Actinidia arguta
Melo cotogno
Melo cotogno
Tipo: albero da frutto
Origine: Asia
Adatta per: giardino
Difficoltà di coltivazione: facile
Albero alto fino a sei metri, coltivato per i suoi frutti dal gusto molto astringente, adatti alla preparazione di confetture. Ha radici superficiali e un tronco contorto. I fiori, che sbocciano a maggio, sono bianchi con l’esterno rosato. I frutti sono oblunghi o tondeggianti, profumati, prima verdi e poi gialli a maturazione. La pianta diventa produttiva dopo 5-7 anni dalla messa a dimora.
Fioritura: maggio
Colore dei fiori: bianco, rosa
Posizione: In pieno sole
Temperatura: Il clima mediterraneo va bene; non teme il freddo.
Terreno: Ordinario, fertile, normalmente umido.
Irrigazione: Regolare, soprattutto nei primi anni per mantenere il terreno umido.
Concimazione: A primavera è utile fornire una concimazione organica con letame maturo.
Potatura: alla fine dell’inverno. Se si desidera lasciar crescere la pianta normalmente, eliminare i succhioni e i polloni quando si formano e tagliare i rami che hanno fruttificato. Per la potatura di formazione e produzione tagliare per dare alla pianta la forma desiderata (piramide rovesciata o spalliera).
Moltiplicazione: Per talea in ottobre-novembre, prelevando rametti legnosi lunghi 25-30 cm. Può essere innestato sul biancospino, sul pero e sull’azzeruolo.
Semina:
Trapianto/rinvaso: ottobre, novembre
Malattie e parassiti:
Note: I frutti maturano in ottobre.
Melo cotogno
Il melo cotogno
La chiamiamo mela cotogna o pera cotogna a seconda della forma del frutto, più o meno globosa, anche se con la mela e il pero non ha nulla a che fare. Si tratta infatti di una specie a se stante, la Cydonia oblonga, di cui la diversa forma del frutto costituisce solo una varietà. Il nome con cui chiamiamo questa pianta, cotogno, ci è giunto dal Medioevo come forma volgare del nome latino datogli da Linneo.
È una pianta coltivata da millenni, probabilmente originaria della Cina e poi diffusasi nel Mediterraneo. Già nota agli antichi Babilonesi, è stata normalmente coltivata anche nel nostro Paese fino agli anni sessanta, per poi, complice anche la grande distribuzione, cadere lentamente in disuso.
Recuperarne la coltivazione, anche nel giardino di casa, significa anche mantenere una specie originale che, diversamente, rischia di perdersi come purtroppo avvenuto per molte specie e varietà.
D’altro canto siamo di fronte a un alberello molto decorativo che a primavera attrae con i suoi grandi fiori bianchi sfumati di rosa, mentre in autunno offre decine di frutti dalle numerose proprietà e dal gusto dolce, ideale per creare composte da soli o in combinazione con altri frutti.
Il terreno e l’esposizione
È una pianta molto rustica in grado di resistere agli inverni freddi così come alla calura estiva. Una buona posizione assolata ne favorisce la crescita la fruttificazione. Non ha particolari esigenze in fatto di terreno, ma predilige i terreni neutri o subacidi, mentre l’eccesso di calcare la fa crescere stentatamente.
Poche semplici cure
Piantata ora, questa pianta beneficia di un apporto di letame con cui arricchire il terreno. Torneremo a concimare all’inizio della primavera: le due concimazioni, autunnale e primaverile, permettono, anno dopo anno, di sviluppare una chioma folta e abbondanti frutti.
Benché la pianta adulta basta a se stessa, è comunque utile fornire a questa specie acqua con una certa regolarità in modo da garantire un terreno sempre umido. Quando la mettiamo a dimora, interriamo anche un tubo vicino al fusto in modo che raggiunga la base delle radici e affiori appena dal terreno: ci servirà per bagnare la pianta senza sprechi.
La potatura
Si effettua generalmente alla fine dell’inverno e serve per dare alla pianta una forma più adatta alla raccolta. Se la coltiviamo in giardino la potatura di produzione è inutile e ci basterà allora eseguire una potatura leggera come faremmo con qualsiasi altra pianta.
Elimineremo quindi i rami che hanno già fruttificato e i polloni che sottraggono energia alla pianta. L’alberello assumerà una forma tondeggiante e produrrà un’ombra fitta.
La raccolta
La maturazione dei frutti avviene normalmente in ottobre: i frutti si presentano inizialmente coperti da una sottile peluria che scompare quando la maturazione è completa. La buccia allora risulta liscia e lucida. Il frutto, anche maturo, è molto duro da mangiare e tende ad allettare i denti. Possiamo conservarlo in un ambiente buio perché, in poche settimane diventi più morbido, o, semplicemente, utilizzarlo per preparare delle ottime confetture: il suo alto contenuto di pectina rende la mela cotogna ideale anche in combinazione con altri frutti per addensare il preparato.
Un frutto benefico
Da sempre alla mela cotogna sono riconosciute benefiche proprietà. Aiuta la digestione e, in generale, aiuta l’intera funzione digestiva, grazie al contenuto di fibre e acido malico. Prezioso alleato dello stomaco e dell’intestino, contrasta le infezioni intestinali e svolge anche una modesta azione lassativa.
Kiwi
Il kiwi
Tipo: rampicante da frutto
Origine: Cina, Nuova Zelanda
Adatta per: terrazzo, giardino
Difficoltà di coltivazione: facile
Rampicante vigoroso e rustico in grado di ricoprire velocemente una pergola. Fiorisce a maggio con fiori bianchi profumati a cui seguono, nelle piante femminili, dei frutti ovoidali marroni coperti da una peluria un po’ ispida, dalla polpa verde molto zuccherina e dall’alto contento di Vitamina C. Adatta alla coltivazione in qualsiasi giardino o orto assolato, necessita, per produrre i frutti, della presenza di pianta maschili e femminili in ragione di 1:7.
Fioritura: maggio
Colore dei fiori: bianco
Posizione: in pieno sole; anche mezz’ombra, ma lo sviluppo e la produzione sono inferiori
Temperatura: ama il clima mediterraneo; ama il calore estivo e sopporta il freddo invernale fino a -12°C
Terreno: subacido (pH 6,5-7); basta un terreno ordinario a cui si aggiunga letame maturo o torba acida.
Irrigazione: regolare; abbondante in estate dalal formazione dei fiori alla maturazione dei frutti
Concimazione: come concimazione di base con letame o concime organo-minerale; da ripetere dopo circa tre mesi per supportare la fruttificazione
Potatura: dopo la raccolta eliminando i fusti che hanno fruttificato; a verde in primavera per indirizzare la pianta
Moltiplicazione: per talea semilegnosa in estate
Semina:
Trapianto/rinvaso: ottobre, novembre, marzo, aprile
Malattie e parassiti: mosca della frutta, piralide
Note: coltivabile in vaso in un recipiente profondo 40 cm e largo 80 cm
Mirtillo americano
Il mirtillo nero americano
Il mirtillo rappresenta da secoli un prezioso alimento e medicamento, diffuso nelle regioni montane dell’Italia settentrionale e centrale fino all’Abruzzo dove cresce allo stato spontaneo. Molto apprezzato dai popoli nordici, tanto che in Scozia e in Irlanda si celebra addirittura la “domenica del mirtillo”, dedicata alla raccolta delle bacche, questo frutto è diffuso in tutta Europa dove è appprezzato per la produzione di marmellate, gelatine, ma anche liquori.
Nel Nord America i mirtilli facevano parte dell’alimentazione degli indiani che li consumavano freschi o essiccati; presso i Delaware il mirtillo rosso era considerato un simbolo di pace ed era normalmente impiegato per tingere corpi e tappeti.
Le specie
Il genere Vaccinium a cui appartiene comprende circa 130 specie di cui alcune oggetto di coltivazione.
Il mirtillo nero (Vaccinium myrtillus), pianta spontanea in Europa, alta non più di 40 cm. Fiorisce in maggio e fruttifica in luglio-agosto con bacche nere ricoperte da una sottile pruina. Possiamo trovarlo sulle Alpi e gli Appennini fino all’Abruzzo fino a quota 2.000 metri.
Il mirtillo rosso ( Vaccinium vitis idaea), anch’esso spontaneo, sempreverde, con fiori bianchi o rosa riuniti in grappoli. Le sue bacche sono rosse, amarognole, leggermente acide. È presente sulle Alpi e sull’Appennino settentrionale.
Mirtillo blu (Vaccinium uliginosum), non più alto di 25 cm e a foglia caduca. Dopo la fioritura con fiori bianco-rossi, produce bacche bluastre pruinose, piuttosto insipide.
Mirtillo gigante americano (Vaccinium corymbosum), spontaneo nell’America settentrionale, deciduo, molto rustico e con fiori bianco-rosati. È un arbusto le cui dimensioni variano da 1 a 4 metri di altezza, caratterizzato da bacche disposte in grappoli di colore nero-azzurro.
Le varietà oggi disponibili sono per lo più il risultato dell’incrocio di alcune specie particolari quali il Vaccinium macrocarpon ( Cranberry o Bacca delle gru), il già citato mirtillo americano o il Vaccinium australe (Southeastern blueberry).
La pianta
Il mirtillo gigante americano, il più diffuso anche nel nostro Paese, è un arbusto molto apprezzato per la quantità e la qualità dei suoi frutti. Può raggiungere 4 metri di altezza, ma lo si mantiene più basso con le potature; è molto ramificato e sostiene delle foglie ovali piccole, più chiare nella parte inferiore e un poco seghettate, che diventano prima rosso porpora e poi gialle in autunno. I fiori, piccoli e solitari, sono di colore bianco con sfumature rosa; appaiono all’ascella delle foglie in maggio e sono subito seguiti dai frutti, la cui maturazione avviene in luglio-agosto.
Come coltivarli
Il mirtillo è una pianta un po’ esigente in fatto di terreno. Niente di complicato, ma il terreno di coltivazione deve avere un pH compreso tra 4 e 5,5. Preferisce terreni poco lavorati e mostra di apprezzare appezzamenti incolti, vergini, appena disboscati. Non tollera il calcare, nemmeno quello presente nell’acqua di irrigazione ed esige un drenaggio perfetto. L’acqua piovana, assolutamente da preferire nella coltura di questo frutto, deve poter defluire in breve tempo senza lasciar alcuna forma di ristagno. Per quanto concerne la concimazione, conviene utilizzare letame maturo all’atto della messa a dimora, sistemandolo sul fondo della buca ricoperto da uno strato di terra, oppure si può utilizzare torba acida in corso di coltura da distribuire in abbondanza nel sotto chioma.
La raccolta
La raccolta si effettua a luglio-agosto. Si staccano le singole bacche con le mani o utilizzando un apposito pettine; benché sia stato inventato un sistema meccanizzato, le poche colture specializzate utilizzano preferibilmente un sistema di raccolta manuale.
Moltiplicazione
I metodi di riproduzione del mirtillo sono diversi. In settembre, ad esempio, è possibile motiplicarlo per propaggine, scegliendo uno o più fusti basali sufficientemente lunghi e giovani e costringendoli in posizione prostrata. È sufficiente con un coltello incidere leggermente il fusto e interrarlo per pochi centimetri per indurre la produzione di nuove radici. Dopo uno o due anni le propaggini possono essere staccate dalla pianta madre e piantate stabilmente.
È anche possibile prelevare delle talee, in luglio, e piantarle in un miscuglio di torba e sabbia in parti uguali. Quando le talee hanno radicato, si invasano in contenitori di 7-8 centimetri di diametro in cui siano poste due parti di terricio da giardino, due parti di torba e una parte di sabbia grossolana. Nel mese di ottobre le piantine vanno ripicchettate in vivaio e lasciate irrobustire per due-tre anni prima della messa a dimora.
E non finisce qui
Raccontateci la vostra esperienza, inviate commenti e osservazioni; potremo arricchire l’articolo.
Melograno
Il melograno
Il melograno è una pianta arbustiva caducifoglia di origine orientale presente da millenni nel bacino del Mediterraneo. Può crescere ad arbusto o ad alberello ed è talmente acclimatato alle nostre latitudini da non avere bisogno quasi di nulla.
Una volta attecchito, cresce vigorosamente e produce belle fioriture estive e frutti tanto originali quanto buoni che vanno a maturazione dalla seconda metà di settembre.
È una pianta adatta per piccoli giardini, anche nella seconda casa dove non possiamo assicurarle una costante manutenzione. Può crescere anche in vaso.
È tra le piante da frutto più longeve: può infatti superare senza problemi anche i duecento anni di vita.
In breve
Nome scientifico: Punica granatum
Famiglia: Lythracee
Origine: Medio Oriente
Tipo di pianta: arbusto rustico
Altezza: fino a 6 metri
Larghezza: fino a 4 metri
Fioritura: dalla tarda primavera a luglio
Di cosa ha bisogno
Esposizione: in pieno sole
Terreno: anche povero, ma ben drenato
Acqua: si accontenta delle piogge
Resistenza al freddo: resistente al gelo
Moltiplicazione: per talea in agosto
Il nome e la sua origine
La pianta ha origine nella zona compresa tra l’Iran e l’Himalaya e da qui si diffuse in tutti i Paesi dell’Asia sud occidentale e nel bacino del Mediterraneo. La sua coltivazione è documentata dal ritrovamento di semi e bucce tra i reperti archeologici di diversi millenni prima dell’era cristiana.
La pianta e il suo frutto sono spesso citati dalla Bibbia, ma sono presenti citazioni anche nel Corano e nella Torah come nel Talmud babilonese: era un frutto sacro, simbolo di fertilità e abbondanza.
Il nome scientifico Punica granatum ci riporta al mondo cartaginese. Infatti furono le popolazioni arabe del Medio Oriente a far conoscere questa pianta ai Greci prima e ai Romani poi. In particolare, furono proprio i Cartaginesi che abitavano una regione corrispondente all’attuale Tunisia, a insegnare agli antichi Romani la coltivazione di questa pianta. Plinio stesso la chiama Malum punicum (mela cartaginese), considerando la sua origine proprio quella cartaginese.
C’è anche chi (Virgilio) afferma che il suo nome derivi dal termine latino puniceus che significa “scarlatto” con evidente allusione al colore del frutto, ma anche dei fiori e dei semi. L’epiteto granatum, dal latino granatus, ovvero che ha tanti semi, è rimasto nel nome scientifico. Ed essendo comunque una caratteristica perculiare dei suoi frutti, compare in tutte le sue possibili declinazioni, anche nei nomi volgari che possiamo trovare lungo tutta la Penisola.
Possiamo senz’altro affermare che il melograno sia presente in tutte le regioni italiane da oltre duemila anni.
I colonizzatori spagnoli la portarono poi, alla fine del 1700, nell’America latina ed oggi è presente abbondantemente in Messico e in California e Arizona.
Com’è fatta
La pianta si presenta con un tronco talvolta contorto, molto ramificato, con corteccia prima rossiccia e poi grigiastra. Nella sua forma naturale è un grosso arbusto spinoso; potandolo opportunamente nei primi anni, diventa un alberello capace di produrre sempre molti polloni basali.
Le foglie sono lanceolate con un corto picciolo; nascono rossicce e diventano poi verde brillante, un po’ coriacee, con la nervatura centrale in evidenza.
I fiori, raggruppati in due-tre all’apice dei rami, hanno 5-7 petali di colore rosso aranciato con numerosi stami gialli in evidenza. Appaiono nella tarda primavera e fanno di questo arbusto un soggetto molto decorativo. Esistono varietà con fiori bianchi, rosati o striati o di dimensioni molto grandi.
Il frutto è una falsa bacca, denominata balausta, caratterizzata da una
buccia spessa, molto amara e astringente, e da cavità separate da una membrana. L’interno è completamente occupato dai piccoli semi; ogni seme è racchiuso in una polpa color rubino, più o meno dolce secondo la varietà, ma comunque molto succosa. Il numero di questi semi può variare da un minimo di 165 a un massimo di 1.370 (si racconta che i semi sono 613 come i comandamenti della Torah).
La posizione ideale
Il melograno ama le posizioni in pieno sole o dove comunque il sole lo possa colpire per alcune ore al giorno. È utile dunque trovare per questa pianta una posizione esposta a Sud. Al momento dell’impianto, evitiamo di porre altre piante nelle immediate vicinanze, almeno finché la pianta non sia ben attecchita e sia ormai autonoma. Consideriamo anche che il melograno sviluppa radici superficiali con cui tende ad occupare l’area sottochioma. Non teme la callura estiva né il gelo invernale: la pianta mostra di resistere a temperature fino a -10°C.
Il terreno
Cresce anche su terreni poveri senza particolari problemi. Va da sé che se il terreno è normalmente fertile o viene opportunamente concimato, la pianta cresce più rapidamente e con maggiore rigoglio. Il momento migliore per la messa a dimora è la primavera. In questa operazione è bene assicurare sul fondo della buca un adeguato drenaggio fatto con uno strato di sassi e ghiaia. Mescoliamo inoltre il terreno dello scavo con cui riempire la buca con due manciate di letame pellettato. Per ottenere un’abbondante fioritura e frutti grossi, è utile, all’inizio di ogni primavera, distribuire nel sottochioma e interrare leggermente nuovo letame pellettato o compost maturo.
In vaso possiamo usare con tranquillità del terriccio universale, meglio se arricchito con un concime a lenta cessione o il solito letame pellettato.
L’irrigazione
L’irrigazione deve essere abbondante e regolare fino a un corretto attecchimento della pianta che, in maturità, mostra di accontentarsi delle precipitazioni.
Importante, ciò non di meno, è l’irrigazione durante la maturazione dei frutti. Se il clima è siccitoso, è utile fornire acqua con regolarità, ma senza esagerare. Un apporto considerevole di acqua dopo un lungo periodo di siccità provoca lo spaccamento dei frutti.
In vaso
Possiamo coltivare il melograno in un grosso vaso che sia soprattutto ampio più che alto. L’irrigazione deve essere in questo caso regolare come pure l’apporto di sostanze nutritive tramite concimi per piante da frutto. Assicuriamo un perfetto drenaggio con uno strato di ghiaia o argilla espansa più alto dell’eventuale sottovaso. Se il vaso è grande e non è previsto un sottovaso, sospendiamolo
dal terreno mediante quattro tappi di plastica: faciliterà lo sgrondo dell’acqua in eccesso.
Possiamo anche scegliere delle varietà nane, adatte a formare dei piccoli cespugli, molto decorativi e comunque fruttiferi.
La potatura
Il melograno produce molti getti basali e tende a crescere come arbusto fitto e un po’ spinoso. Per farlo crescere ad alberello ci basta tagliare i polloni alla base e far crescere il fusto centrale. Una volta formata la chioma, non serve intervenire se non per eliminare i rami mal esposti, secchi o in sovrapposizione con altri.
La moltiplicazione
Il modo più semplice per moltiplicare questa pianta è per talea. Si preleva, a fine agosto, la cima di un fusto non fiorifero lungo non più di 10 cm, si elimina la maggior parte delle foglie conservando solo quelle apicali e si pianta in un vasetto con terriccio universale umido.
Avvolgiamo la talea con un sacchetto di plastica trasparente o una bottiglia di plastica a cui abbiamo tolto il fondo. In questo modo se ne conserva l’umidità e le probabilità di radicazione aumentano considerevolmente.
Lasciamo irrobustire la giovane piantina conservandola in un ambiente protetto (serretta o locale luminoso non riscaldato) per tutto l’inverno prima di sostituire il vaso o porla direttamente a dimora in piena terra.
Malattie e cure
È una pianta molto resistente sia alle malattie sia ai comuni parassiti. Può essere colpita dagli afidi o dalla cocciniglia, ma mai in modo tale da minarne la bellezza.
Le malattie possibili sono il marciume del colletto da imputare a un terreno troppo argilloso e un conseguente ristagno idrico.
E non finisce qui
Raccontateci la vostra esperienza, inviate commenti e osservazioni; potremo arricchire l’articolo.