Posta37

La posta della settimana

<Genni>

In questo periodo passeggiare per la campagna o correre è praticamente impossibile per la presenza della lanugine prodotta dal pioppo a cui oltretutto sono allergica. Non è possibile limitare l’inconveniente? Il Comune non può intervenire in qualche modo? 

Quella lanugine si chiama pappo ed è prodotta dalle piante femminili del pioppo. Si tratta di un meraviglioso stratagemma della natura per disperdere i semi e mandarli lontano. Altre piante avvolgono i loro semi in una polpa gustosa perché gli animali se ne cibino e li trasportino inconsapevolmente a chilometri di distanza dalla pianta madre. Il pioppo ha elaborato una sua tecnica particolare: avvolge i suoi semi di filamenti leggeri, tanto leggeri da permettere al seme di volare lontano sfruttando anche la più piccola corrente d’aria. Un pappo può rimanere in sospensione nell’aria per settimane e compiere decine di chilometri prima di toccare terra e, se ci sono le condizioni, germinare. Può anche attaccarsi al pelo degli animali e sfruttarne gli spostamenti.

Il seme, che è “solo” quel puntino bianco in mezzo al pappo, contiene tutte le informazioni e quanto basta per “creare” un albero che può raggiungere 30 metri di altezza.

Ci lasci dire che non possiamo che rimanere ancora una volta ammirati per la genialità con cui la Natura si esprime.

Ma veniamo agli inconvenienti, oggetto del suo disappunto. Il pappo è costituito da filamenti di pura cellulosa, una sostanza assolutamente anallergica. Il pappo, per quanto fastidioso (entra in bocca, nel naso, impossibile fare footing in questo periodo) non dà luogo ad allergie. È fastidioso, ma nulla più.

Vero è che i pappi, per loro natura, così come si attaccano facilmente a qualunque cosa, possono essere portatori di pollini (pensiamo alle graminacee ad esempio che col caldo possono andare a seme già in questo periodo) che vi restano invischiati. Non il pappo in quanto tale, ma le sostanze che ad esso possono aderire.

Come limitare l’inconveniente? Portando la mascherina, anche la più banale ed economica, giusto per evitare di respirarli. I pioppi sono preziosi e, se abbiamo a cuore la sostenibilità ambientale, non possiamo che assecondarne la diffusione. 

E c’è da sperare che a nessuna Amministrazione pubblica venga in mente di intervenire a riguardo. 

Posta36

La posta della settimana

<genni>

La mia pianta di rosa si è coperta di animaletti, presumo afidi, concentrati sui boccioli e sulle foglie più giovani. Come posso fare per eliminarli rapidamente? Vorrei evitare di usare un insetticida apposta, ma se non c’è altro sistema… Cosa mi consigliate?

Dalle semplice descrizione ci sembra proprio che si tratti di afidi. Questo parassiti formano delle colonie, spesso molto ampie, proprio sulle parti più giovani della pianta, le più tenere, quelle da cui possono più facilmente attingere la linfa di cui si cibano.
Se la pianta si trova in giardino, può facilmente disperderli con la canna dell’acqua. Se è sul terrazzo può ricorrere a un insetticida aficida o, se vuole evitare  di impiegare prodotti chimici, un buon sistema Bio è il macerato di aglio. Si prepara facilmente e ha un effetto rapido senza alcuna controindicazione. Può trovare l’elenco degli insetticidi consigliati nel nostro archivio alla voce “afidi“. Può trovare diverse curiose ricette Bio cercando in questo sito la parola “rimedi” o direttamente “macerato d’aglio“.

Posta35

La posta della settimana

<silenzia>

La mia salvia di cui faccio un utilizzo enorme  ha le foglie che presentano dei puntini gialli. Devo preoccuparmi? Cosa posso fare?

I puntini gialli sono il segno della puntura di qualche insetto. La decolorazione è il risultato dell’asportazione da parte del parassita della linfa. Potrebbero essere afidi, e in tal caso li vedrebbe sicuramente (verdi o rossicci), o più facilmente aleurodidi, altrimenti noti come mosca bianca.

Si annidano sotto le foglie: ne ha la certezza perché ,muovendo le foglie, vede uno svolazzare di insettini piccoli, bianchicci. Sono piccoli, ma pericolosi innanzitutto perché molto prolifici (ogni femmina depone 150-200 uova che si schiudono dopo 15 giorni) e perché sono resistenti e facilmente adattabili agli insetticidi.

Trattandosi poi di una pianta alimentare, la precauzione nell’uso di prodotti chimici deve essere massima. Generalmente un insetticida convenzionale è sufficiente per eliminarli, ma rimane il fatto di dover attendere almeno 15 giorni prima di usare le foglie per l’alimentazione (si chiama tempo di carenza, l’intervallo di tempo che deve passare dal trattamento all’impiego alimentare della pianta ed è sempre indicato sulla confezione del prodotto).

Noi le consigliamo l’olio di Neem che può trovare pronto all’uso in confezione trigger (marchio Zapi) che svolge anche un’azione corroborante nei confronti della pianta.

Sul nostro sito (www.topgardening.it) può trovare alla voce aleurodidi l’elenco dei prodotti insetticidi utilizzabili. Qualunque prodotto scelga, è importante che venga spruzzato sotto le foglie o sarebbe inutile.

Una seconda soluzione, per non ricorrere a prodotti chimici, consiste nell’uso delle cosiddette trappole cromotropiche. Si tratta di foglietti, normalmente gialli, molto appiccicosi da mettere vicino alla pianta: il principio è quello della carta moschicida. In molte serre dove il problema può assumere aspetti gravi, si usano spesso con successo.

Infine ci preme dire che vi sono piante che per loro natura svolgono un’azione repellente nei confronti di questi parassiti (trova sempre tutto sul sito alla voce Piante utili): si tratta della Calendula, del Garofano e del Nasturzio. Basta mettere una di queste piantine vicino alla salvia per proteggerla e prevenire il problema. 

Posta34

La posta della settimana

<mariella>

Mi piacciono molto i gerani, ma non li compro più per via della facilità con cui il parassita che si va ad annidare nel gambo (sembra che il gambo abbia delle carie) li distrugge divorandolo. C’è un rimedio?Mi hanno regalato tre piantine di rose:  hanno un colore rosa “triste” , soprattutto qualche tempo dopo lo sboccio diventano colore “dei morti”.  Forse con qualche minerale si possono rinvigorire nel colore ?

Per quanto concerne i gerani e il loro parassita più temibile, la farfallina del geranio (Cacyreus marshalli), esiste solo un modo per evitarla: prevenirla utilizzando insetticidi specifici, realizzati appositamente per evitare che la farfallina si installi e provochi i danni (sul sito, in archivio-parassiti trova alcune foto per riconoscerlo). L’insetticida, anche sotto forma di pastiglie da inserire nel terreno, rende inappetibile la pianta salvandola da possibili attacchi. L’importante è che sulla confezione sia espressamente scritto che l’insetticida è attivo contro il Cacyreus marshalli. Va utilizzato subito, a partire dal rinvaso.
Per quanto concerne le rose, la mancanza di colore e brillantezza può essere dovuta, oltre che alla varietà, alla mancanza di Potassio, l’elemento responsabile del colore e del profumo dei fiori. Oltre a verificare la necessità di rinvasarle utilizzando un vaso appena più grande, ma profondo e terriccio per rose (ma non tocchi il pane di terra o bloccherà la fioritura), le consigliamo di aggiungere all’acqua delle annaffiature un concime per piante da fiore; il risultato dovrebbe essere visibile nel giro di pochi giorni.
Il sistema della nonna consiste invece nel mescolare al terreno la polpa di una banana (quelle troppo mature, annerite, che nessuno mangia più); la banana contiene molto potassio e le rose vengono bellissime (provare per credere!).

Posta33

La posta della settimana

<Andrea>

Mi piace, quando vedo una pianta particolare, provare a moltiplicarla per talea, ma pur utilizzando tutti i trucchi, considero un vero successo quando riesco a ottenere una modesta piantina. Ma come fanno i vivaisti? Come fanno ad ottenere centinaia di piante, mi dicono, per talea? C’è qualcosa che mi sfugge? Terreno, umidità, calore…

Siamo certi che il vivaista potrebbe farle le stesse domande in merito al suo lavoro. Il fatto è che il professionista ha dalla sua un’arma vincente: l’esperienza. Facendo la stessa cosa per anni sa perfettamente interpretare ogni minimo segnale utile per ottenere il risultato desiderato. Questo si traduce nella scelta del terriccio ideale che molto spesso i vivaisti fanno preparare apposta alle aziende con precise specifiche (contenuto di torba, sabbia, perlite…). La visita a una fiera di giardinaggio e a un’azienda che propone terricci per i vivai potrebbe illuminarla a riguardo.

E poi la temperatura, l’umidità, il concime, l’ambiente protetto e la nebulizzazione delle piante con anticrittogamici o concimi fogliari: tutto concorre al rapido sviluppo di piante belle esteticamente e, di conseguenza, facilmente vendibili. Senza dimenticare la quantità prodotta e i costi più contenuti.

L’appassionato fa quello che può, spesso molto bene, ma senza quegli strumenti come la serra, il controllo della luce, umidità, calore, che fanno parte della dotazione del vivaista.

È bene comunque considerare che non sempre il risultato del vivaio è come ce lo aspettiamo. Le piante cresciute in condizioni ideali spesso hanno maggiori difficoltà nell’acclimatarsi all’ambiente normale in cui le trapiantiamo.

Capita infatti che piante bellissime diano poi scarsi risultati a casa nostra con una crescita stentata, perdita delle foglie, caduta dei fiori. È un classico problema di acclimatamento a cui vanno soggette proprio quelle piante che sono state coltivate in condizioni ideali e che ora, a casa nostra, devono vivere in condizioni molto diverse con una luce e un terreno diversi.

Un vivaista che abbiamo incontrato sul Lago Maggiore, specializzato nella produzione di azalee, ci spiegò come le talee rimangono in serra per il primo anno, ma poi le piante vengono lasciate crescere per due anni all’aperto perché si irrobustiscano affrontando pioggia e vento, caldo e freddo. Solo così, ci disse, la pianta è in grado di affrontare un nuovo ambiente. Lasciate crescere in serra (nella bambagia diremmo noi) rischia di non superare un anno quando viene trapiantata all’aperto.

Quando acquistiamo una pianta in un garden center (che non è un vivaista, è un rivenditore) non sappiamo nulla di come la pianta sia stata fatta crescere: possiamo solo considerare che è bella e sperare che attecchisca bene nel nostro giardino o nei nostri vasi. Meglio sarebbe sotto questo aspetto andare direttamente dal produttore, valutare come lavora e di conseguenza acquistare le piante. È evidente che non lo possiamo fare con ogni pianta, ma se dobbiamo acquistarne tante per fare una siepe o impiantare un frutteto, forse val la pena di spendere un po’ di tempo.

Posta32

La posta della settimana

<Enzo>

Come tutti gli anni, sto per allestire il mio terrazzo. Cosa mi consigliate per risparmiare acqua e soprattutto evitare di accudirvi quotidianamente? Il mio terrazzo è esposto a Sud e devo perciò bagnare quasi tutti i giorni.

Effettivamente per i terrazzi esposti a Sud l’irrigazione può diventare un problema, specialmente nelle settimane più calde dell’anno. Fondamentale, per farvi fronte, è disporre di un rubinetto sul terrazzo, cosa che è facilmente (ed economicamente) ottenibile se il terrazzo confina con una cucina o un bagno (dove ci sia disponibilità di acqua insomma). Diversamente, vi si può rimediare usando un tubo di gomma dotato da un lato di attacco utile per un lavandino domestico e dall’altra di un rubinetto (nei componenti per irrigazione ci sono rubinetti in plastica che servono allo scopo.

La prima strategia che possiamo adottare consiste nel pacciamare la superfcie dei vasi, ovvero coprire il terreno con uno strato di corteccia: questo espediente riduce l’incidenza del sole e la conseguente evaporazione. 

La seconda strategia consiste nel dotarsi di un sistema di irrigazione automatico a goccia. Ormai possiamo avvalerci di tecnologie molto avanzate e con il timer computerizzato siamo in grado di programmare tempi e quantità d’acqua in modo molto preciso. L’abbinamento con un sensore di pioggia e uno di umidità ci permette di irrigare solo quando serve effettivamente con un notevole risparmio di acqua. Consideri anche che già di per sé l’irrigazione a goccia riduce drasticamente ogni spreco perché concentra l’acqua dove serve. 

Le piante stanno meglio e a noi non resta che correggere la frequenza e la durata in base alla temperatura. Un impianto completo per l’irrigazione automatica per venti vasi costa intorno ai 100 euro (la differenza vera la fa il programmatore) e l’installazione è più facile di quanto si pensi.

Posta31

La posta della settimana

<Vale>

Ogni anno sono assillato dal solito problema: quanto potare le mie buganvillee? Ho sempre il timore di potarle troppo o troppo poco. Mi dite come procede per non sbagliare? Questo è il periodo vero?

I giardinieri consigliano di intervenire su questa pianta due volte l’anno, in autunno dopo la fioritura e in primavera, prima del risveglio vegetativo.  Questo serve per permettere alla pianta di respirare meglio e di assorbire una maggiore quantità di luce, di conseguenza, di rinvigorirsi. Non dobbiamo avere un particolare timore nel potare questa pianta perché si tratta di una specie rustica capace di una crescita veloce.

La potatura che si effettua adesso – e presumiamo con questo che abiti in una regione fredda e che quindi non sono ancora apparsi i germogli, segno del risveglio vegetativo in atto- si effettua eliminando inizialmente i rami secchi, tagliandoli il più vicino possibile alla parte verde. Tagliamo quindi un terzo dei fusti più lunghi. Non è indispensabile farlo su tutti i rami: quelli meglio esposti o indirizzati possono essere solo cimati tagliando sopra una gemma. Riduciamo di lunghezza invece gli altri in modo che possano ramificare e riempire meglio l’area su cui la facciamo arrampicare. 

Usiamo sempre cesoie affilate e disinfettate e tagliamo sopra una gemma.

In autunno, alla fine della fioritura, può rendersi necessario intervenire ancora, ma solo per eliminare o ridurre la lunghezza dei fusti che si fossero allungati troppo o in posizione non ideale. Più che una potatura vera e propria, è una rifinitura a cui deve seguire una bona concimazione del terreno (con letame pellettato ad esempio) per consentire alla pianta di assorbire nutrienti preziosi che verranno utilizzati nella primavera successiva.

Posta30

La posta della settimana

<Leo>

Vedo già in vendita al supermercato i vasetti con sul basilico. Quest’anno però vorrei seminarlo, m mi chiedo quale sa il momento giusto per farlo. E quello che compro resiste o è presto per metterlo all’aperto? Avete delle dritte da darmi per averlo bello e sano pur coltivandolo in vaso?

Il basilico è forse tra le piante aromatiche più diffuse e coltivate anche in vaso. E quella che può darci tante soddisfazioni se adottiamo il modo più corretto per coltivarlo. Andiamo con ordine: la semina. Il seme del basilico germina già a 10°C, ma la pianta ha il suo massimo sviluppo con temperature comprese tra 20 e 30°C.

Al Nord le notti sono ancora un po’ fredde e, benché sia già possibile seminarlo, in vaso o in piena terra, basta un abbassamento di temperatura per bloccarne lo sviluppo e rovinare le piantine. Bene sarebbe dunque seminarlo in vaso tenendolo in casa o in una serretta: sono sufficienti 6-10 giorni per vedere emergere le piantine.

Attendiamo comunque che siano ben sviluppate (10-15 cm di altezza) prima di metterle in piena terra o distanziarle. Dal momento che i semi sono molto piccoli, è difficile distanziare le piante come si dovrebbe.

I vasetti acquistati hanno infatti questo difetto: le piante, molto vicine tra loro, finiscono col farsi concorrenza. Non hanno sufficiente spazio per crescere e tendono ad alzarsi molto invece di espandersi. Se acquistiamo perciò un vasetto (invece di farcene uno per semina) consideriamo che le piantine che vi si trovano sono sufficienti a riempire due cassette da 50 cm. Per farlo estraiamo tutto il pane di terra e, agendo con i pollici lungo i bordi, separiamo le piantine e riposizioniamole in una o due cassette cercando di distanziarle. Basteranno due settimane per vederle riempire con le loro foglie l’intero vaso.

La seconda regola per ottenere un basilico di cui andare orgogliosi e utilizzare un terreno ricco (aggiungiamo perciò del letame pellettato al terriccio universale). La posizione deve essere luminosa: bastano alcune ore di sole al giorno per farlo crescere bene. 

Infine, l’acqua. La disponibilità di acqua deve essere costante. Otterremo i migliori risultati usando un sistema d’irrigazione a goccia o un vaso a riserva d’acqua. Ad agosto inizieranno a formarsi le infiorescenze: togliamole subito perché indeboliscono la pianta a scapito delle foglie. Inoltre con l’apparizione dei fiori, la pianta inizia a lignificare e le foglie tendono a diventare un poco più amare.

Posta29

La posta della settimana

<edo>
Ho una pianta di anturio piuttosto grande che è sempre stata in ottima salute. Purtroppo ultimamente sulla pagina superiore delle foglie, in particolare di quelle giovani, sono apparse delle macchie scure in corrispondenza delle quali le foglie si sono poi seccate. Vorrei sapere di che cosa si tratta e come posso intervenire.

La malattia che ha colpito il suo anturio è, probabilmente, provocata da un fungo che si chiama Myrothecium. Si manifesta sulle foglie e sui piccioli sotto forma di macchie tondeggianti brunastre che poi si allargano, ingialliscono e fanno disseccare completamente le parti colpite. Molto spesso il fungo attacca i piccioli delle giovani foglie che, seccandosi rapidamente, non consentono più il rinnovo della chioma. 

Le spore di questo fungo sopravvivono nel terreno anche per un lungo tempo. Quando le condizioni ambientali diventano favorevoli, ovvero con temperature di circa 20° C e alta umidità dell’aria, allora le spore germinano e il fungo si sviluppa. Questa è una delle ragioni per cui è altamente sconsigliato, quando si rinvasa la pianta di anturio, utilizzare terriccio già sfruttato da altre piante o proveniente dal giardino di casa. È bene utilizzare solo terriccio in sacchetti “nuovo di zecca”.  

Per combattere questo fungo, quando i sintomi sono già visibili, allora possiamo utilizzare prodotti specifici. Acquistiamo un fungicida e spruzziamolo sulle parti colpite. Eseguiamo questa operazione all’aperto, nelle giornate non ventose, perché le inevitabili dispersioni di prodotto possono causare qualche irritazione. 

Posta28

La posta della settimana

<Gianna>

L’anno scorso mi è stata regalata una pianta delle uova di cui ho conservato i semi. Vorrei sapere quando e come seminarli e di quali cure ha bisogno la pianta.

Il nome scientifico di questa pianta è Solanum melongena e non è altro che una varietà di melanzana i cui frutti hanno le dimensioni di un uovo e sono di colore bianco. Ribattezzata “pianta delle uova” è spesso venduta come pianta ornamentale: è annuale e ha fiori viola con stami gialli. La semina va fatta in una serra in febbraio-marzo per avere delle piantine pronte al trapianto in aprile-maggio. In queste settimane possiamo comunque seminare le melanzane direttamente all’aria aperta (in un vaso in pieno sole) per avere piante con le bacche alla fine di agosto. Il terreno deve essere fertile e le piantine andranno tutorate e concimate regolarmente con un concime liquido per piante da fiore, lasciate in pieno sole e annaffiate regolarmente.