Aconito napello
Piracanta
La Piracanta
Imparentata con il cotoneaster e spesso chiamato Agazzino, la piracanta è un arbusto molto diffuso reso particolarmente appariscente in queste settimane per la presenza, sui suoi rami fitti e spinosi di numerose bacche di colore giallo, arancione o rosso, molto persistenti. Le bacche, che richiamano molti uccelli, sono commestibili: un tempo si usavano per realizzare confetture dal sapore dolciastro.
Questa sempreverde, molto decorativa, è stata usata per formare siepi libere, ma oggi è utilizzata anche per creare, con le varietà nane, piccole siepi squadrate in piena terra o in vaso.
È una pianta molto rustica che non richiede praticamente alcuna cura, se non quella di essere contenuta nella sua naturale tendenza ad espandersi. Scelta anche come pianta da coltivare singolarmente in un giardino, offre un bel fogliame sempreverde, una fioritura ricca a maggio e la bellezza delle bacche all’inizio dell’autunno.
In breve
Nome scientifico: Pyracantha spp.
Famiglia: Rosacee
Origine: Asia minore
Tipo di pianta: arbusto sempreverde
Altezza: 4 metri
Larghezza: 5 metri
Fioritura: maggio
Di cosa ha bisogno
Esposizione: in pieno sole
Terreno: ordinario
Acqua: scarsa
Resistenza al freddo: elevata
Moltiplicazione: per talea in settembre
Il nome scientifico Piracanta trova la sua origine nel greco pyr=fuoco e acanthos=spina, parole che evidenziano le sue caratteristiche più vistose: il colore delle bacche e la presenza di spine lungo i fusti. È una pianta che è stata molto utilizzata per delimitare le proprietà: è infatti la classica siepe difensiva.
La densità dei suoi rami e la presenza di spine ne fa una barriera impenetrabile. Per questo veniva scelta in campagna dove era coltivata per formare lunghe siepi libere: costituiva il modo più pratico per evitare agli animali selvatici di entrare nella proprietà, ma anche agli animali domestici di uscirne.
Pianta originaria dell’Asia minore e della Cina, è ormai naturalizzata perfettamente nel nostro Paese e la possiamo trovare facilmente in ogni regione tranne la Val d’Aosta e la Sicilia.
Il genere Pyracanta vanta circa dieci specie, tra cui alcune presenti anche allo stato spontaneo. Le più coltivate sono:
Pyracantha coccinea: è la specie più diffusa che possiamo trovare anche allo stato spontaneo.
Pyracantha angustifolia: caratterizzata da bacche arancioni e dimensioni più piccole, vanta numerose cultivar anche con bacche di diverso colore.
Pyracantha crenulata: originaria della Cina, non supera generalmente i tre metri di altezza.
Pyracantha yunnanensis: specie da cui sono derivate molte varietà. È simile alla coccinea ma con foglie e frutti più grandi.
Per saperne di più: coltivazione, moltiplicazione
Melograno
Il melograno
Il melograno è una pianta arbustiva caducifoglia di origine orientale presente da millenni nel bacino del Mediterraneo. Può crescere ad arbusto o ad alberello ed è talmente acclimatato alle nostre latitudini da non avere bisogno quasi di nulla.
Una volta attecchito, cresce vigorosamente e produce belle fioriture estive e frutti tanto originali quanto buoni che vanno a maturazione dalla seconda metà di settembre.
È una pianta adatta per piccoli giardini, anche nella seconda casa dove non possiamo assicurarle una costante manutenzione. Può crescere anche in vaso.
È tra le piante da frutto più longeve: può infatti superare senza problemi anche i duecento anni di vita.
In breve
Nome scientifico: Punica granatum
Famiglia: Lythracee
Origine: Medio Oriente
Tipo di pianta: arbusto rustico
Altezza: fino a 6 metri
Larghezza: fino a 4 metri
Fioritura: dalla tarda primavera a luglio
Di cosa ha bisogno
Esposizione: in pieno sole
Terreno: anche povero, ma ben drenato
Acqua: si accontenta delle piogge
Resistenza al freddo: resistente al gelo
Moltiplicazione: per talea in agosto
Il nome e la sua origine
La pianta ha origine nella zona compresa tra l’Iran e l’Himalaya e da qui si diffuse in tutti i Paesi dell’Asia sud occidentale e nel bacino del Mediterraneo. La sua coltivazione è documentata dal ritrovamento di semi e bucce tra i reperti archeologici di diversi millenni prima dell’era cristiana.
La pianta e il suo frutto sono spesso citati dalla Bibbia, ma sono presenti citazioni anche nel Corano e nella Torah come nel Talmud babilonese: era un frutto sacro, simbolo di fertilità e abbondanza.
Il nome scientifico Punica granatum ci riporta al mondo cartaginese. Infatti furono le popolazioni arabe del Medio Oriente a far conoscere questa pianta ai Greci prima e ai Romani poi. In particolare, furono proprio i Cartaginesi che abitavano una regione corrispondente all’attuale Tunisia, a insegnare agli antichi Romani la coltivazione di questa pianta. Plinio stesso la chiama Malum punicum (mela cartaginese), considerando la sua origine proprio quella cartaginese.
C’è anche chi (Virgilio) afferma che il suo nome derivi dal termine latino puniceus che significa “scarlatto” con evidente allusione al colore del frutto, ma anche dei fiori e dei semi. L’epiteto granatum, dal latino granatus, ovvero che ha tanti semi, è rimasto nel nome scientifico. Ed essendo comunque una caratteristica perculiare dei suoi frutti, compare in tutte le sue possibili declinazioni, anche nei nomi volgari che possiamo trovare lungo tutta la Penisola.
Possiamo senz’altro affermare che il melograno sia presente in tutte le regioni italiane da oltre duemila anni.
I colonizzatori spagnoli la portarono poi, alla fine del 1700, nell’America latina ed oggi è presente abbondantemente in Messico e in California e Arizona.
Com’è fatta
La pianta si presenta con un tronco talvolta contorto, molto ramificato, con corteccia prima rossiccia e poi grigiastra. Nella sua forma naturale è un grosso arbusto spinoso; potandolo opportunamente nei primi anni, diventa un alberello capace di produrre sempre molti polloni basali.
Le foglie sono lanceolate con un corto picciolo; nascono rossicce e diventano poi verde brillante, un po’ coriacee, con la nervatura centrale in evidenza.
I fiori, raggruppati in due-tre all’apice dei rami, hanno 5-7 petali di colore rosso aranciato con numerosi stami gialli in evidenza. Appaiono nella tarda primavera e fanno di questo arbusto un soggetto molto decorativo. Esistono varietà con fiori bianchi, rosati o striati o di dimensioni molto grandi.
Il frutto è una falsa bacca, denominata balausta, caratterizzata da una
buccia spessa, molto amara e astringente, e da cavità separate da una membrana. L’interno è completamente occupato dai piccoli semi; ogni seme è racchiuso in una polpa color rubino, più o meno dolce secondo la varietà, ma comunque molto succosa. Il numero di questi semi può variare da un minimo di 165 a un massimo di 1.370 (si racconta che i semi sono 613 come i comandamenti della Torah).
La posizione ideale
Il melograno ama le posizioni in pieno sole o dove comunque il sole lo possa colpire per alcune ore al giorno. È utile dunque trovare per questa pianta una posizione esposta a Sud. Al momento dell’impianto, evitiamo di porre altre piante nelle immediate vicinanze, almeno finché la pianta non sia ben attecchita e sia ormai autonoma. Consideriamo anche che il melograno sviluppa radici superficiali con cui tende ad occupare l’area sottochioma. Non teme la callura estiva né il gelo invernale: la pianta mostra di resistere a temperature fino a -10°C.
Il terreno
Cresce anche su terreni poveri senza particolari problemi. Va da sé che se il terreno è normalmente fertile o viene opportunamente concimato, la pianta cresce più rapidamente e con maggiore rigoglio. Il momento migliore per la messa a dimora è la primavera. In questa operazione è bene assicurare sul fondo della buca un adeguato drenaggio fatto con uno strato di sassi e ghiaia. Mescoliamo inoltre il terreno dello scavo con cui riempire la buca con due manciate di letame pellettato. Per ottenere un’abbondante fioritura e frutti grossi, è utile, all’inizio di ogni primavera, distribuire nel sottochioma e interrare leggermente nuovo letame pellettato o compost maturo.
In vaso possiamo usare con tranquillità del terriccio universale, meglio se arricchito con un concime a lenta cessione o il solito letame pellettato.
L’irrigazione
L’irrigazione deve essere abbondante e regolare fino a un corretto attecchimento della pianta che, in maturità, mostra di accontentarsi delle precipitazioni.
Importante, ciò non di meno, è l’irrigazione durante la maturazione dei frutti. Se il clima è siccitoso, è utile fornire acqua con regolarità, ma senza esagerare. Un apporto considerevole di acqua dopo un lungo periodo di siccità provoca lo spaccamento dei frutti.
In vaso
Possiamo coltivare il melograno in un grosso vaso che sia soprattutto ampio più che alto. L’irrigazione deve essere in questo caso regolare come pure l’apporto di sostanze nutritive tramite concimi per piante da frutto. Assicuriamo un perfetto drenaggio con uno strato di ghiaia o argilla espansa più alto dell’eventuale sottovaso. Se il vaso è grande e non è previsto un sottovaso, sospendiamolo
dal terreno mediante quattro tappi di plastica: faciliterà lo sgrondo dell’acqua in eccesso.
Possiamo anche scegliere delle varietà nane, adatte a formare dei piccoli cespugli, molto decorativi e comunque fruttiferi.
La potatura
Il melograno produce molti getti basali e tende a crescere come arbusto fitto e un po’ spinoso. Per farlo crescere ad alberello ci basta tagliare i polloni alla base e far crescere il fusto centrale. Una volta formata la chioma, non serve intervenire se non per eliminare i rami mal esposti, secchi o in sovrapposizione con altri.
La moltiplicazione
Il modo più semplice per moltiplicare questa pianta è per talea. Si preleva, a fine agosto, la cima di un fusto non fiorifero lungo non più di 10 cm, si elimina la maggior parte delle foglie conservando solo quelle apicali e si pianta in un vasetto con terriccio universale umido.
Avvolgiamo la talea con un sacchetto di plastica trasparente o una bottiglia di plastica a cui abbiamo tolto il fondo. In questo modo se ne conserva l’umidità e le probabilità di radicazione aumentano considerevolmente.
Lasciamo irrobustire la giovane piantina conservandola in un ambiente protetto (serretta o locale luminoso non riscaldato) per tutto l’inverno prima di sostituire il vaso o porla direttamente a dimora in piena terra.
Malattie e cure
È una pianta molto resistente sia alle malattie sia ai comuni parassiti. Può essere colpita dagli afidi o dalla cocciniglia, ma mai in modo tale da minarne la bellezza.
Le malattie possibili sono il marciume del colletto da imputare a un terreno troppo argilloso e un conseguente ristagno idrico.
E non finisce qui
Raccontateci la vostra esperienza, inviate commenti e osservazioni; potremo arricchire l’articolo.
Ortensia
Ortensia - Hydrangea macrophylla
Arbusto perenne amante dell’ombra e del terreno normalmente umido. Fiorisce da maggio a ottobre. Può essere coltivata in piena terra e in vaso. Classificata come acidofila, si adatta a qualsiasi terreno, anche alcalino mutando il colore dei fiori dal rosa pallido al blu, al viola. Richiede una semplice potatura prima dell’inverno (o prima della sua fine) e tollera la calura estiva come il gelo invernale. La sua coltivazione è facile.
In breve
Nome scientifico: Hydrangea macrophilla
Famiglia: Hydrangeacee
Origine: Giappone
Tipo di pianta: arbusto rustico
Altezza: fino a 2,4 metri
Larghezza: fino a 3 metri
Fioritura: dall’inizio di primavera all’inizio di autunno
Esposizione: mezz’ombra
Terreno: fertile, umido, ma ben drenato
Acqua: abbondante per mantenere il terreno umido, ma senza ristagni
Resistenza al freddo: resistente al freddo
Moltiplicazione: per talea in agosto
Il suo nome botanico è Hydrangea hortensis con cui si indica la specie coltivata (il termine hortus in latino indica un’area coltivata in contrapposizione a “silva” che è una zona rustica, selvaggia).
È da hortensis che deriva il nome comune di Ortensia; la specie più diffusa, la macrophylla (nota anche come opuloides) è quella caratterizzata da grandi fiori globosi. Particolarmente utilizzata per decorare i giardini del Nord Italia, in virtù della sua resistenza al freddo, la sua capacità di fiorire in condizioni di scarsa luce e la sostanziale rusticità, la macrophylla prevede due gruppi ben identificabili.
Il gruppo Hortensia vero e proprio in cui i fiori sono aperti a formare un insieme globoso, e il gruppo Lace, in cui il corimbo (cioè l’infiorescenza nel suo insieme) ha un aspetto più piatto e i fiorellini più esterni sono completamente aperti mentre quelli centrali sono ancora chiusi. Esistono oltre 40 specie di Hydrangea, tutte per lo più rustiche, con caratteristiche leggermente diverse tra loro.
Coltivate in Cina e Giappone da tempi antichissimi, arrivarono nei nostri giardini solo nel XVIII secolo. La prima ad essere coltivata in Europa fu l’americana Hydrangea arborescens giunta nel 1736, a cui seguirono,un secolo più tardi, le specie asiatiche.
La posizione ideale
L’ortensia ama la mezz’ombra: il sole diretto, benché tollerato, comporta un maggior consumo di acqua e irrigazioni frequenti, quasi giornaliere, specialmente nei primi di anni di vita. Una posiizone rivolta a Nord o dove il sole giunge solo al mattino è ideale.
Il terreno
L’ortensia si adatta a qualsiasi tipo di terreno, sia esso alcalino o acido. Come per qualsiasi arbusto, il periodo ideale pe ril trapianto è l’autunno (così da poter godere dell’umidità del terreno per tutti i mesi invernali), ma possiamo metterla a dimora in qualsiasi perido dell’anno, fatta esclusione per le settimane più calde e quelle più fredde, rispettando il pane di terra.
Qualche giorno prima di piantarla, bagniamo generosamente il terreno che la ospiterà, in questo modo l’ortensia si adatterà più facilmente al nuovo ambiente ed emetterà più velocemente nuove radici.
Nella preparazione della buca d’impianto, assicuriamo il drenaggio mettendo sassi e ghiaia sul fondo e arricchiamo il terreno del giardino con letame pellettato. Alla ripresa vegetativa, a marzo, distribuiamo nuovo letame pellettato nel sottochioma per facilitare la produzione di foglie e fiori.
L’irrigazione
L’Hydrangea è tra le piante che “bevono” di più. Per questo è bene che sia posizionata dove il terreno è normalmente umido e compensare la temperatura con apporti regolari di acqua. In vaso la frequenza deve essere maggiore. Le piccole piante coltivate in vaso beneficiano di un’irrigazione per immersione ogni due settimane (lasciando il vaso per un quarto d’ora inun catino pieno d’acqua), specialmente durante le settimane più calde.
In vaso
L’ortensia si può coltivare facilmete anche in vaso. Trapiantiamola dopo l’acquisto in un contenitore appena più grande, di dimensioni tali da assicurarle la necessaria stabilità.
Creiamo uno strato di drenaggio con ghiaia o argilla espansa e impieghiamo terreno universale o per acidofile arricchito con due manciate di letame pellettato o un concime a lenta cessione per piante da fiore.
Particolare cura dovremo prestare all’irrigazione: in vaso il terreno si asciuga rapidamente e dovremo fornire alla pianta acqua in modo regolare e abbondante per assicurarle un terriccio sempre umido. A fine ottobre, potiamo la pianta come faremmo con quelle in piena terra.
Se teniamo la pianta in un posto coperto, controlliamo di tanto in tanto che il terreno rimanga umido ed eventualmente annaffiamo poco. A marzo, quando appaiono le prime gemme, torniamo ad annaffiare. Se la pianta cresce normalmente, è possibile che sia necessario rinvasarla ogni anno, a primavera, utilizzando un contenitore appena più grande.
La potatura
Possiamo potare l’ortensia a ottobre oppure a febbraio, prima del suo risveglio vegetativo. L’ortensia presenta due tipi di fusto: quello che ha già fiorito e che presenta quindi, tolto il fiore, una coppia di gemme o foglie appaiate, e uno che invece presenta una gemma apicale.
Il secondo tipo di fusto non va tagliato, mentre il primo può essere tagliato a 20-30 cm dal terreno con un taglio orizzontale un centimetro circa sopra la coppia di gemme. Da queste gemme (o dall’ascella delle foglie) spunteranno a primavera nuovi getti fioriferi.
La moltiplicazione
L’ortensia si moltiplica facilmente per talea. Agosto è il mese ideale per moltiplicare piante di ortensie particolarmente rigogliose. Per questo si prelevano talee di 10-15 centimetri di lunghezza da rami non fioriferi e si piantano in un vaso da tenere in posizione riparata a mezz’ombra.
In autunno le talee, ormai radicate, si possono trapiantare in vasi singoli, di circa 8-10 cm di diametro, da conservare in luogo non troppo freddo in modo che superino l’inverno senza risentire degli attacchi climatici. A primavera si possono già mettere a dimora.
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Rudbeckia
La Rudbeckia
La rudbeckia è una pianta singolare: originaria dell’America settentrionale, si presenta come una grossa margherita con il capolino scuro e i petali giallo oro, molto vistosi. Appartiene alla famiglia delle Asteracee e può raggiungere i 70-80 cm di altezza. Forma un ampio fogliame di colore verde scuro con vistose sfumature.
Ogni pianta produce più fiori durante l’estate e fino ai primi freddi, aumentando di anno in anno l’entità della fioritura. In questo modo i fiori sono abbondanti e si susseguono in modo continuo assicurando una ricchezza dell’aiuola che non passa mai inosservata.
Delle tante specie presenti in natura, la più diffusa nel nostro Paese è la Rudbeckia hirta che viene sempre più spesso impiegata per creare bordure o appariscenti macchie di colore nei giardini e nei parchi; ma esistono molte varietà orticole, anche più piccole (20-30 cm), adatte alla coltivazione in vaso o per completare, in piena terra, le aiuole nel periodo estivo.
In breve
Nome scientifico: Rudbeckia spp.
Famiglia: Asteracee
Origine: America settentrionale
Tipo di pianta: erbacea perenne
Altezza: fino a 70 cm
Larghezza: 30-40 cm
Fioritura: da luglio a ottobre
Di cosa ha bisogno
Esposizione: in pieno sole
Terreno: ordinario
Acqua: regolare
Resistenza al freddo: elevata
Moltiplicazione: per seme o divisione
Deve il suo nome al cognome di due botanici svedesi, Olaus Johannis e Olaus Olai Rudbeck, padre e figlio, in onore dei quali Linneo, padre della moderna classificazione scientifica degli esseri viventi, decise il nome del genere Rudbeckia. Si contano circa un aquarantina di specie, ma sono poche quelle comunemente impiegate nel nostro Paese. La R. laciniata giunse in Europa nel 1640 e, cinquant’anni dopo arrivò anche la specie hirta. La prima è spontanea e può essere talvolta trovata, nel Nord e Centro Italia, sulle sponde dei ruscelli e negli ambienti umidi. La seconda specie invece è quella più impiegata a scopo decorativo e quella che è stata anche oggetto di selezione da parte dei vivaisti. Oggi è possibile trovare sia le piantine in vaso, da trapiantare, sia i semi, da interrare a primavera.
La posizione ideale
La rudbeckia ama le posizioni luminose, ma mostra di sopportare poco il caldo torrido. Questo ci deve indurre a scegliere per lei, secondo la regione in cui abitiamo, un po’ di riparo dal sole dei mesi più caldi. Un’area protetta dal fogliame leggero di un albero, da una siepe o un cannicciato sono ideali nel Centro- Sud, mentre al Nord ci può bastare ombreggiarla un poco con piante da fiore più alte. Seminiamole o trapiantiamole a ridosso di una siepe, nei lati esposti a Est del giardino o, sul terrazzo, dove possa ricevere il sole diretto solo al mattino.
Il terreno
Il terrreno ordinario del giardino va più che bene; se fosse pesante, prima della semina conviene alleggerirlo aggiungendo della sabbia o della torba. La Rudbeckia cresce bene dove trova sostanza organica da cui attingere nutrimento. Nella sistemazione in piena terra, arricchiamo l’area con del letame pellettato. Un corretto drenaggio è condizione essenziale per lo sviluppo sano della pianta; i terreni in pendenza sono in questo avvantaggiati.
L’irrigazione
La pianta ama un terreno normalmente umido. Per questo annaffiamo con regolarità dalla semina fino a ottobre, sempre senza esagerare. L’irrigazione deve essere più regolare il primo anno, mentre dal secondo lo sviluppo delle radici garantisce alla pianta una maggiore resistenza. Come sempre, è meglio bagnare abbondantemente, ma a intervalli più lunghi, che non tutti i giorni con poca acqua.
In vaso
In vaso bisogna usare le normali accortezze dettate dal ridotto volume di terra a disposizione. Usiamo terriccio universale, meglio se arricchito con letame pellettato, e annaffiamo con regolarità per evitare che il terriccio secchi completamente. Se possibile, nelle settimane più calde, bagniamo per immersione. Diversamente, versiamo sulla superficie dell’acqua ogni qual volta questa ci appare asciutta. Dopo il primo mese dalla semina o dal trapianto, forniamo alle piante anche del concime per piante da fiore, di tipo liquido, ogni due settimane.
La moltiplicazione
Il modo migliore e più economico è la semina che avviene normalmente a primavera quando le temperature minime notturne siano al di sopra di 10-12°C. Possiamo altresì seminarle in inverno in un semenzaio in casa o sfruttando una serretta: in questo caso lasciamo i semi in un sacchetto sul terrazzo, al freddo, (o in frigorifero) per almeno un mese, quindi mettiamoli in un vassoio da semina in un ambiente normalmente riscaldato. Le piantine cresceranno prima e a primavera, appena la temperatura lo consente, potremo già metterle a dimora.
Possiamo anche acquistare delle piantine già formate in vivaio e trapiantarle, sempre a primavera, evitando in tal caso di toccare il pane di terra.
Le piante già coltivare per un anno possono essere divise a primavera e trapiantate subito. Per farlo, dobbiamo estrarle dal terreno e dividere la pianta in due o più parti in modo che ogni parte disponga di radici.
Malattie e cure
Si tratta di una pianta molto resistente ai parassiti che difficilmente la attaccano. Talvolta può essere colonizzata dagli afidi, specialmente quando la pianta è giovane e le foglie ancora delicate. Quando la pianta è piccola, dunque nelle prime settimane dopo la semina, può essere utile proteggerla dalle lumache. Può andare soggetta a dei marciumi del colletto, ma solo in caso di ristagno idrico o terreno troppo pesante (argilloso).
Zinnia_descrizione
La zinnia
Originaria dell’America centrale, diffusissima in California e in Messico, la zinnia deve il suo nome a Johann Gottfried Zinn, il medico-botanico che per primo descrisse questa pianta nel 1757 pur con un altro nome. Fu Linneo poi che, classificandola e riconoscendola come nuova specie, volle attribuirgli il nome di Zinnia in suo onore. Si tratta di un’erbacea annuale che prevede una ventina di specie, annuali e perenni. Quelle coltivate per i fiori ornamentali sono per lo più derivate come ibridi dalla Zinnia elegans.
Ama il caldo e non tollera invece il freddo; anche le varietà perenni finiscono con l’essere coltivate come annuali, grazie anche alla facilità di moltiplicazione per seme, pratica ed economica.
Forma cespugli eretti, ramificati da cui spuntano fiori solitari a forma di margherita, semplici o doppi.
Sono di tutti i colori tranne il blu, ma anche bicolori o screziati. Possono essere coltivate con successo in giardino in una posizione assolata, a formare vistose bordure fiorite per tutta l’estate. Anche in vaso fanno la loro bella figura; le varietà più piccole si prestano a riempire ampie ciotole e cassette, da sole o in combinazione con altre piante. Perfette per decorare la base di piante più grandi, possono essere utilizzate per formare piccole aiuole in qualunque punto assolato del giardino. Hanno anche la capacità di attirare le farfalle che generalmente le frequentano numerose durante la bella stagione. Sono ideali anche per dare un po’ di colore all’orto: questi fiori richiamano gli insetti impollinatori e sono perciò particolarmente preziosi.
Facili da coltivare ed estremamente ecomiche, le zinnie possono rappresentare una valida alternativa alle più comuni erbacee fiorite perché, resistendo bene a brevi periodi di siccità, non obbligano ad assidue cure. Adottiamole per decorare le finestre, per rallegrare l’angolo delle aromatiche, per una ciotola da usare come centrotavola nei pranzi all’aperto, per ingentilire la base di una ringhiera.
⇒ Zinnia