L'ifantria
Nella seconda metà di agosto, nel Nord Italia, si può assistere a uno strano fenomeno: alcune piante hanno rami coperte da una fitta ragnatela bruna, affatto bella da vedere. In alcune zone, le piante colpite sono talmente tante da creare un’atmosfera un po’ irreale, inquietante.
Queste ragnatele racchiudono le parti più esterne delle piante, le cui foglie appaiono scheletrite.
Sono molte le piante che ne vanno soggette: sono gelsi, pioppi, aceri, noci, platani ed altre ancora.
Non è un fatto isolato nell’anno: avviene lo stesso a maggio, anche se di portata minore, tanto da passare spesso inosservata.
Qualcuno attribuisce il fenomeno alla processionaria, i cui nidi però sono ben diversi. Altri chiamano il parassita che produce queste ragnatele “gatta pelosa”. Il suo nome vero è ifantria – Hyphantria cunea– ed è presente nel Nord Italia e in parte del Centro Italia.
L’ifantria è originaria del Nord America ed è giunto in Europa negli anni ’40, in Ungheria e in Germania, per poi diffondersi negli altri Paesi. In Italia giunge solo negli anni ’80 nella pianura padana e si sta diffondendo verso le regioni limitrofe.
Il ciclo vitale e le ragnatele
L’ifantria, allo stadio adulto, è una farfalla di colore bianco, con il corpo peloso e le ali talvolta punteggiate di nero, grande non più di 30-35 mm. Secondo alcuni studi, la punteggiatura delle ali, con una disposizione regolare, è di pertinenza dei soggetti maschili, mentre le femmine sono completamente bianche.
In primavera, tipicamente a fine aprile, la femmina depone le uova, di colore verde chiaro e disposte a gruppi, sotto alcune foglie. Dalle uova nascono delle larve giallognole o color crema che iniziano a cibarsi delle foglie lasciando inizialmente intatte le nervature. Si costruiscono intanto una sorta di riparo fatto da fili sericei, tanto fitti da formare una ragnatela e sufficientemente robusta da fare da protezione dai possibili predatori. Le larve crescono, tanto da diventare dei bruchi verdastri caratterizzati da una fitta peluria; escono dal nido durante il giorno per cibarsi delle foglie prima e delle nervature delle foglie poi. Il loro numero e la loro voracità è tale da portare a defoliazione il ramo che li ospita in pochi giorni.
La prima generazione di queste larve, quella primaverile, diventa presto crisalide e poi nuovamente farfalla. La seconda generazione, tipicamente estiva, è attiva dalla fine di luglio fino a tutto settembre ed è molto più numerosa e vorace della prima. Da questa seconda generazione si formeranno le crisalidi che sverneranno negli anfratti del tronco e dei rami per ricominciare il ciclo dopo l’inverno.
Il danno prodotto
Oltre ad un danno estetico evidente, la defoliazione di parte della pianta riduce l’attività fotosintetica, indebolisce l’intero apparato e riduce così la produzione di fiori e frutti. La seconda generazione capita inoltre in un periodo in cui, a causa del clima, le piante tendono a rallentare la loro attività. La presenza dell’ifantria e la defoliazione costringe la pianta alla produzione di nuovo fogliame in un periodo sconveniente e dunque mette sotto particolare stress la pianta.
Dal punto di vista prettamente estetico, le piante private del fogliame e invece piene di queste ragnatele sono tutt’altro che belle a vedersi. A questo si aggiunge che le larve più grandi, tendono a cadere dal ramo, incuranti del fatto che sotto vi sia qualcuno.
È importante altresì sottolineare che, a differenza della processionaria, con cui qualcuno si ostina a scambiarla, l’ifantria non è dannosa per l’uomo né per gli animali domestici. Non ha infatti alcun organo urticante.
Le contromisure
Esistono fortunatamente predatori naturali delle uova e delle larve, anche se, in ambito cittadino, questi hanno scarsa diffusione e perciò risultano pressoché ininfluenti. Tra i predatori naturali ci sono gli Antocoridi, insetti di piccole dimensioni dal dorso appiattito, lungo 3-5mm, che si cibano delle uova; la Chrysopa carnea, un insetto dell’ordine dei Neurotteri, molto attiva contro afidi e gli stadi larvali di molti parassiti; la Pimpla instigator, un imenottero, grande circa 10-15 mm che depone il proprio uovo nella larva stessa.
È stata accertata la possibilità di una lotta microbiologica utilizzando formulati a base di Bacillus thuringiensis ssp. kurstaki con cui irrorare la chioma delle piante colpite. Agisce con successo direttamente sulle larve nei primi stadi.
Infine, c’è la lotta “meccanica” di contenimento. Si tratta di tagliare i rami colpiti e bruciarli. Questo limita la diffusione, impedisce la seconda generazione o il protrarsi nell’anno successivo di una nuova infestazione.
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