Pelargoni_cure

Come curare i pelargoni

Sono tra le piante più diffuse sui nostri balconi: zonali o ricadenti, fanno bella mostra di sé riempiendo di colore le cassette con fioriture che iniziano a primavera e proseguono fino ala fine di settembre. Sono piante rustiche che sopportano molto bene la calura estiva, ma temono il gelo prolungato. In questo periodo ne vediamo di bellissimi e immancabilmente ci lasciamo tentare acquistandone più esemplari con cui riempire i vasi a nostra disposizione e decorare le ringhiere e i davanzali.

Cosa guardare prima dell’acquisto

Una pianta sana si vede a colpo d’occhio: portamento eretto, ben accestita, foglie senza macchie. Un’idea più corretta possiamo averla se la estraiamo delicatamente dal vaso: le radici devono apparire lungo il bordo. Se sono così lunghe da apparire  dal foro di drenaggio, meglio ancora: è segno che la pianta è pronta per essere rinvasata.

Al di là degli aspetti estetici, una grande differenza è fatta dal luogo di provenienza: se sono stati prodotti localmente, avremo più possibilità di avere una bella pianta. Se, per contro, provengono dall’estero, dovremo mettere in conto che la pianta avrà problemi di acclimatazione.

Come rinvasarli

È bene lasciare le piante in una posizione luminosa, non al sole, per qualche giorno, anche una settimana. In questo modo diamo alla pianta il tempo di acclimatarsi; diamole da bere, magari per immersione. Non serve concimarla ancora; controlliamone le foglie e procuriamoci intanto tutto il necessario per un corretto rinvaso. Servono vasi, terriccio universale o per piante da fiore, concime a lenta cessione o letame pellettato, argilla o ghiaia da mettere sul fondo.

Il terriccio ideale deve essere molto permeabile: idealmente dovremmo mescolare del terriccio universale con del terriccio per piante grasse o una manciata di sabbia (per cassetta).

Se le piante sono piccole dobbiamo sapere che, tenute in posizione luminosa, senza sole diretto, almeno per il primo mese, sviluppano foglie più grandi e di colore più scuro. Portate poi in posizione assolata, producono più fiori perché dispongono di un apparato fogliare più efficiente.

Acqua e concime

I nostri gerani reistono bene a brebi periodi di siccità. I loro tessuti d’altronde sono ricchi di acqua (motivo per cui possono soffrire in inverno per le gelate), caratteristica che li rende molto adatti a superare la calura estiva e restare in piena forma fino ai primi freddi. Ciò non di meno non mettiamoli alla prova facendo mancare loro l’acqua. Il terreno deve rimanere sempre un poco umido cosa per cui dobbiamo bagnare ogni volta che vediamo la superficie asciutta.

Non meno importante è il concime. Possiamo inizialmente utilizzare un concime per piante verdi (ricco di azoto) in modo da facilitare la formazione del fogliame per poi passare a un concime per piante da fiore (ricchi di potassio e fosforo) per sostenere le fioriture. Il concime va fornito, insieme all’acqua, ogni due settimane dalla fine di aprile fino a tutto settembre.

Togliamo i fiori appassiti

Per prolungare la fioritura è buona norma eliminare i fiori appena appassiscono. Se abbiamo dei gerani edera (parigini) mettiamo in conto di farlo tutte le settimane. Il modo corretto è farlo con le mani, spezzando il peduncolo alla base dove si collega al fusto principale. Usare le forbici può sembrare comodo, ma è improprio. Se lasciamo infatti parte del peduncolo attaccato al fusto, la pianta sprecherà energie per lignificarlo (che significa escluderlo dall’attività della pianta). Ci troveremo inoltre con tanti piccoli moncherini legnosi antiestetici che dovremo comunque staccare dal fusto con le mani. 

La luce migliore

È dimostrato che i gerani crescono meglio se non si trovano esposti in pieno sole. La condizione migliore si verifica quando le piante sono esposte a Sud, ma la luce è velata da un zanzariera, una tenda leggera, l’ombra di una pianta. Il sole diretto produce foglie piccole di colore verde chiaro e tanti fiori; l’aspetto generale è però scarno, quasi finto. Filtrando la luce invece si ottengono  foglie più grandi a tutto beneficio della pianta che ha in questo modo più risorse per fiorire.

I possibili problemi

Una irrigazione regolare, attendendo che la superficie del terreno appaia asciutta prima di bagnare, e un concime ogni due settimane da mescolare all’acqua dell’innaffiatura assicurano una crescita costante e fioriture che si spingono fino ai primi freddi.

I veri problemi possono giungere dalla cosiddetta farfallina del geranio, un parassita giunto in Italia da alcuni anni che distrugge le piante. Il suo nome scientifico è Caccireus marshallii e, mentre gli adulti si presentano come innocue farfalline, le larve si cibano del fusto prima e delle foglie poi decretando la morte della pianta. Per questo è doveroso proteggere la pianta fin dal suo trapianto utilizzando insetticidi studiati per tenere lontano il parassita e rendere inappetibile la pianta. Inutile aspettare che si presenti: quando si vedono le larve la pianta è già condannata.

Pelargoni_classificazione

La classificazione dei pelargoni

Quelli che chiamiamo impropriamente gerani sono piante del genere Pelargonium e appartengono alla famiglia delle Geraniacee. Questa famiglia prevede cinque generi: Geranium, Erodium, Monsonia, Sarcocaulon e Pelargonium.

La famiglia, che comprende più di 800 specie, prevede specie annuali e perenni, arbusti e  succulente, tutte accomunate da un frutto allungato che ricorda la testa di un uccello.

 

Geranium
Geranium sylvaticum
Erodium
Erodium malacoides
Monsonia
Monsonia emarginata
Sarcocaulon
Pelargonium
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Geranium

Prevede circa 400 specie erbacee, annuali o perenni, con fusti nodosi e foglie di forma variabile, tra cui alcune spontanee in Italia. I suoi fiori, a differenza del genere Pelargonium, hanno cinque petali tutti uguali e dieci stami.

Erodium

Il genere, diffuso in tutte le aree temperate, prevede annuali biennali e perenni accomunate da foglie picconate disposte a rosetta alla base della pianta e fiori a cinque petali regolari disposti solitamente in gruppi  a formare un’infiorescenza a ombrella. I colori variano dal rosa al viola al blu; gli stami sono dieci, ordinati in due cerchi concentrici di cinque unità ciascuno.

Monsonia

Prevede 27 specie tra erbacee e piccoli arbusti con fusto semplice, talvolta legnoso e radice a fittone. Le foglie sono divise con margini dentellati. I fiori sono a cinque petali regolari. Gli stami sono ripartiti in cinque gruppi di tre stami ciascuno, uno più lungo degli altri.

Sarcocaulon

Prevede 15 specie di arbusti succulenti a foglie caduche. Il fusto è legnoso, dotato di spine e ramificato. Le foglie, che si sviluppano per lo più all’apice, son odi colore verde scuro, spatolate. I fiori, presenti per tutta l’estate, hanno cinque petali bianchi o rosa.

Pelargonium

È il genere in cui si riuniscono oltre 1.000 specie e varietà caratterizzate da fiori a cinque petali di cui due più grandi, talvolta riunioni in infiorescenza. Sono quelli che chiamiamo impropriamente gerani.

Classificazione del genere Pelargonium

Il numero di specie, ibridi e varietà ha richiesto, fin dagli inizi dell ‘800 una forma di classificazione. Oggi la Royal Horticultural Society divide i pelargoni in sette gruppi.

Siglanomecaratteristiche
ZZonaleuna parte centrale delle foglie (zona) è scura e a forma di ferro di cavallo.
IEderachiamati anche “Parigini” hanno fusti lunghi e ricadenti con molti internodi.
RRegalchiamati generalmente “Imperiali” hanno fiori molto grandi nelle più diverse colorazioni
AAngelsono il risultato dell’incrocio tra un Regalo e il Pelargonium crispum
UUniqueottenuti, sembra, dall’incrocio tra il Pelargonium fulgidum e una vecchia cultivar.
ScFoglie profumategrazie a particolari oli essenziali prodotti dalle piante, le foglie emanano profumi diversi
 Derivatene fanno parte tutte le specie, varietà e incroci anche spontanei ottenute dai vivaisti nel corso di tre secoli.

Il gruppo di appartenenza di un pelargoni può essere ulteriormente distinto con l’aggiunta di una o più delle caratteristiche seguenti.

ST=Stellar
Ca= cactus
v=variegato
Dw=nano
C= fogliame colorato
d=fiori doppi
Min=miniatura

Nella classificazione è possibile perciò trovare sigle come Z/d/v che indica un pelargone Zonale (Z) con fiori doppi (d) e foglie variegate (v).

Pelargoni_il nome

Perché li chiamiamo gerani

Quelli che chiamiamo abitualmente gerani, sono più correttamente dei pelargoni, uno dei generi della più grande famiglia delle Geraniacee. A questa infatti appartengono i generi Pelargonium, Geranium, Erodium, Monsonia e Sarcocaulon. La confusione è dovuta a problemi di classificazione da parte di Linneo che, nel 1753, accomunò i Gerani e i Pelargoni come fossero lo stesso genere. Charles Louis L’Heriter, vent’anni dopo, smentì Linneo e, sulla base di un diverso numero di stami nei pelargoni (sette) rispetto ai gerani, corresse l’errore stabilendo che il genere era diverso.

Ma ormai il pasticcio era fatto e per la maggior parte delle persone, quelli che appendiamo ai balconi sono gerani e il nome pelargoni rimane circoscritto a una piccola schiera.

A discolpa di Linneo c’è il fatto che tutti i cinque generi appartenenti alle Geraniacee hanno frutti lunghi e appuntiti, simili a becchi di uccello. Ed è un fatto che pelargone derivi dal greco “pelargos” che significa cicogna, geranio deriva da “geranos” che significa gru, mentre il genere Erodium prende il nome da “erodos” cioè airone. Siamo di fronte a nomi che originariamente indicavano animali molto simili a sottolineare come la corretta classificazione di queste piante abbia dovuto superare la normale osservazione e dovesse avvalersi di studi ben più accurati.

Sconosciuti prima del 1600

I primi pelargoni giunsero in Europa nel XVII secolo portati dai navigatori olandesi che, proveniendo dalle Indie orientali, facevano sosta in Sud Africa per fare rifornimento di acqua e viveri. E siccome sulle navi c’era quasi sempre un naturalista che approfittava del “passaggio” per scoprire e studiare nuove piante (alla ricerca di spezie), ecco che i pelargoni vennero portati nelle serre europee e divennero oggetto di studio. Siamo ben lontani dalla coltivazione domestica: come per la maggior parte delle nuove piante, erano soprattutto curiosità botaniche.

Ben presto ci si accorse che le diverse specie importate si ibridavano facilmente tra loro creando nuove varietà. Grazie alla Compagnia delle Indie, i viaggi si fecero più frequenti col risultato di portare in patria sempre più specie e varietà; agli inizi del XVIII secolo l’interesse dei vivaisti era supportato da richieste sempre crescenti da parte di veri collezionisti. Dall’Inghilterra, la passione per questi fiori si diffuse anche in Francia e in Germania dove divenne ben presto molto popolare. E dalla Germania all’Italia il passo fu breve: fu un commerciante veneziano a scoprirli nelle regioni oltralpe e. portarli nel nostro Paese dove divennero ben presto molto popolari.

Oleandro_descrizione

L' oleandro

Molti significati sono associati a questa pianta sempreverde che nelle nostre zone mediterranee cresce allo stato spontaneo. Nel Medioevo era probabilmente considerata una pianta beneaugurante, tant’è che una leggenda voleva che sul bastone di San Giuseppe fosse fiorito un oleandro. Da qui il soprannome di “ Mazza di San Giuseppe”. Ma non solo. Nel linguaggio dei fiori ottocentesco, l’oleandro rappresentava la “baldanza”, forse per la sensualità dei suoi fiori.

In India, invece, come anche in alcune regioni italiane, l’oleandro è stato considerato un albero funerario. Non se ne conosce chiaramente le ragioni, ma si suppone che questa associazione derivi dalla tossicità delle sue bacche, già conosciuta ai tempi di Plinio che descrive la capacità di questi frutti di uccidere i serpenti e di provocare intorpidimento in qualunque animale selvatico. Nelle nostre campagne veniva chiamato “ammazza cavallo o ammazza l’asino”, a sottolineare ancor di più l’effetto mortale, o quasi, di questa pianta. Ai tempi di Napoleone si racconta che alcuni soldati morirono avvelenati soltanto perché avevano utilizzato come spiedi per la cottura della carne i rami dell’oleandro.

È una pianta che emana anche un grande fascino. La bellezza dei suoi fiori è stata spesso associata a quella delle rose, come fece lo stesso D’Annunzio nell’opera dal titolo “Sodalizio dell’oleandro”.

Per le sue caratteristiche ornamentali  è un arbusto coltivato diffusamente, nei giardini, sui terrazzi nei vasi, lungo le autostrade e le strade delle città a clima mite.

Com’è fatta la pianta

L’oleandro è un arbusto sempreverde di origine mediterranea e vive spontaneo sulle isole e sulle coste dell’Italia del sud. Nasce come cespuglio, alto anche 4-6 metri, ma come esemplare adulto può assumere anche la forma ad alberello perché si spoglia con una certa facilità alla base.

Le sue foglie sono dure, di colore verde scuro e allungate. Alla loro forma, un po’ geometrica, si contrappone quella più dolce dei fiori, la cui corolla è formata da petali saldati tra di loro, conferendo una forma ad imbuto. Nascono sulla cima dei rami e profumano leggermente; possono essere a fiore semplice o doppio e sono per lo più di colore rosa, ma in commercio si trovano anche rossi, bianchi e più raramente gialli e arancione.

I frutti assomigliano a dei baccelli dalla forma allungata che contengono diversi semi vellutati. 

Facile da coltivare

Questa pianta cresce spontaneamente vicino al mare ed è quindi ovvio che ami i luoghi caldi illuminati dal sole, condizione che la spinge ad emettere molti fiori per un periodo lungo che può andare da maggio-giugno fino ad ottobre, se le condizioni climatiche si mantengono abbastanza miti. Teme molto il freddo o meglio il gelo intenso. Temperature vicino allo zero provocano seri danni, temperature sotto lo zero di alcuni gradi la fanno morire.

Ecco perché quando si decide di piantarla in giardino, solitamente nel mese di aprile, è bene scegliere un luogo che sia ben protetto dal freddo e dal vento, come per esempio vicino ad un muro, anche se quella posizione risulta parzialmente all’ombra.

L’oleandro però ha una tempra molto forte e se le radici non sono state uccise dal freddo, non è raro vedere in primavera formarsi nuovi germogli basali che daranno vita a un nuovo arbusto.

Non è molto esigente invece per quanto riguarda il tipo di terreno. Si sviluppa bene nei terreni fertili e ricchi di sostanza organica ma può tranquillamente crescere anche in quelli poveri. Si adatta sia a terreni aridi e siccitosi che umidi, purché senza ristagni idrici. 

In estate non facciamogli però mancare l’acqua e concimiamolo ogni dieci giorni per aiutarlo a sostenere l’intensa fioritura. 

Anche in vaso

Non è affatto difficile coltivare questa pianta in vaso e infatti non è difficile vedere terrazze e balconi da cui fa capolino qualche pianta di oleandro. Dobbiamo, ovviamente usare qualche precauzione in più rispetto alla coltivazione in piena terra. Fatta salva un’esposizione in pieno sole, scegliamo contenitori più profondi che larghi perché le radici tendono a svilupparsi in profondità, e finché la pianta è giovane rinvasiamola ogni due anni: a sviluppo completo una pianta adulta dovrebbe stare in un vaso di almeno 60 centimetri di diametro. Il rinvaso va fatto verso i primi di marzo, utilizzando terriccio per universale leggero e fertile. In primavera-estate dobbiamo annaffiare giornalmente con acqua a temperatura ambiente, aggiungendo un fertilizzante liquido per piante da fiore ogni due settimane. 

Se abitiamo al Nord, considerando che il gelo può danneggiare le radici, è bene prevedere, a fine ottobre, di mettere l’intero vaso in uno scatolone che riempiremo poi con materiale coibentante come corteccia, polistirolo, paglia. Difenderemo poi la parte aerea con del tessuto non tessuto, lasciando la pianta in pieno sole e bagnandola molto moderatamente solo se il terreno appare asciutto.

Ai primi tepori primaverili, scopriamo il vaso e iniziamo a bagnare la pianta per indurre il risveglio vegetativo.

Come potarlo

L’oleandro tende a spogliarsi nella zona vicina a terra; quindi, se vogliamo ottenere un cespuglio folto e pieno fin dal basso, tagliamo dopo la fioritura i rami su cui sono comparsi i fiori per metà della loro lunghezza e accorciamo a 10 centimetri i rami laterali. Alla fine dell’inverno eliminiamo i rami vecchi, morti o gracili; ma se vogliamo rinnovare completamente la pianta, tagliamo tutti i rami a 10 centimetri dal suolo, disinfettando con cura i monconi. Infine, se acquistiamo un oleandro ad alberello per conservarne la forma dobbiamo eliminare i polloni che la pianta tende a formare al piede. Tagliamoli in autunno: potremo così utilizzarli come talee per riprodurre nuove piante.

Una pianta tossica

Molti affermano che la pianta debba essere evitata per la sua tossicità; qualcuno si spinge a dire che non la coltiva in giardino perché è un pericolo per i bambini che potrebbero mangiarne le foglie. 

Riteniamo che si debba mettere ordine a queste idee, corrette, sì, ma fino a un certo punto. A parte che l’unico caso di intossicazione dovuta ad oleandro è quella relativa ai due soldati francesi a cui abbiamo accennato prima, per avere seri problemi dovremmo mangiare più foglie. Chi ne teme la tossicità ha mai provato a mangiare una foglia di oleandro? Probabilmente no, altrimenti saprebbe che è praticamente immangiabile, non solo perché estremamente coriacea, ma dal sapore disgustoso. 

Difficile dunque immaginare che qualcuno riesca a mangiarne tanto da avvelenarsi seriamente.

Se nell’acqua del sottovaso dovessero macerare delle foglie di oleandro e qualche animale domestico dovesse bere quest’acqua avrebbe dei gravi problemi intestinali. Vero, ma basta, come si dice sempre, vuotare i sottovasi.

La talea di oleandro

Forse ci abbiamo provato tutti e ci sono molti modi per riprodurre per talea questa pianta. Si può fare in acqua o in piena terra.

Qualcuno suggesrisce il trucco di tagliare longitudinalmente la base del fusto e infilarvi un chicco di riso per tenere aperto il taglio: questo facilita l’emissione di radici. Tutto vero e ognuno può agire come si trova meglio. L’estate è il periodo migliore.

Di certo c’è che le radici che si producono facilmente in acqua sono molto fragili e non garantiscono un attecchimento corretto della pianta una volta messa in piena terra. Tanto vale quindi far radicare la talea direttamente in terra, riducendo il numero delle foglie a tre e tagliandole per limitarne la superficie. Il vasetto con la talea va quindi protetto con una bottiglia d’acqua a cui abbiamo tagliato il fondo o un sacchetto di plastica in modo da conservarne l’umidità. Non mettiamola al sole, ma scegliamo una posizione luminosa: entro un mese vedremo spuntare nuove foglioline, segno che la pianta ha emesso radici. La pianta così ottenuta va tenuta al riparo per tutto il primo inverno (in caso o in una serretta) perché si rinforzi e messa all’aperto in primavera in un vaso appena più grande.

Calla_descrizione

La calla

Le prime calle giunsero in Europa  dal Sudafrica, loro paese d’origine, nel 1731 e, con la loro originalità, divennero di moda nei giardini d’inizio secolo, considerate come un simbolo di raffinatezza. Poi passarono nel dimenticatoio per tornare più recentemente alla ribalta. I fotografi contemporanei le hanno immortalate come accessori indispensabili nell’arredamento di tendenza. Su questa scia, i floricultori olandesi hanno immesso sul mercato tuberi di calle di ottima qualità che possiamo acquistare per pochi euro in tutti i vivai e garden center. Sono varietà ibride adatte anche alla coltivazione in vaso e ci consentono di scegliere fra decine di colori differenti.

Vista da vicino

La calla vera e propria è un genere che prevede una sola specie, rustica, acquatica, diffusa nelle zone temperate. Appartiene alla famiglia delle Aracee e l’unica specie è la Calla palustris, pianta rizomatosa non più alta di 20 cm che, come dice il nome, cresce bene in acque poco profonde, melmose. Ideale per un laghetto ornamentale, si estende facilmente grazie al suo rizoma strisciante.

Le calle però di cui parliamo normalmente e che possiamo coltivare in giardino e in vaso sono quelle che appartengono al genere botanico Zantedeschia. Le specie sono otto e si trovano allo stato selvatico solo nel  continente africano a Sud dell’equatore.

Sono tutte piante erbacee; le foglie e i fiori nascono da un organo sotterraneo che per la Zantedeschia aethiopica, la comune calla bianca, è un rizoma, cioè un fusto ingrossato, mentre per le altre specie è un tubero (ma molti studiosi non concordano e sostengono che tutte le calle hanno dei rizomi). Le foglie delle calle sono a forma di cuore o sagittate, cioè come una punta di lancia.

Il fiore, che può raggiungere i trenta centimetri di lunghezza, è formata da uno spadice (che è un insieme di piccolissimi fiori raggruppati) avvolto da una sorta di foglia modificata, la spata, che termina con un’estremità appuntita.

Di solito i fiori delle calle non sono profumati, ma alcune varietà antiche hanno una leggera fragranza. Dopo la fioritura sullo spatice si formano delle bacche della grandezza di un pisello che a maturazione diventano rosse.

Le specie e le varietà

La Zantedeschia aethiopica,  la classica calla dai fiori bianchi, raggiunge il metro e mezzo d’altezza. Ha foglie di colore verde cupo e nelle zone d’origine cresce su terreni paludosi. Per questo possiamo coltivarla, oltre che in giardino e in vaso, nei terreni umidi, in riva ai fossati e nel laghetto. È la specie più rustica e resistente al freddo. Anche dove la temperatura scende di pochi gradi sotto lo zero i rizomi superano l’inverno se piantati in profondità. Ne esistono diverse varietà fra cui la “Green Goddes”, oggi su tutti i cataloghi di vendita per corrispondenza, con bellissime sfumature di colore verde mela, e la “Minor” alta solo 30-40 centimetri, molto adatta ai vasi.

La Zantedeschia rehmannii che raggiunge l’altezza di 40 centimetri è un’altra specie importante a scopo ornamentale. Ha foglie verde scuro con numerose macchie bianche o trasparenti. Il fiore è rosa con sfumature porpora.

C’è poi la Zantedeschia elliottiana  che raggiunge il metro d’altezza. Ha foglie verdi punteggiata da piccole macchie bianche. Il fiore è giallo scuro all’interno e giallo-verde all’esterno. Con incroci fra diverse specie si sono ottenuti ibridi con numerosi colori e fioritura prolungata.

Sensibili al gelo

In modo del tutto diverso si comportano al Sud le calle bianche della specie Zantedeschia aethiopica. Dove la temperatura non scende mai sotto lo zero dobbiamo infatti piantarla in autunno. Fioriranno da febbraio alla fine della primavera, per poi perdere le foglie e riposare durante la stagione asciutta.

Al sud le calle possono rimanere fuori tutto l’anno, al Nord e in tutti i posti in cui la temperatura invernale scende regolarmente sotto lo zero è meglio ripararle in inverno.

Se abbiamo già deciso che lasceremo in terra i tuberi delle calle anche nella brutta stagione, piantiamoli a venti centimetri di profondità. Avranno più probabilità di superare i rigori invernali.

La posizione migliore è a mezz’ombra, ma resistono anche al sole se crescono su terreni umidi. Coltiviamole in grossi gruppi o in mezzo ad altre piante in modo da non permettere ai raggi solari di asciugare velocemente il terreno. In questo modo saranno sempre rigogliose. Ricordiamoci che le calle formeranno grandi macchie di colore se lasciate crescere indisturbate per anni.

Da piantare ora

Aprile è il mese giusto per piantare le calle partendo dal tubero o dalla pianta acquistata in vaso.

Le calle già fiorite in questo periodo sono state coltivate in serra per anticipare la fioritura. Trapiantiamole in piena terra o in un vaso di circa trenta centimetri di diametro riempito con un buon terriccio per piante da fiore, annaffiamo e concimiamo regolarmente. Dopo la prima fioritura faranno una pausa e torneranno a fiorire in estate.

Se acquistiamo i tuberi, interriamoli alla profondità di circa dieci centimetri. Anche in questo caso utilizziamo un terriccio soffice e ricco di sostanza organica. Annaffiamo subito e poi manteniamo appena umido il terreno bagnando molto poco fino a quando spunteranno i primi germogli. A questo punto inizieremo ad annaffiare abbondantemente e concimare. Fioriranno da giugno ad agosto e poi riposeranno in inverno.

Nel laghetto

Le calle bianche crescono bene anche con le radici nell’acqua del laghetto. Piantiamole normalmente in vaso; quando i germogli saranno alti circa 15 centimetri, immergiamo il vaso nella zona meno profonda dello specchio d’acqua in modo che il suo bordo rimanga al massimo ad una profondità di 15 centimetri.

Sistemiamo la pianta lontano da zampilli e giochi d’acqua perché le foglie continuamente bagnate marciscono. In inverno spostiamo il vaso sul fondo del laghetto e riportiamolo in superficie in primavera.

L’irrigazione

Alle calle coltivate in terra o in vaso non deve mai mancare l’acqua. Annaffiamole regolarmente senza lasciare che la terra si asciughi tra un’annaffiatura e l’altra. Non bagniamo le foglie perché le gocce concentrano i raggi solari come delle minuscole lenti provocando piccole bruciature.

Concimiamo le piante per tutta la stagione di crescita con un concime liquido per piante da fiore da somministrare ogni 20 giorni con l’acqua delle annaffiature. In alternativa possiamo spargere sulla superficie del terreno del concime in granuli una volta al mese.

Le calle bianche diventano giganti se in autunno mescoliamo abbondante letame alla terra, ma producono qualche fiore in meno.

Il vaso giusto

Come abbiamo detto, vi sono specie che non superano i 40 cm di altezza e sono ideali per la coltivazione in qualsiasi vaso, da sole o in compagnia con altre specie. Vanno bene le ciotole come le cassette. Per le specie più alte,  è bene orientarsi su contenitori più ampi e profondi in modo da mettere il rizoma a 10 cm di profondità. Scegliamo i contenitori di plastica perché trattengono bene l’umidità (ma non quelli neri perché si surriscaldano troppo sotto i raggi del sole). 

Secondo il nostro gusto potremo poi utilizzare un portavaso più bello come ad esempio un secchio, un cestino di vimini, un mastello in legno o quanto altro ci suggerisce la fantasia.

In casa

Le calle fiorite che si acquistano in primavera si possono anche tenere in casa. Mettiamole in una posizione molto luminosa.

Se le sistemiamo su un davanzale assicuriamoci che i raggi solari siano schermati dalle tende. Assolutamente da evitare sono le stanze troppo buie e le correnti d’aria. Appena le calle avranno finito di fiorire portiamole fuori e continuiamo ad annaffiarle regolarmente fino alla fine dell’estate.

La raccolta dei fiori

Le calle sono ottimi fiori da recidere e durano più di una settimana in acqua. Possiamo piantarle anche nell’orto per avere una riserva di fiori per la casa. Raccogliamole appena schiuse senza tagliare i fusti. Strappiamole delicatamente afferrando il gambo alla base, esercitando una leggera trazione verso l’alto e una piccola torsione. In questo modo non lasceremo monconi di fusto che, essendo molto carnosi, marcirebbero facilmente. La raccolta dei fiori stimola la pianta a produrne di nuovi. Per questo, anche se vogliamo goderci i fiori sulla pianta, ricordiamoci di eliminarli appena cominciano ad appassire.

Il riposo invernale

Le calle, come quasi tutte le piante che possiedono organi di sopravvivenza sotterranei, hanno un periodo di riposo durante il loro ciclo vegetativo.

Con i primi freddi autunnali le foglie iniziano ad appassire. Estraiamo le piante con i tuberi dal terreno e mettiamole in un posto fresco, come la cantina. Quando le foglie appassiranno completamente eliminiamole e ripuliamo i tuberi dalla terra, quindi mettiamoli in una cassetta riempita di sabbia e conserviamoli fino a primavera a una temperatura inferiore a 10° C. In alternativa possiamo tagliare le foglie a livello del terreno e ricoprire il tutto con un abbondante strato di letame e paglia. Se l’inverno non sarà particolarmente freddo resisteranno.

La moltiplicazione

Possiamo moltiplicare facilmente le calle. I rizomi delle piante più grandi vanno divisi in più parti in primavera; basta tagliarli con un coltello affilato in modo da lasciare “un occhio” cioè una gemma in ogni pezzo. Lasciamo asciugare all’aria l’area di taglio prima dimettere in terra le diverse sezioni. Da ogni gemma spunteranno nuove foglie; appena la pianta inizia a emergere dal terreno, iniziamo ad annaffiare aumentando la quantità secondo le dimensioni della pianta.

Rincospermo_descrizione

Il rincospermo o falso gelsomino

Su una ringhiera, su una rete di delimitazione, su un traliccio, una cancellata, la parete del terrazzo, una spalliera, ma anche su una pergola facciamo arrampicare un falso gelsomino. Vestirà tutto di un bel verde lucido e riempirà di profumo le nostre sere d’estate. Poi, in inverno, colorerà il giardino con le tonalità bronzee delle sue foglie infreddolite.

Originario della Cina dove il suo fusto e le sue radici erano utilizzate per curare i dolori reumatici, le ulcere e i morsi di vipera, questo vigoroso rampicante si è perfettamente adattato al clima mediterraneo e oggi è molto diffuso in tutta Italia. Il suo nome scientifico è Trachelospermum jasminoides o anche Rhyncospermum jasminoides. Appartiene alla stessa famiglia a cui appartengono oleandri e plumerie, e con il gelsomino vero e proprio condivide solo il nome popolare.

Com’è fatta la pianta

Da vero rampicante quale è possiede fusti che si attorcigliano da soli a qualsiasi sostegno. Se coltivato in piena terra raggiunge facilmente altezze notevoli; in vaso non supera generalmente i tre metri. Le sue foglie sono di un colore verde scuro e di forma ovale. In inverno assumono un colore bronzato al sopraggiungere dei primi freddi.

Esiste una varietà, la “Variegatum”, con foglie di colore verde e crema, un po’ meno rustica della varietà tradizionale.
I fiori, di colore bianco giallognolo e raccolti in mazzetti, sbocciano in giugno-luglio ed emanano un intenso profumo, simile a quello dei gelsomini, che si accentua nelle prime ore del mattino e poi in quelle serali. La fioritura può ripetersi meno abbondantemente in settembre. La pianta resiste al gelo intenso (fino a -10°C) per periodi non troppo prolungati. Le sue radici crescono in profondità.

La giusta collocazione

Per una fioritura esuberante collochiamo la pianta in pieno sole. Anche coltivata a mezz’ombra darà ottimi risultati, ma crescerà meno velocemente e fiorirà un po’ meno. Scegliamo vasi del diametro minimo di 50 centimetri (per accogliere una singola pianta). Addossiamoli al pilastro di una pergola, ad un lampione o a qualsiasi altro sostegno. Per vestire completamente una recinzione o un balcone utilizziamo invece dei grossi vasi rettangolari da sistemare lungo la ringhiera, l’uno accanto all’altro. In un vaso lungo un metro cresceranno bene due piante. Pensiamo bene alla collocazione del vaso prima di sistemarvi la pianta; spostarlo in futuro vorrebbe dire tagliare l’intrico dei rami ormai cresciuti e fissati al supporto.

Piantiamolo in primavera

In primavera si trovano in tutti i negozi di piante e anche al mercato delle belle piante di rincospermo in vaso, pronte per essere trapiantate prima della fioritura. Questo è pro-
prio il momento giusto per piantarle, prima che riprendano a crescere. Potremo acquistare piante di diverse dimensioni: non scegliamolo troppo piccolo o perderemo la sua bellezza almeno per quest’anno.

Le cure migliori

Sebbene in terreni argillosi la pianta resista bene alla siccità, è meglio assicurare ai nostri rincospermo annaffiature frequenti per tutta l’estate. Bagniamo regolarmente le piante quando la terra si asciuga, ma senza fare ristagnare l’acqua nel sottovaso.
In inverno annaffiamo poco e solo quando la terra è completamente asciutta. Dalla primavera all’autunno concimiamo il falso gelsomino con un concime per piante da fiore oppure utilizziamo fin dall’impianto un concime a lenta cessione (o letame pellettato) che assicurerà alla pianta il nutrimento per tutta la stagione.

Come potarlo

La potatura del falso gelsomino serve per dare forma alla pianta che naturalmente tende ad assumere un aspetto disordinato. In primavera, meglio se prima della ripresa vegetativa, eliminiamo completamente i rami secchi e tagliamo a metà quelli più vigorosi per fare infittire la pianta. Dalle gemme immediatamente sotto il punto di taglio spunteranno nuovi getti. Rimuoviamo i polloni nati vicino alle radici e tagliamo poi i rami che sembrano fuori posto. In questo modo avremo piante piene e compatte.

Moltiplichiamolo per talea
In aprile possiamo moltiplicare il falso gelsomino facendone delle talee, cioè piantandone dei rametti semilegnosi cresciuti l’anno prima.
Procediamo in questo modo: tagliamo dei rami lunghi circa 15-20 centimetri appena sopra l’attaccatura al ramo principale, piantiamoli interrandoli per due terzi della loro lunghezza in piccoli vasi riempiti con un buon terriccio, pressiamo la terra intorno al rametto ed annaffiamo bene. Poi copriamo il vasetto con una bottiglia di plastica a cui abbiamo tolto il fondo oppure un sacchetto di plastica trasparente (quelli da congelazione vanno benissimo) su cui faremo uno o due fori per consentire all’aria di entrare. Sistemiamo il tutto in un posto luminoso, ma non esposto al sole diretto. Dopo circa un mese noteremo delle nuove foglioline, segno che il rametto ha radicato: potremo allora togliere la copertura. Mettiamo nel vaso della giovane pianta un sostegno al quale questa potrà ancorarsi (infiliamolo nel terreno non troppo vicino alle radici per evitare di danneggiarle). Lasciamo crescere le piantine per tutta la stagione e trapiantiamole a dimora a settembre o, se nella nostra regione l’inverno è rigido, nella primavera successiva (in tal caso teniamo la nuova piantina in una serretta durante l’inverno).

Narciso_descrizione

I narcisi in fiore

Grazie alle numerose specie che compongono questo genere di piante, la fioritura dei narcisi comincia a febbraio, prosegue fino a maggio e, dopo qualche mese di pausa, si ripropone ancora in settembre-ottobre.

Belli, semplici da coltivare e poco costosi, hanno tutte le carte in regola per occupare uno spazio nei nostri giardini, sul terrazzo, ma perfino sui davanzali delle finestre e dentro casa. Una posizione soleggiata garantisce la continuità delle fioriture anno dopo anno, soprattutto se associata ad un buon rifornimento d’acqua in aprile, quando le piante stanno compiendo il maggiore sforzo vegetativo.
I narcisi sono piante fornite di bulbo, cioè di un fusto sotterraneo modificato per svolgere funzioni di riserva, da cui parte la crescita della pianta.

Il primo passo da compiere quindi, per ottenere piante sane e fioriture rigogliose è acquistare bulbi in buona salute, che devono essere sodi e privi di muffe o segni di marciume.

Il secondo passo altrettanto importante è affidarli alla terra, che sia quella dell’aiuola piuttosto che quella di un vaso, nel tempo giusto (fine ottobre) per permettere alla pianta di sviluppare prima le radici, poi le foglie e i fiori. Terzo e importantissimo passo è consentire al bulbo di fare scorta di “alimenti” per la successiva stagione di crescita e formare l’abbozzo dei nuovi germogli; per questo è necessario lasciare che le foglie ingialliscano e secchino naturalmente e che non vengano tagliate prima che questo processo sia terminato. Sono infatti le foglie tramite la fotosintesi che nutrono il bulbo.

Disponiamoli a formare delle macchie

I narcisi danno il meglio di sé quando sono in massa: quindi sia in aiuola sia in vaso piantiamoli in folti gruppi.
In un vaso di venti centimetri di diametro possono bastare cinque bulbi per ottenere un bell’effetto, ma in piena terra un gruppo di quindici narcisi basta appena a formare una piccola macchia di colore. Interriamo i bulbi in autunno, entro le prime settimane di novembre. Prima di piantarli, lavoriamo bene il terreno, aggiungendo anche un po’ di sabbia e di compost maturo o del terriccio fertile; la sabbia è necessaria per rendere più permeabile il terreno e favorire lo scorrimento dell’acqua in eccesso. I narcisi sono piante rustiche che non temono il gelo tanto che sono tra le prime piante a fiorire, a volte fin dai primi giorni di febbraio, ma se al gelo si unisce il ristagno d’acqua nel terreno i bulbi possono marcire.

Lasciamoli nel terreno

I bulbi di narciso possono essere lasciati indisturbati nel terreno per diversi anni; solo quando i cespi di foglie cominciano a diventare troppo fìtti a scapito della fioritura, sempre più rada, dobbiamo intervenire. A quel punto dovremo estrarre i cespi dal terreno, con una vanga o con una forca, e dividerli separando i bulbi più giovani e ripiantandoli in altri punti del giardino. Per quanto riguarda invece i narcisi coltivati in vaso il problema non si presenta, perché quando le foglie seccano i bulbi si estraggono dal vaso, si ripuliscono dalla terra e dalle parti secche e si ripongono in un luogo buio, asciutto e fresco dopo averli fatti asciugare all’ombra, per ripiantarli in autunno.

I fiori recisi

Gli steli di narciso appena recisi rilasciano una sostanza mucillaginosa che compromette la freschezza degli altri fiori presenti nel vaso; per evitare che questo avvenga basta tenere i narcisi da soli in acqua fredda per un giorno, cambiando l’acqua due-tre volte prima di mescolarli agli altri fiori.

Forzati in casa

I narcisi possono essere forzati a fiorire precocemente ottenendo nel giro di un mese fioriture che, seguendo il ciclo naturale, possono avvenire solo cinque-sette mesi dopo l’interramento del bulbo.
Per la forzatura si utilizzano specie che fioriscono in autunno, come i narcisi del gruppo Tazetta, o alla fine dell’inverno, come il narciso nano “Tete a tète”. Per indurli a fiorire precocemente si piantano con un terzo del bulbo fuori terra, si annaffiano e si tengono al buio e al fresco fino a quando spunta il germoglio.

Da quel momento si portano alla luce e al caldo e, nel giro di tre settimane, fioriscono. Dopo questo trattamento però le piante devono essere spostate all’aperto, annaffiate e concimate con un fertilizzante specifico per bulbose, perché possano accumulare le risorse  che hanno bruciato accelerando i tempi di crescita.

Potos_descrizione

Il Potos, rigoglioso ovunque

Il Pothos aureus, detto anche Scindapsus aureus, è una pianta rampicante, sempreverde, originaria dell’Asia sud-orientale, caratterizzata da foglie a forma di cuore, lunghe fino a trenta centimetri, molto decorative. In commercio possiamo trovare tre varietà di questa adattabile pianta: il Pothos aureus nella forma tipica, con foglie verde chiaro macchiate di giallo, il Pothos aureus “Golden Queen”, con le foglie quasi completamente gialle e il Pothos aureus “Marble Queen” che ha le foglie macchiate di bianco.

In natura queste piante raggiungono altezze superiori ai sei metri, mentre in appartamento le loro dimensioni rimangono ovviamente molto più contenute, fermandosi a due metri d’altezza.
Quando compriamo la pianta per la nostra casa, scegliamo l’esemplare con le foglie turgide e sane, senza segni di malattie, come macchie di secco o punti coperti di muffa.
Evitiamo anche le piante con le foglie sbiadite che hanno sofferto per un’esposizione sbagliata e per errori di coltivazione e quelle con i rami un po’ avvizziti o con le foglie giovani troppo piccole, perché manifestano carenze nutrizionali.

L’ambientie più adatto

Essendo una pianta rampicante il Pothos sviluppa molto i suol rami in lunghezza; se vogliamo che si sviluppi in altezza dovremo Inserire nel vaso del tutori, preferibilmente ricoperti di muschio. In alternativa, potremo porla in ciotole appese, lasciando la possibilità ai rami di crescere verso il basso. È una delle piante che più si adattano a vivere nelle zone poco luminose della casa e per questo è molto apprezzata, ma sono le esposizioni più luminose quelle che favoriscono la crescita di foglie grandi e vivacemente colorate: all’ombra infatti, le foglie diventano a poco a poco completamente verdi. Se è possibile, quindi, mettiamola vicino ad una finestra schermata da una tenda leggera.
Le annaffiature devono essere contenute: non inzuppiamo mai il terreno e lasciamolo sempre asciugare tra un’annaffiatura e l’altra.

Se la coltiviamo in una ciotola può bastare versare dell’acqua nel sottovaso una volta alla settimana.
Se desideriamo farla crescere molto dobbiamo rinvasarla ogni due anni, possibilmente in marzo-aprile, e somministrare del concime per piante verdi circa due volte al mese, aggiungendolo da marzo a settembre all’acqua delle annaffiature.

Moltiplichiamolaper talea

Queste piante si riproducono facilmente per mezzo di talee che possiamo mettere a far radici in acqua, in piccoli vasi di vetro, oppure in vasetti riempiti di terra. Le talee vanno mantenute ad una temperatura di circa 20° C fino a radicazione avvenuta, quindi si rinvasano in vasi singoli.

Possiamo anche, in primavera, mettere la nostra talea in terra, purché mettiamo il vaso in una posizione luminosa, riparata dal sole e conserviamo il terriccio umido.

Se vediamo una pianta che ci piace da un amico, chiediamole un rametto: sarà sufficiente per avere in breve tempo una bella pianta nella nostra casa.

Anche in idrocoltura

I Pothos sono le piante più comuni tra quelle  che i vivaisti propongono per idrocoltura; naturalmente oltre ad acquistare piante già coltivate con questa tecnica, possiamo realizzarle da noi stessi, partendo dalle talee che abbiamo fatto radicare in acqua. Basterà procurarci dell’argilla espansa, del fertilizzante per idrocoltura e dei vasi adatti allo scopo. In commercio possiamo trovare diversi tipi di vasi per idrocoltura, tutti dotati di un dispositivo attraverso il quale, una volta al mese, possiamo aggiungere l’acqua. Le concimazioni, invece, si fanno ad intervalli di sei mesi, utilizzando prodotti specifici per questa tecnica di coltivazione, facilmente reperibili in tutti i vivai. I vantaggi di questa tecnica rispetto alla coltivazione in terra sono vari: non sono richieste annaffiature continue, la pianta può disporre rapidamente degli elementi nutritivi sciolti in acqua, rendendo inutili i rinvasi, almeno fino a quando le dimensioni della pianta non diventano eccessive rispetto alla grandezza del contenitore.

Dipladenia_descrizione

La Dipladenia

La Dipladenia, altrimenti nota come Mandevilla splendens, è una pianta sempreverde, originaria dell’America centrale, caratterizzata da fusti carnosi a crescita rapida da cui spuntano da aprile-maggio fino a alla fine di settembre grossi fiori leggermente profumati e di grande effetto decorativo. Ha un bel fogliame, con foglie lucide, spesse, di forma ovale, e una fioritura abbondante nei colori rosso, rosa o bianco con la gola gialla.

Può essere usata come rampicante, per ricoprire una parete, una grata, una ringhiera, oppure lasciata cadere da vasi appesi al posto dei gerani o delle petunie. Se ben esposta, produce abbondanti fioriture, tanto da non far rimpiagere altre piante più convenzionali.

Un vigore fuori del comune

Come molte piante originarie della zona equatoriale, anche la Dipladenia ha una eccezionale vigoria. Le sue liane crescono molto velocemente; coltivata in piena terra, si spinge anche per diversi metri, mentre in vaso la crescita è più contenuta, ma comunque tale da ricoprire facilmente una ringhiera. Lasciata ricadere da vasi appesi, non sfigura di certo, soprattutto se messa in una posizione luminosa e può godere di un terreno ricco di sostanza nutritiva.

Rinvasiamola subito

Possiamo anche trovarla coltivata come rampicante, con fusti già lunghi e appesi a delle canne. In questo periodo possiamo portarla via con poco, soprattutto considerando che, grazie alla sua velocità di crescita, raddoppierà di volume nelle prossime settimane. Scegliamo per lei una posizione luminosa, colpita dal sole soltanto per qualche ora, al mattino o alla sera, e rinvasiamola subito utilizzando un contenitore di 20-25 cm di diametro e terriccio per piante da fiore di buona qualità.

Arricchiamo il terriccio con letame pellettato o un concime granulare a lenta cessione. 

Rampicante o ricadente?

Al momento del rinvaso dobbiamo subito scegliere se la nostra pianta dovrà crescere e coprire una ringhiera o una grata oppure se, semplicemente, dovrà ricadere a cascata. Nel primo caso dobbiamo preoccuparci di indirizzarla sul tutore o la grata che abbiamo predisposto. Per evitare di romperne i fragili rametti, leghiamola senza stringerla in due-tre punti. A seconda dell’effeto che vogliamo ottenere, distribuiamo i fusti  per ottenere la massima copertura possibile. Settimanalmente controlleremo che la pianta si sviluppi come desiderato e provvederemo a nuovi legacci. 

Se vogliamo che ricada dalla nostra finestra o ringhiera, dei tre fusti generalmente a disposizione, tagliamo quello più interno sopra una gemma: lasciando quindi ricadere verso l’esterno i fusti lunghi, ma facciamo in modo che quello tagliato possa regalarci un po’ di colore anche all’interno. Tagliandolo si ramificherà e formerà un cespugliotto ricco di fiori con un effetto estetico senz’altro migliore di quello che otterremmo se non facessimo nulla.

Acqua e concime

La dipladenia ha bisogno di un terreno normalmente umido per crescere bene. Anche un’elevata umidità ambientale ne favorisce lo sviluppo sano. Periodicamente dunque, specialmente nelle giornate più calde, nebulizziamo un po’ di acqua non calcarea sul fogliame. 

Se abbiamo concimato il terreno al momento del rinvaso possiamo attendere un mese prima di fare nuove concimazioni. Queste, fatte con un concime liquido per piante da fiore ogni due settimane fino a settembre, aiuteranno la pianta a produrre fiori e a crescere rapidamente.

Alla fine dell’estate

Trattandosi di una ppianta tropicale, la dipladenia entra in sofferenza quando le temperature si abbassano. Possiamo allora tagliare i suoi fusti a non più di 20 cm di lunghezza e lasciarla in esterno protetta con tessuto non tessuto. Oppre portarla in casa, sempre dopo averla tagliata (ma un po’ meno) mettendola in una posizione luminosa in un ambiente normalmente riscaldato. La nostra preoccupazione sarà allora quella di garantire un’umidità ambientale sempre intorno o superiore al 50%. La pianta in questo modo supera l’inverno e potremo poi riportarla all’aperto alla primavera successiva.

Peperoncino_varietà

Le varietà di peperoncino

Appartenente alla famiglia delle Solanacee, genere Capsicum, il peperoncino vanta oltre 2.000 varietà, diverse per forma e colore. L’impollinazione incrociata operata dagli insetti e le condizioni pedoclimatiche producono varianti in numero tale da rendere difficile una classificazione corretta, che attualmente si basa ancora sul colore dei fiori. Il botanico Armando Theodoro Hunziker nel 1956 descrive 27 specie di Capsicum, di cui sedici spontanee e solo undici coltivate dall’uomo.
Le cinque più diffuse sono:

Capsicum annuum, pianta annuale originaria dell’America del Sud, la più coltivata in Italia.

Capsicum baccatum, originaria della Bolivia e del Perù, apprezzata in gastronomia per il suo profumo e aroma.

Capsicum chinense, pianta originaria dell’Amazzonia e di tipo perenne. La varietà più famosa e apprezzata è l’Habanera, che per la sua versatilità e profumo è definita il “Principe dei peperoncini”.

Capsicum frutescens, pianta perenne, originaria del Sud America e diffuso in Africa e in Europa. La sua varietà più conosciuta è il Malagueta.

Capsicum pubescens, a ciclo perenne, originaria del Brasile e del Perù, dove viene normalmente utilizzata in tantissime preparazioni.

Quali semi possiamo trovare

Piccante di Cayenna
Varietà molto piccante, medio-precoce, molto produttiva, adatta all’essiccazione.

Ciliegia piccante
Varietà piccante, medio-precoce, frutti tondi di colore rosso intenso.

Grisù Ibrido F1
Varietà piccante, precoce, mediamente vigorosa con frutti allungati verdi e poi rossi.

Etna
Piccante, precoce, pianta compatta con frutti a mazzetti rivolti verso l’alto, prima verde scuro e poi rossi.

Adorno
Molto piccante, precoce, con frutti di forma conica rivolti verso l’alto, prima verde scuro e poi rosso-viola.

Peppino Ibrido F1
Poco piccante, precoce con frutti sferici un po’ schiacciati di ccolore verde scuro e poi rosso.

Jalapeno
Piccante, medio-precoce, pianta compatta con frutti lunghi di colore verde, molto gustosi.

Padron
Poco piccante, medio-precoce con frutti medio lunghi un po’ appiattiti di colore verde chiaro e poi rossi.

Fuego Ibrido F1
Piccante, precoce, vigorosa, con frutti allungati a forma di cornetto, prima verde scuro e poi rossi.

Roumanian giallo
Piccante, precoce, con frutti piccoli e allungati, di forma conica, prima verde chiaro e poi gialli.

Stromboli
Piccante, precoce con frutti disposti a mazzetti rivolti verso l’alto, prima verde scuro e poi rosso-arancio.

Pyramid
Piccante, precoce, pianta compatta con frutti piccoli di forma tronco conica, prima gialli e poi rossi e viola.

Red Cherry Small
Piccante, precoce, pianta compatta con frutti di piccole dimensioni di forma tonda e colore rosso.

Hungarian Yellow Wax Hot
Piccante, precoce con frutti allungati di forma conica prima verde chiaro e poi gialli.

Jamaican Rosso
Molto piccante, precoce, vigorosa, con frutti tondeggianti e costoluti lunghi 4 cm di color rosso scuro.

Mechico
Molto piccante, medio-precoce, con frutti conici di colore dal giallo al rosso secondo la maturazione.

Habanero chocolate
Molto piccante, medio-precoce con frutti a forma di lanterna di colore rosso scuro.

Cancun
Molto piccante, medio-precoce, con frutti a ciliegia di colore arancio e poi rosso.

Le varietà presentate sono di Franchi Sementi (www.franchisementi.it) e di Blumen (www.blumen.it)