciughi il più presto possibile.
Il terriccio per piante grasse è riconoscibile perché, se lo prendiamo tra le mani, lo sentiremo leggero, friabile, molto sabbioso. E infatti contiene un’alta percentuale di sabbia che, come ben sappiamo, non trattiene l’acqua.
Scegliendo il terriccio giusto creiamo le condizioni perché la pianta sopravviva e si sviluppi; se il terreno è sbagliato la pianta morirà rapidamente.
La scelta del vaso
Possiamo acquistare presso i vivaisti specializzati piante già grandi che, secondo l’età e le dimensioni (diverse da specie a specie) potranno essere definite “adulte” o addirittura “da collezione”. Sono piante affascinanti ma dal prezzo molto elevato e, per quelle più grandi e pregiate, potremmo spendere anche diverse centinaia di euro.
Anche se grandi, non sono necessariamente più robuste di quelle piccole; un acquisto del genere è riservato a chi ha già acquisito dimestichezza con queste piante perché, benché “adulte” non ci perdoneranno eventuali errori. Se invece ci piacciono le sfide, possiamo acquistare in vivaio, al supermercato, persino nei grandi magazzini delle piante grasse poco più grandi di un tappo dal costo irrisorio (da 1 a 3 euro) e con esse imparare le tecniche di base. Le vedremo crescere e, se siamo bravi e fortunati, anche fiorire, con enorme soddisfazione.
La prima cosa da fare -se abbiamo accettato la sfida- sarà probabilmente quella di rinvasare la nostra piantina. Se l’abbiamo acquistata in pieno inverno possiamo rimandare l’operazione a primavera; altrimenti facciamolo subito. Ci sono due buoni motivi per farlo: il primo è che il vasetto in cui è contenuta la nostra piantina è tanto piccolo da risultare instabile e impossibile da bagnare. E la seconda è che la plastica del vasetto è quanto di peggio si possa avere per una pianta che soffre l’eccesso di umidità.
Scegliamo perciò un vasetto di coccio non troppo profondo e largo quanto basta per lasciare almeno due centimetri intorno alla pianta, lo spazio minimo per versare l’acqua quando ce ne sarà bisogno senza bagnare la pianta. Creiamo uno strato di fondo pari al 25% dell’altezza del nuovo vaso con ghiaia o argilla espansa, mettiamo la nostra piantina con tutta la terra che ha intorno alle radici e riempiamo con terriccio per piante grasse.
Se la nostra piantina ha le spine durante le operazioni di rinvaso avvolgiamola in uno straccio pulito di cui possiamo fare a meno (dopo l’operazione è meglio buttarlo o ci ritroveremo le mani piene di spine). Attendiamo quindi qualche giorno che il terriccio appaia ben asciutto prima di annaffiare; usiamo quindi un annaffiatoio a becco lungo versando pochissima acqua tutt’intorno alla pianta.
Le composizioni
Se vogliamo sistemare più piante in un’unico vaso, formando una composizione, useremo le stesse accortezze scegliendo una ciotola abbastanza grande da contenere comodamente le piantine ed evitando di metterle troppo vicine. Consideriamo che, per quanto lentamente, le nostre piantine sono destinate a crescere e dovremo quindi lasciare tra una piantina e l’altra lo spazio sufficiente per la crescita. Un buon passaggio d’aria tra le piante facilita inoltre l’asciugatura del terreno e previene possibili problemi.
Il clima e le stagioni
Tutte le piante grasse amano la luce e per questo dovremo trovare per loro una posizione sempre molto luminosa. In casa mettiamole davanti alla finestra meglio esposta, in terrazzo nel punto più luminoso o dove il sole arriva più a lungo durante la giornata. Come tutte le piante, anche le piante grasse seguono il ritmo delle stagioni. Assecondare questo ritmo è importante per mantenerle sane e vederle crescere e persino fiorire.
Clima e stagioni sono in questo caso da valutare insieme per dare alle piante grasse le migliori condizioni di vita. Se abitiamo in Sicilia, ad esempio, dove l’inverno è mite e il clima normalmente asciutto, le piante grasse possono vivere in esterno tutto l’anno, sia in vaso sia in piena terra. Altrettanto possiamo dire se abitiamo in Riviera o sul Lago di Garda o in zone climatiche particolarmente favorevoli (assenza di gelate e scarsa umidità ambientale). Se l’inverno invece è freddo e piovoso, soggetto a gelate o comunque con un’elevata umidità, dobbiamo mettere al riparo le piante grasse durante i mesi più freddi portandole in casa, in un locale non riscaldato da ottobre fino a marzo, sempre in posizione luminosa.
Se non abbiamo un locale fresco dove metterle, possiamo usare il pianerottolo del condominio (ma attenzione alle spine e ai bambini), il balconcino verandato oppure ricorrere a una serretta, la stessa dove magari pensiamo di conservare i gerani o le altre piante delicate del balcone. Se non l’abbiamo, possiamo procurarcene una in qualsiasi garden center: ve ne sono di tutte le dimensioni, i materiali e i colori, da 30 euro in su. Montiamola contro una parete della casa (così beneficerà di un po’ di calore) nella posizione più luminosa possibile.
Quanto bagnarle?
Per tutto il periodo invernale in cui le nostre piante grasse sono in un locale fresco o nella serretta non daremo loro acqua, ma le lasceremo indisturbate nel loro riposo vegetativo.
Quando la temperatura cambia (usiamo pure come riferimento le prime fioriture primaverili, quali la forsizia o la magnolia japonica o le prime gemme sulle piante) iniziamo a dare un poco d’acqua alle piante grasse, pochissima, appena quanto basta a inumidire la superficie del terreno. Per dare un’idea di massima, diciamo che le nostre piccole piantine possono essere bagnate in questa fase con il corrispondente di una mezza tazzina da caffé piena d’acqua.
Se abbiamo piante più grandi ci regoleremo invece non in base alle dimensioni della pianta, ma secondo le dimensioni del vaso e della terra che contiene. Consideriamo che non si tratta mai di annaffiarle nel senso comune del termine, ma solo di dare quanto basta per inumidire il terreno. Dopo questa prima dose di acqua primaverile osserviamo nei giorni successivi la pianta. Se l’umidità del terreno e il diverso clima l’hanno indotta a risvegliarsi, noteremo un verde più vivo e forse anche lo spuntare di qualche piccolo germoglio. Ripetiamo comunque l’operazione dopo due settimane e proseguiamo con questa frequenza per tutta la primavera aumentando la dose di acqua in base alla temperatura ambientale. A maggio intanto possiamo già spostare all’aperto le nostre piante grasse o aprire definitivamente la serretta in cui l’abbiamo riposta per l’inverno; se non sono state al sole durante l’inverno non mettiamole immediatamente al sole o potrebbero scottarsi (lo capiamo perché appaiono delle macchie giallastre sulla superficie). Scegliamo per loro una posizione luminosa e attendiamo un mesetto perché si adattino alla superiore luminosità senza scottarsi. Con l’estate possiamo metterle al sole; regoliamoci con le annaffiature in base alla temperatura perché il maggior caldo permette al terreno di asciugarsi più velocemente e quindi potremo bagnare le nostre piante più frequentemente, fino a una volta alla settimana nei mesi più caldi. Procederemo al contrario con l’abbassarsi della temperatura, riducendo frequenza e dosi di acqua fino a ottobre quando le sospenderemo completamente per l’inverno.
La fioritura
La maggior parte delle piante grasse fiorisce e spesso hanno fiori dai colori sgargianti, quasi inaspettati su piante così particolari. Condizione perché avvenga la fioritura -generalmente tra maggio e agosto secondo la specie- è che la pianta sia stata in riposo vegetativo al fresco. Se la teniamo chiusa in appartamento durante l’inverno molto probabilmente non fiorirà. È infatti la differenza di temperatura tra l’inverno e la primavera e la maggiore quantità di luce che inducono la pianta a fiorire. I fiori durano poco, ma rappresentano comunque una grande soddisfazione per chi coltiva piante grasse perché indicano chiaramente che le abbiamo curate nel migliore dei modi.
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