Decorare con la Poinsettia

Decorare la casa e la tavola con la Poinsettia

Di solito ci si accontenta di utilizzare la Poinsettia come bella pianta da fiore da mettere in un angolo della casa. Ma questa pianta, sia nelle varietà alte, sia in quelle nane, si presta a realizzare decorazioni di tutti i tipi, da sola o in abbinamento con pigne, stoffa, rami di pino o palline di Natale. Nelle immagini che seguono, realizzate da “Stars for Europe“© alcune soluzioni di sicuro effetto da copiare a piacere.

La Poisettia o Stella di Natale

La Poinsettia o Stella di Natale

Questa bella pianta brasiliana, la più venduta in Italia negli ultimi mesi dell’anno, deve il suo nome scientifico, Poinsettia pulcherrima, a Joel Roberts Poinsett, il primo ambasciatore degli Stati Uniti in Messico. A lui infatti si deve l’introduzione di questa pianta negli Stati Uniti nel 1825. Oggi è diffusa in tutto il mondo con cifre di vendita sempre superiori a ogni più rosea aspettativa, soprattutto considerando il periodo non proprio favorevole al giardinaggio. 

Intanto il suo nome scientifico è cambiato: i botanici hanno infatti determinato che questa pianta, un tempo chiamata Poinsettia, appartiene al genere Euphorbia e alla famiglia delle Euphorbiacee, cosa per cui il suo nome oggi è Euphorbia pulcherrima.

Il suo successo è da attribuire certamente alla vistosità della sua infiorescenza e alla sua naturale predisposizione a decorare la casa. È una pianta perenne che, nel luogo di origine, il Messico, può raggiungere e superare i due metri di altezza, ma che normalmente noi coltiviamo in vaso e che (colpevolmente) gettiamo alla fine delle feste, quando tende a perdere le foglie e i suoi bellissimi fiori.

In realtà potremmo conservarla in vaso o in piena terra e, con le dovute accortezze, vederla rifiorire anno dopo anno, sempre più grande e bella.

Finti fiori

Si chiamano brattee le foglie modificate che costituiscono il fiore della Poinsettia. Essendo i fiori pressoché insignificanti (sono i bottoncini gialli al centro), per attirare gli insetti le foglie sono state modificate dalla Natura a scopo ornamentale.

Viste da vicino, la derivazione di questi “finti petali” dalle foglie è palese. La pianta rinuncia all’attività clorofilliana a favore della moltiplicazione limitando l’apporto di clorofilla (tipicamente verde) a favore dei pigmenti rossi già presenti nelle foglie. È la diversa quantità di pigmenti e di clorofilla che determina il colore e le sfumature finali delle brattee. Questo espediente, come ben vediamo, ne decreta il successo. E non solo per gli insetti.

L’esposizione

L’esposizione migliore è in piena luce e, in inverno, anche in pieno sole; altrettanto necessaria risulta la temperatura intorno a 15°-18° C. Si tratta di due condizioni che assicurano una lunga fioritura, che può durare anche alcuni mesi.

In casa, dove la temperatura è normalmente superiore, dobbiamo aumentare l’umidità intorno alla pianta ponendo il vaso su un vassoio pieno di ghiaia sempre bagnata. Possiamo anche nebulizzare dell’acqua non calcarea sulla pianta (ma non sui fiori) per creare un microclima più fresco di cui la pianta non può che beneficiare. Ideale risulta il posizionamento sul pianerottolo o all’ingresso della casa dove la temperatura è un poco più fresca dell’abitazione vera e propria.

Il terreno

I terreno ideale è di tipo universale, poroso e normalmente fertile. Appena acquistata, non rinvasiamola, ma teniamola nel vasetto originario fino a primavera. Ad aprile potremo rinvasarla in un contenitore appena più grande riempito con terriccio universale arricchito con del concime per piante verdi a lenta cessione o letame pellettato. Se, diversamente, la vogliamo mettere in piena terra, scegliamo una posizione luminosa, ma non colpita dal sole durante l’estate; facciamo una buca ampia e riempiamola con terriccio setacciato e concimato.

La Poinsettia è tra le ultime piante a sentire la primavera: generalmente torna a vegetare a fine aprile-primi di maggio.

La fioritura

È una pianta tipicamente fotoperiodica o brevidiurna; per questo la sua fioritura avviene in pieno inverno quando le giornate sono più corte. Una buona luminosità favorisce una crescita rigogliosa, ma per avere una buona fioritura la pianta deve stare per buona parte della giornata al buio. 

Andrà quindi posta in un luogo dove non riceva luce artificiale e in un ambiente comunque illuminato da non più di otto ore di luce solare. Per farla fiorire in tempo per le feste e poterla vendere dunque in questo periodo i vivaisti iniziano già a settembre a tenere al buio la pianta per sedici ore al giorno, oscurando la serra. Dopo quaranta giorni di “luce ridotta”, le piante vengono poste alla luce normale. Questo passaggio dal giorno corto al giorno lungo viene interpretato dalla pianta come una sorta di primavera e reagisce iniziando a fiorire e, di conseguenza, producendo le brattee colorate.

Possiamo fare altrettanto anche noi in casa coprendo la pianta con un telo nero in modo che la sua esposizione alla luce rimanga, per quaranta giorni, limitata a otto ore al gionro. Dopo questo trattamento, l’esposizione alla luce normale fa iniziare la fioritura.

Cosa fare a novembre e dicembre

Quando portiamo a casa la pianta scegliamo per lei una posizione luminosa davanti a una finestra; il sole in questo periodo non la danneggia. Teniamola però lontano da fonti di calore di qualsiasi tipo: la temperatura ideale è tra 16 e 18°C, un po’ più bassa dunque rispetto al normale clima domestico. Se abbiamo un locale poco riscaldato, la pianta manterrà la fioritura più a lungo. Per questo sta bene all’ingresso della casa, sul pianerottolo, nella reception di un ufficio. Alla maggiore temperatura possiamo rimediare aumentando l’umidità dell’aria. Mettiamo la pianta su un largo sottovaso pieno di ghiaia o argilla sempre bagnata (evaporando, l’acqua rinfresca la pianta), oppure nebullizziamo ogni giorno dell’acqua non calcarea sul fogliame (solo le parti verdi, non le brattee o i fiori).

Bagniamo la pianta con regolarità attendendo sempre che la superficie del terreno appaia asciutta prima di bagnare di nuovo. Ogni due settimane mettiamo il vaso in un catino o nel lavandino pieno d’acqua in modo che il livello giunga ad almeno due terzi dell’altezza del vaso. Teniamola in acqua per almeno 15-20 minuti; lasciamola dunque sgocciolare e rimettiamola a posto.

Cosa fare dopo le feste

A gennaio la fioritura finisce e la pianta inizia a perdere le foglie, prima quelle più basse, spogliandosi alla base e poi quelle in alto, rimanendo con dei fusti antiestetici. Si sarebbe tentati a questo punto di buttarla; in realtà la pianta entra in riposo vegetativo. L’ideale dunque è tagliare i fusti a circa 10 cm dal terreno, mettere la pianta all’esterno sul balcone coprendola con del tessuto non tessuto per proteggerla dal gelo (dipende dalla regione ovviamente). Non dimentichiamo di controllare che il terreno sia umido.

A primavera

Con l’arrivo della primavera e l’innalzamento della temperatura notturna possiamo scoprire la pianta; lasciamola in una posizione luminosa, non colpita dal sole diretto se non per poche ore al giorno. La Poinsettia è tra le ultime ad uscire dal risveglio e non dobbiamo perciò temere che sia morta, anche se la vediamo apparentemente secca. A maggio inizierà a vegetare e in breve tempo si coprirà di nuovo fogliame. Per aiutarla in questo risveglio, trapiantiamola ad aprile in un contenitore più grande riempito con terriccio ordinario mescolato a del letame pellettato o concime a lenta cessione per piante verdi. Lasciata all’aperto in una posizione luminosa, la sua crescita sarà molto rapida. 

In estate

Durante le settimane più calde dell’anno è bene proteggere la pianta dal sole diretto; poniamola in una posizione luminosa e nebulizziamola spesso perché mantenga sempre un’elevata umidità intorno al fogliame. Se la teniamo in casa, allontaniamola dall’aria condizionata, mettiamola davanti a una finestra e nebulizziamola spesso con acqua non calcarea. Annaffiamola perché il terreno non si asciughi mai completamente e, ogni due settimane, forniamole anche del concime liquido per piante da fiore (per inciso: usiamo il concime per piante verdi per creare nuovo fogliame, quello per piante fiorite per facilitare la formazione di fiori e brattee).

Alla fine dell’estate, se vogliamo che fiorisca per le feste invernali, iniziamo a coprirla perché veda la luce solo per otto ore al giorno per almeno quaranta giorni.

Una pianta da esterno

Dove l’inverno è meno rigido (al Centro-Sud e, al Nord, intorno ai laghi, sulla riviera ligure), la Poinsettia può vivere tutto l’anno all’aperto. La posizione ideale è dove possa ricevere sole in inverno e ombra in estate, al riparo dunque di una pianta caduca.

In queste condizioni può crescere fino a due metri di altezza e formare, volendo, anche una siepe verde capace di colorare in modo singolare tutto il giardino. Vivendo in modo naturale, è evidente che la fioritura non sarà in occasione delle feste invernali, ma in primavera, come Natura comanda. 

Come conservare la Poinsettia

Poinsettia: come conservarla al meglio

La Stella di Natale, la Poinsettia, abbellisce gli scaffali con brattee rosa, rosse, bianche, bellissime per noi e come regalo. Come conservarla perché duri per i prossimi mesi e abbellisca la casa il più a lungo possibile?

Questa bella pianta ha bisogo di tanta luce, anche di sole diretto, se possibile, tanta umidità (60%) e un ambiente possibilmente fresco (16°-18°).

Mettiamola dunque davanti a una finestra, lontano da fonti di calore e dove possa ricevere quanta più luce possibile.

Bagniamola quanto basta a mantenere umido il terreno, annaffiando quando la superficie del terreno appare asciutta e vuotando sempre il sottovaso. Il modo migliore per bagnarla è per immersione, ogni due settimane, lasciando il vaso immerso nell’acqua per due terzi per almeno 20 minuti e lasciandola sgocciolare bene prima di metterla a posto.

Dal momento che l’ambiente domestico è più caldo di quanto ami la pianta, nebullizziamo ogni giorno le foglie (non le brattee colorate) con acqua non calcarea. Oppure mettiamola su un largo sottovaso pieno di argilla da tenere sempre bagnata: l’acqua, evaporando dal sottovaso, manterrà umida la pianta.

Come far durare i fiori recisi

Possiamo utilizzare i fiori recisi per semplici composizioni, sulla tavola o in stretti vasi pieni di acqua. Per far durare questi fiori tagliamoli quando i fiori all’interno dele brattee sono ancora chiusi. Eliminiamo le foglie alla base e conserviamone solo due o tre, quelle più in alto, vicino al fiore. Immergiamo la base del fusto in acqua calda per dieci minuti, quindi mettiamola in acqua fresca.

Nel trattare questa pianta, usiamo dei guanti: il lattice che fuoriesce dal fusto può dar luogo a sensibilizzazione o irritazioni cutanee.

Elleboro: le specie

L' elleboro: le specie

L’Helleborus comprende circa 30 specie erbacee perenni, caratterizzate da radici rizomatose e fiori di vari colori, che vanno dal bianco al rosa, fino a sfumature di rosso porpora. La fioritura avviene in inverno o ai primi tepori primaverili, e viene annunciata dalla nascita di grandi foglie palmate, coriacee e dal colore verde scuro. Queste le specie più diffuse.

Helleborus argutifolius

Specie sempreverde alta fino a 90 cm, originaria della Corsica. Le foglie sono dure, rigide, suddivise in tre fogliole con bordo spinoso. Da gennaio fino a marzo gli steli portano grappoli di 20-30 fiori di colore giallo-verde.

Helleborus atrorubens

Spesso confuso con l’ H. orientalis, ha foglie decidue divise in cinque segmenti, di cui i due più esterni ulteriormente suddivisi. I fiori appaiono in febbraio-marzo, sono di color prugna con antere gialle. Ama le esposizioni a mezz’ombra.

Helleborus croaticus

Specie molto simile all’H. atrorubens, ha fiori generalmente porpora-violetti all’esterno e verdi all’interno, talvolta con venature violette che si dipartono dal centro verso l’esterno. Cresce solo in una piccola area del nord Croazia.

Helleborus foetidus

Raggiunge i 100 cm di altezza e ha foglie verde scuro finemente suddivise. I fiori, a forma di piccole campanelle, sono giallo-verdi spesso bordati di porpora e sbocciano da marzo a maggio. Cresce bene a mezz’ombra e si autosemina.

Helleborus lividus

È una specie piuttosto rara, simile nell’aspetto all’argutifolius, ma molto più basso (ca 30 cm). Ogni foglia è divisa in tre foglioline ellittiche. I fiori sono di colore verde chiaro all’interno e porpora all’esterno. Non tollera il gelo.

Helleborus niger

Noto come “Rosa di Natale”, è un sempreverde alto non più di 30 cm con fiori a coppa di colore bianco con antere dorate oppure rosati. Sboccia a partire da dicembre. Ama una posizione a mezz’ombra e un terreno calcareo, ben drenato e ricco di humus.

Helleborus orientalis

È presente in tre sottospecie (orientalis, abchasicus e guttatus) con fiori di diverso colore, dal bianco crema al rosso porpora. Dal suo incrocio derivano molte specie orticole. La specie selvatica, molto rara, sboccia in febbraio.

Helleborus viridis

Specie decidua con fogliame verde, talvolta color porpora, divise in 5-7 segmenti principali e due più esterni ulteriormente divisi. I fiori sono di colore verde scuro o giallo-verdi e sbocciano in febbraio-marzo. Ama la mezz’ombra e il terreno calcareo.

Elleboro_descrizione

L' elleboro

Si narra che il pastore Melampo, medico e indovino, decidesse di curare con l’elleboro le figlie del re Argo, dopo aver osservato che gli animali stessi erano i primi a cibarsene per stare meglio. Così Melampo guarì con questa pianta miracolosa le due giovani e ricevette onori e titoli, nonché la mano di una delle due e quindi parte del regno di Argo.

Questa, fra le tante altre leggende della medicina popolare nei millenni, mostra come l’elleboro fosse ben visto sin dall’antichità come pianta curativa dai popoli europei come da quelli dell’Asia Minore.

In questi luoghi, infatti, va ricercata la sua origine, anche se l’utilizzo terapeutico si spinge fino all’India, dove ancor oggi viene bruciato accanto ai letti delle partorienti per affrettare il parto, in nome di una credenza che vede gli spiriti divini passare dalla pianta al neonato.

Contro la pazzia

Deve il suo nome al greco antico e significa letteralmente “nutrimento che fa morire” a indicare il carattere altamente tossico della pianta. 

In tempi antichi si credeva ci fosse una connessione tra le proprietà purgative della pianta e la sconfitta o il superamento della pazzia, o dello stato confusionale più in generale.

Vammi in cerca dell’elleboro nero, che il senno renda a questa creatura”, diceva D’Annunzio! L’elleboro era infatti considerato un rimedio anche contro la scarsa elasticità mentale; oggi sappiamo che gli aspetti terapeutici dell’elleboro sono dovuti all’elleborina, un alcaloide contenuto soprattutto nelle radici della pianta. 

Che sia un veleno potente è testimoniato anche dal fatto che nell’antichità veniva utilizzato anche per avvelenare le punte delle frecce. Una ferita di una freccia del genere si traduceva in un vero e proprio assalto per l’apparato nervoso del malcapitato, un attacco micidiale che portava alla paralisi, alla cecità e al coma. 

Insomma, una sorta di curaro nostrano, inquietante alleato di caccia dei nostri antenati, che non consentiva ai cervi (o ai nemici) colpiti di fare più di un centinaio di passi prima che il veleno bloccasse ogni movimento. Questo dettaglio ne fece, nell’antica scuola medica, una pianta a largo impiego, come spesso capita per le piante generalmente note come “velenose”, mentre oggi è stata allontanata dall’utilizzo terapeutico, mantenendo uno scopo puramente ornamentale. 

Ma proprio per questo è buona norma lavarsi sempre le mani, dopo l’ordinaria manutenzione delle nostre piante di elleboro. 

Un fiore invernale

Tra le piccole sorprese che ci riserva la natura nel periodo invernale, l’elleboro è certo quella che appare la più gentile, discreta e delicata. La sua fioritura, nelle tinte del bianco, del rosa e del rosso, le ha meritato il nome di “rosa di Natale”; gli Inglesi la chiamano Christmas Flower e i Francesi Rose de Nöel.

È un’erbacea che al massimo raggiunge i trenta centimetri, ma che normalmente possiamo vedere, anche allo stato spontaneo, alta poco più di 10-15 centimetri. La sua caratteristica fioritura invernale (da dicembre fino a primavera) la rende ideale per decorare i nostri vasi sul davanzale, ma anche per creare piccole macchie di colore in giardino o addirittura delle bordure in combinazione con altre piante. Non teme affatto il freddo ed è capace di fiorire anche in mezzo alla neve.

Come coltivarlo

Gli ellebori si possono piantare tra ottobre e novembre, scegliendo una posizione parzialmente ombreggiata, in un terreno umido, ben drenato. Una buona soluzione è quella di piantarli sotto un arbusto a foglie caduche che possa garantire alla pianta un’ombra costante in estate e una buona luminosità durante il periodo invernale.

Il terreno preferito è quello tipico delle sottobosco, ricco di humus e costituito per lo più da foglie decomposte: se disponete di una compostiera, basta mescolare un po’ di compost maturo al normale terreno da giardino.

Se desideriamo coltivarli in vaso basta scegliere una posizione parzialmente in ombra riparata dal vento. La pianta si presta, per le sue caratteristiche, ad essere utilizzata per decorare i terrazzi disposti a nord.

Quali cure

Si tratta di una pianta che non necessita di alcuna cura particolare: una volta trovata la posizione che le è più congeniale, bisogna lasciarla indisturbata.

Annaffiamola abbondantemente quando la piantiamo e manteniamo il terreno costantemente umido, senza mai esagerare. Teniamo altresì il terreno ben pulito da eventuali infestanti e proteggiamo la pianta dall’attacco belle lumache che possono cibarsi dei suoi teneri germogli.

La moltiplicazione

L’elleboro  si può seminare in giugno o luglio in una ciotola riempita con un terriccio sabbioso oppure in un cassone freddo; quando le piantine sono sufficientemente grandi da poter essere maneggiate si possono trasferire in piccoli vasi dove si lasciano irrobustire conservandole in una zona riparata e in ombra.

In autunno, le giovani piante possono essere messe a dimora stabilmente in piena terra. Bisogna prevedere che esse inizieranno a fiorire solo dopo due o tre anni.

Si moltiplica facilmente anche per divisione in ottobre. Usiamo sempre i guanti per questa operazione e, dopo aver estratto la pianta, divididiamo il cespo radicale curando che ogni porzione abbia almeno due o tre nuovi getti e una buona dotazione di radichette; mettiamo subito ogni nuova piantina in un terreno fertile e umido e annaffiamo regolarmente. Una volta al mese aggiungiamo anche del fertilizzante per piante fiorite che faciliterà lo sviluppo delle radici e della parte aerea. 

In giardino

È tra le piante ornamentali che non devono mancare in un giardino che voglia presentare un po’ di colore anche d’inverno. Non dobbiamo dimenticare, poi, che oggi è raro trovare esemplari spontanei in natura che siano in salute come quelli ottenuti con la coltivazione nei vivai. 

L’elleboro germoglia molto lentamente, per cui non deve subire frequenti trapianti; al contrario, è consigliabile lasciarlo nello stesso posto per alcuni anni.

Se vogliamo realizzare un bordura, piantiamo una serie di piante di elleboro a circa 30-40 cm una dall’altra. L’ideale è realizzare una bordura mescolando gli ellebori ad altre piante e sfruttare più varietà e specie per aumentare l’effetto cromatico e godere al meglio della fioritura. Puliamo bene il terreno prima della messa a dimora e manteniamolo pulito dalle infestanti. Una pacciamatura con corteccia migliora l’effetto e protegge le piantine dal freddo intenso e dall’eccessiva evaporazione.

In vaso

Per sfruttare la fioritura invernale dell’elleboro, coltiviamolo in cassette lunghe e strette, simili a quelle in cui magari già coltiviamo normalmente i pelargoni. Durante la bella stagione gli ellebori possono stare alla base del terrazzo in una posizione costantemente in ombra. In autunno, invertiamo la posizione dei pelargoni e delle piante di elleboro portando queste ultime in piena luce: questo permetterà di riparare i pelargoni e metterà l’elleboro nelle condizioni ideali per fiorire e decorare il terrazzo.

Se desideriamo fare una composizione originale, trattandosi di una pianta rustica, usiamo un vaso di coccio o un contenitore di legno. Possiamo scegliere ciotole dal sapore antico o contenitori inusuali come cassettine di legno, padelle di rame, catini zincati. L’importante è garantire sempre un corretto drenaggio per evitare che i rizomi marciscano.

Usiamoli recisi

I fiori, se recisi, durano a lungo e consentono di creare originali decorazioni per la casa. Si prestano ad essere inseriti in composizioni natalizie o più generalmente invernali. Possono essere messi in risalto da una base di colore uniforme come un semplice cuscino di muschio, ma possiamo facilmente associarli con qualsiasi foglia verde a tinta unita o variegata. Possiamo anche inserirli nella spugna per fioristi preventivamente tenuta a bagno, irrigidendo i delicati fusti con un filo di ferro.

E non finisce qui

 Raccontateci la vostra esperienza, inviate commenti e osservazioni; potremo arricchire l’articolo.

Anturio_descrizione

L' anturio

L’Anthurium è una pianta originaria dell’America del Sud, Colombia e Brasile, coltivata per la bellezza delle sue vistose spate floreali, rosse brillanti e per il fogliame, altrettanto decorativo. Il nome Anthurium deriva da due parole greche che significano “fiore con la coda”, per la particolarità dell’inflorescenza formata da una vistosa brattea con al centro uno spadice sul quale sono inseriti i piccoli fiori non appariscenti. È la classica pianta “da regalo”, che rischia di non sopravvivere nell’ambiente domestico se non opportunamente collocata e curata. Abituata a climi tropicali, caldi e umidi, deperisce in fretta con l’atmosfera generalmente secca delle nostre case. Correttamente posizionata, invece, si sviluppa e produce nuove inflorescenze di grande effetto che possono anche essere recise e conservate in acqua per diverse settimane. La stessa pianta può essere coltivata con successo in idrocoltura.

Il terreno e il vaso ideali

Il terreno migliore è costituito da tre parti di torba e una parte di sfagno tritato mescolato con un po’ di terriccio e di carbone vegetale. Il terriccio del vaso in cui viene venduta la pianta è generalmente ideale, ma è evidente che nel rinvaso non possiamo utilizzare una miscela così particolare. Utilizziamo allora un terriccio per piante verdi scelti tra quelli di qualità, senza lesinare sul prezzo. È importante che il terriccio sia ricco di materia vegetale (torba), goda quindi di una buona ritenzione idrica, ma sia anche estremamente permeabile, non favorisca cioè i ristagni. 

Possiamo tenerla nel vaso originale fino a primavera. Quando la rinvaseremo, a marzo-aprile, useremo un vaso appena più grande e un terriccio come già descritto, evitando comunque di rompere troppo il pane di terra, ma semplicemente incidendolo lateralmente per favorire l’espansione delle radici. Prepariamo comunque il vaso con uno strato di drenaggio (ghiaia o argilla espansa) più alto del sottovaso. Questo per impedire che l’acqua che si deposita nel sottovaso possa rientrare a bagnare la terra. Il rinvaso va normalmente effettuato ogni due-tre anni, a primavera.

Durante la bella stagione, da aprile a tutto settembre, è utile fornire alla pianta un concime liquido per piante verdi, ogni due settimane, mescolato all’acqua delle innaffiature. Durante l’inverno possiamo limitare le concimazioni a una volta al mese con dosi dimezzate.

La posizione

La luce è molto importante, dal momento che la pianta ama una posizione luminosa, ma non gradisce il sole diretto che tende a prosciugarla rapidamente. Mettiamo dunque la nostra pianta davanti a una finestra dove il sole sia filtrato da una tenda leggera. Prevediamo che, nella bella stagione, la luce che entra dalla finestra possa essere eccessiva: ce ne accorgiamo perché le foglie, pur rimanendo verdi brillanti, tendono ad arricciarsi. Ci basterà spostare la pianta un poco più lontano dalla finestra per rimediare al problema. Da maggio potremo anche metterla all’aperto sistemadola in una posizione non colpita dal sole. 

Elevata umidità

Come tutte le piante di origine tropicale, anche l’Anturio beneficia di un’elevata umidità ambientale (non meno del 60%). In casa possiamo usare un umidificatore o mettere la pianta sopra un ampio sottovaso in cui lasceremo sempre un po’ d’acqua che, evaporando, mantenga umido il fogliame.

Possiamo anche nebulizzare dell’acqua non calcarea sul fogliame.

Il terriccio deve mantenere sempre una minima umidità. Annaffiamo la pianta con regolarità, ma sempre aspettando che la superficie del terreno appaia asciutta prima di bagnare di nuovo.

Con la bella stagione il fabbisogno di acqua aumenta col crescere della temperatura: non lasciamo seccare completamente il terreno.

Infine, nella coltivazione in casa, evitiamole le correnti di aria fredda: potrebbero farla avvizzire rapidamente.

Una pianta che pulisce l’aria

L’anturio è una sorta di leader nella purificazione dell’aria domestica e solo per questo varrebbe la pena averne almeno un esemplare in casa. Ha il primato nell’assorbimento dell’ammoniaca (10

microgrammi/ora rimossi). Questa bella pianta è molto attiva anche nella pulizia di altre tossine normalmente presenti nei nostri ambienti e dannose per il nostro apparato respiratorio: parliamo di xilene e toluene (8 microgrammi) presenti in alcuni detersivi e nelle colle dei mobili.

Diverse specie

Nei vivai più forniti possiamo trovare diverse specie di questa pianta, tutte con analoghe esigenze colturali. 

Anthurium scherzerianum: è l’anturio più diffuso, con spate lunghe e colorazione della brattea che va dal rosso al rosa all’arancione e foglie lunghe e brillanti. 

Anthurium crystallinum: è caratterizzato da foglie molto grandi vellutate di colore verde scuro con nervature argentee; le spate sono verdi. 

Anthurium veitchii: molto particolare, ha foglie molto grandi di colore verde azzurro che possono arrivare a 90 cm di lunghezza, con nervature infossate. Le spate sono di colore giallo-verdi. 

Anthurium andreanum: disponibile in diverse varietà, a seconda del colore delle spate (bianche, rosa, rosse o gialle), ha foglie carnose di colore verde intenso, lucide.

E non finisce qui

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Crisantemo_le specie

Il crisantemo: le specie

Se acquistiamo i crisantemi dai fioristi ci ritroviamo per lo più di fronte a fiori originati dall’incrocio del Chrysanthemum indicum con il Chrysanthemum morifolium. con foglie di colore verde scuro e a fioritura autunnale.

A seconda della forma possiamo riconoscere i seguenti gruppi:

A fiore di anemone: il disco è formato da piccoli fiori tubolosi, mentre i petali sono ligulati, hanno cioè una linguetta terminale.

Incurvati: hanno forma globosa con capolini doppi e petali ligulati e incurvati verso l’interno.

Incurvati-ricurvati: i capolini sono globosi e doppi con petali ligulati ripiegati verso l’interno quelli centrali e verso l’esterno e ricadenti quelli più esterni.

Intermedi: sono le forme giapponesi con fiori ligulati e ripiegati in varie direzioni.

Pompom: hanno capolini globosi con petali fittamente sovrapposti.

Ricurvati: hanno capolini doppi con fiori ligulati e rivolti verso il basso.

Semidoppi: il disco è formato da fiori tubolosi, mentre il raggio ha fiori ligulati disposti in non più di cinque serie. 

Il genere comprende oltre 200 specie, erbacee e suffruticose, annuali e perenni nel quale sono inseriti attualmente anche i generi Pyrethrum e Tanacetum. Le specie coltivate sono divise in due grandi gruppi, le annuali e le perenni. Le più diffuse sono:

Le specie annuali

Chrysatentemum partenium

Specie perenne europea coltivata come annuale con foglie di colore verde chiaro dal profumo pungente. I fiori sono bianchi e sbocciamo da giugno a settembre. La pianta raggiunge i 70 cm di altezza.

Chrysanthemum multicaule

Non supera i 30 cm di altezza ed è particolarmente adatto alla coltivazione in vaso e nei giardini rocciosi. I fiori, di colore giallo, sono semplici e sbocciano in luglio-agosto.

Chrysanthemum spectabile

Si tratta di un ibrido ottenuto dall’incrocio tra il C. carinatum e il C. coronarium, caratterizzato da foglie grigio-verde e fiori di 8-10 cm semplici e di vari colori. Può crescere fin oltre il metro di altezza e fiorisce da giugno a settembre.

Chrysanthemum coronarium

Originario del Mediterraneo, ha portamento eretto e ramificato, foglie verde chiaro e un’altezza che può superare il metro. I fiori sono bianchi o gialli, larghi 3-5 cm; sbocciano a giugno e luglio.

Chrysanthemum carinatum

Originario dell’Africa settentrionale, ha portamento eretto e raggiunge 60 cm di altezza. Benché perenne, viene coltivato come annuale: ha fiori semplici, larghi 5-6 cm, variamente colorati. Fiorisce tra giugno e settembre.

Chrysanthemum segetum

Ideale per la realizzazione di bordure, questa specie ha fiori semplici di colore giallo di 5-7 cm di diametro. La pianta ha un’altezza di 40-50 cm. I fiori recisi durano a lungo.

Le specie perenni

Chrysanthemum alpinum

È una specie di piccola taglia (non supera i 15 cm) e dal portamento prostrato, adatta a decorare un giardino roccioso. Fiorisce tra luglio e agosto con fiori con il disco giallo e i petali bianchi.

Chrysanthemum coccineum

Originaria dell’Iran, è nota anche come Pyrethrum roseum. Fiorisce tipicamente a maggio-giugno e a settembre con fiori semplici o doppi, di colore rosa o rosso con il disco giallo.

Chrysanthemum coreanum

Questa specie vanta numerosi ibridi noti come crisantemi coreani, perfetti per arricchire i vasi, le aiuole e le bordure. I fiori, piccoli e di colore bianco rosato, sbocciano in autunno.

Chrysanthemum corymbosum

Capolini bianchi e disco giallo caratterizzano questa specie che fiorisce a luglio con i fiori raggruppati in corimbi espansi. Si trova in commercio anche con il nome di Pyrethrum corymbosum o Tanacetum corymbosum.

Chrysanthemum frutescens

Originaria delle isole Canarie, questa specie fiorisce da maggio a ottobre e, nelle regioni con clima più mite, per quasi tutto l’anno. I fiori sono bianchi con il disco centrale giallo.

Chrysanthemum haradjanii

È una specie nana che non supera i 20 cm di altezza, ma che si espande in larghezza fino a 40 cm. I fiori, piccoli, sbocciano in luglio-agosto riuniti in folti corimbi.

Chrysanthemum hosmariensis

Adatta ai giardini rocciosi e alla coltivazione in vaso, questa specie, originaria dell’Asia minore, non supera i 20 cm di altezza. I fiori, larghi 3-4 cm, hanno il disco giallo e i petali bianchi. Si aprono da aprile ad ottobre.

Chrysanthemum leucanthemum

Nota anche come Leucantheum vulgare, è la classica margherita europea con foglie basali spatolate e seghettate e quelle superiori molto incise. I fiori sono bianchi e sbocciano da maggio a settembre. Raggiunge 60 cm di altezza.

Chrysanthemum maximum

È una specie molto robusta, originaria dei Pirenei, con foglie di colore verde scuro, lanceolate, con margini seghettati. I fiori, larghi fino a 8 cm, sbocciano da giugno ad agosto. Raggiunge 90 cm di altezza.

Chrysanthemum morifolium

Questa specie fiorisce tipicamente in autunno, ma viene spesso forzata in serra per fiorire in qualsiasi altro periodo dell’anno. Ne esistono di tutte le varietà: a fiore semplice, doppio, a pompom, e di tutti i colori.

Chrysanthemum rubellum

Noto anche come C. erubescens, è originaria del Giappone e fiorisce da agosto ad ottobre. I fiori, disponibili in diverse tinte secondo la varietà, spuntano a gruppi. La pianta può raggiungere 75 cm di altezza.

Chrysanthemum uliginosum

È tra le piante più alte del genere: può raggiungere infatti 1,8 metri di altezza. Fiorisce a fine estate con fiori larghi 5 cm, bianchi, con il disco centrale giallo-verde.

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Crisantemo_descrizione

Il crisantemo

Si narra che una bambina vegliasse al capezzale della mamma malata e pregasse perché non morisse. Uno spirito, commosso dalla sua preghiera, le apparve e le offrì un fiore dicendole: “Quando arriverà la Morte, regalale questo fiore e la tua mamma vivrà tanti giorni quanti sono i petali del fiore”. 
Ma i petali erano pochi e allora la bambina prese delle forbici e iniziò a tagliuzzare per il lungo i petali fino a farli diventare tante striscioline sottili. 
Era nato il crisantemo e la Morte, commossa, lasciò vivere la mamma ancora per tanti anni.

Oltre le fiabe

I crisantemi iniziano a fiorire a settembre e proseguono per tutto l’autunno, crescono quasi ovunque, non richiedono cure speciali, non hanno bisogno di serre o strutture particolari e costano relativamente poco. Tutti buoni motivi per sceglierli per decorare aiuole e terrazzi, in sostituzione delle piante annuali che ormai vanno a terminare in queste settimane la loro brillante fioritura.

I numerosi ibridi creati dai vivaisti hanno fatto apprezzare questi fiori anche a quanti, associandoli ai cimiteri, sono stati fino a ieri riluttanti a utilizzarli per quello che sono: splendidi fiori dai colori e dalle forme diversissime e perfetti per illuminare i giardini quando il sole dell’estate è un ricordo.

Al suo successo ha contribuito anche la conoscenza e la cultura di altri Paesi. Nel centro Europa, ad esempio, sono utilizzatissimi per ornare banchetti di nozze e colorare ogni ricorrenza ma anche per decorare piazze e giardini pubblici.

In Giappone il crisantemo è tanto amato da essere considerato il fiore nazionale e, addirittura, quando le nuove varietà fioriscono nei giardini imperiali di Tokio, l’imperatore stesso le inaugura solennemente in una mostra.

Un po’ di storia

I crisantemi sono originari della Cina dove simboleggiano il Sole e sono un fiore imperiale; il loro nome deriva dalle parole  greche chrysos (oro) e anthémon (fiore). Straordinari e luminosi, i primi furono coltivati in Cina e Giappone; già nel 500 a.C. si ottennero i primi incroci a partire dalla specie selvatica Dendranthema grandiflora. 

Qualche secolo dopo furono portati in Corea e poi in Giappone e continuò la selezione genetica indirizzata alla ricerca di varietà dalle forme e colori sempre nuovi.

Giunti in Europa solo alla fine del diciassettesimo secolo, portati da mercanti francesi di ritorno dai Paesi del Sol Levante, rimasero confinati come rarità negli orti botanici fino alla fine dell’800. Scoppia poi la moda del crisantemi in Inghilterra e negli Stati Uniti e cominciano anche qui le ricerche mirate ad ottenere nuove forme e colori.

I crisantemi coreani

In Francia vengono create varietà diverse per la forma del fiore; negli Stati Uniti, orientati alla ricerca di piante per aiuole e bordure, nascono invece i crisantemi coreani, piante dalla forma di un cespuglietto compatto molto adatte anche alla coltivazione in vaso e che in autunno si ricoprono di numerosi piccolissimi fiori, tanto da non lasciare più intravedere le foglie.

Ottenuti attorno al 1930 incrociando Dendranthema grandiflora con una specie coreana come il Chrysanthemum sibiricum, i crisantemi coreani hanno avuto un successo enorme affrancandosi e conquistando un posto di primo ordine nel mercato florovivaistico nel giro di pochi decenni.

Alcuni esperti ritengono che i crisantemi coreani derivino direttamente dalla specie Chrysanthemum coreanum, originaria della Corea, dai fiori bianco-rosa che sbocciano a fine estate, ma trattandosi di piante di origine orticola, qualsiasi classificazione appare difficilmente sostenibile.

Le specie più diffuse

Oggi sono un fiore di gran moda ed in assoluto la pianta più venduta nel periodo autunnale. Solo in Italia si producono due milioni di piante all’anno e queste non coprono l’intera richiesta nazionale. La scelta di colori si estende a quasi tutte le tonalità: bianco, giallo, oro, ruggine, marrone, prugna, arancione, bronzo, rosso, con la sola eccezione del blu.

Le fioriture, a seconda della varietà, iniziano a settembre e si prolungano fino a dicembre. Ne troviamo a fiore semplice (a margherita) o con fiori semidoppi.

In realtà ognuno di questi fiori e composto da tantissimi piccoli fiorellini; questa caratteristica accomuna tutte le piante appartenenti alla famiglia delle Composite (nella nuova nomenclatura questa famiglia è stata oggi rinominata Asteracee), appunto piante dal fiore composto.

La coltivazione

Sono piante brevidiurne, cioè fioriscono quando le giornate si accorciano. I primi boccioli cominciano ad apparire quando il periodo di buio supera le nove ore al giorno. Grazie a questa caratteristica possiamo acquistarle in fiore tutto l’anno perché, variando artificialmente la durata del giorno, i floricultori possono indurre le piante a fiorire. 

Nonostante ciò, il boom dei crisantemi è proprio alla fine dell’estate e all’inizio dell’autunno, periodo in cui non hanno eguali in bellezza e generosità.

In giardino

Utilizziamoli in giardino per colorare le aiuole in cui le fioriture estive hanno ormai lasciato il posto a uno squallido giallume. 

Abbiniamo tra loro piante dalle tonalità non troppo diverse. I freddi bianchi con i gialli che riflettono il colore del tramonto e ricordano il caldo estivo. I rossi con l’arancio e il bronzo che con le loro ambrate tonalità accendono i colori autunnali degli aceri giapponesi.

I crisantemi coreani sono adattissimi per creare bordure perenni, in fiore in autunno e di un bel grigio verde in estate.

Acquistiamo le piante in queste settimane e trapiantiamole in piena terra dopo aver arricchito il terreno con abbondante stallatico; estraiamole dal vaso senza rovinare le radici e scaviamo una fossa delle dimensioni giuste per raccogliere il pane di terra. Piantiamole e comprimiamo bene il terriccio intorno alle radici. Se abbiamo intenzione di conservarle per più anni, manteniamo una distanza tra le piante di circa 50-60 centimetri; queste infatti tendono naturalmente ad allargarsi.

Annaffiamo poi regolarmente senza bagnare le foglie e i fiori per evitare di rovinarli.

Per le località con clima troppo caldo scegliamo al momento dell’acquisto le varietà “heat tolerant” cioè resistenti alle temperature superiori ai 30 gradi. 

Il nostro vivaista di fiducia ci saprà consigliare le specie più adatte per la nostra zona

In terrazzo

Approfittiamone per sostituirli ai vecchi gerani per i quali è ormai giunto il tempo di svernare al riparo. Se decidiamo di tenerli per una sola stagione possiamo evitare di sostituire il terriccio dei vasi; basterà smuoverlo bene e utilizzare poi un concime liquido per piante da fiori quando annaffiamo. 

Se vogliamo invece delle cassette con piante da conservare per gli anni a venire sostituiamo la vecchia terra con un terriccio per piante da fiore, scelto tra quelli di buona qualità che incorporano già un concime a lenta cessione. 

Dopo la fioritura, nelle regioni dove il clima è mite, possiamo lasciare vegetare le piante fino alla prossima primavera, poi tagliamola a dieci-quindici centimetri di altezza dal terreno per lasciare crescere i nuovi germogli che nascono alla base delle vecchie piante. 

Laddove l’inverno è più freddo invece, tagliamo i rami subito dopo la fioritura e ricopriamo la base della pianta con paglia o corteccia per consentirle di superare le rigide temperature invernali. 

In primavera spunteranno nuovi germogli. Ricordiamoci che molte delle piante acquistate adesso in vaso, se piantate in terra tenderanno a tornare alle loro dimensioni naturali e quindi, negli anni successivi dovremo intervenire con regolari cimature (tagliamo le cime dei rami) se vogliamo avere delle bordure ben compatte.

Per ottenere il meglio

È importante mantenere il terreno sempre umido: durante l’inverno non è un problema e sarà sufficiente controllare sol in caso di prolungata siccità. Durante tutta la bella stagione, invece è necessario annaffiare le piante come si farebbe con qualsiasi altra erbacea. Soprattutto in estate, quando la temperatura si alza, è fondamentale bagnare con regolarità evitando periodi anche brevi di siccità.

Sono piante molto esigenti dal punto di vista della concimazione. Dalla primavera alla tarda estate utilizziamo un concime ricco di azoto (come quello per piante verdi) che induca la formazione di un fogliame denso. 

A fine estate cominciamo invece a somministrare un concime con maggior quantità di fosforo e potassio (per piante da fiore), elementi essenziali per una fioritura prolungata e dai colori molto accesi.