Semina dei pomodori

Seminiamo i pomodori

Seminare i pomodori e ottenere tante piantine è molto semplice oltre che conveniente. Una bustina di semi costa meno di 2 euro e contiene tanti semi da ottenere non meno di 30 piante: vale dunque la pena, se non abbiamo molto spazio, pensare di dividerli con qualcuno. Scegliamo la varietà che più ci piace: la coltivazione sarà comunque uguale, sia ch si tratti di Cuore di bue, sia che si parli di ciliegini.

Premessa

Dal momento che il seme del pomodoro germina con almeno 12°C, a seconda della stagione semineremo in piena terra (anche in vaso) o in semenzaio. La semina diretta in piena terra produce piante con una radice più profonda e di conseguenza una pianta più stabile, ma questo significa che al Nord Italia dovremo attendere la fine di marzo o aprile per essere certi della germinazione. Potrebbe quindi convenire, per anticipare la crescita e la produzione, seminare in area protetta, casa o veranda o serra, alla fine di febbraio in modo da poter trapiantare delle piantine già sviluppate e alte 15-20 cm già da aprile.

Di cosa abbiamo bisogno

Ovviamente dei semi: possiamo acquistarli oppure utilizzare quelli di una nostra precedente coltivazione.

Ci serve una seminiera, acquistabile per pochi euro: si tratta di un vassoio a bordi alti in grado di contenere delle cellette di plastica o di torba e dotato di un coperchio trasparente. 

Infine del terriccio da semina o del terriccio universale di buona qualità, leggero, magari mischiato a un po’ di sabbia fine.

Come procedere

Se vogliamo accelerare la germinazione, lasciamo i semi a bagno nell’acqua a temperatura ambiente dalla sera prima. Non è strettamente indispensabile.

Verifichiamo che le cellette a nostra dispozione siano forate sul fondo: se non lo fossero, buchiamole con un coltello o un cacciavite a cui abbiamo riscaldato la punta. Quelle di torba non hanno bisogno di essre bucate; quelle di plastica potranno essere riutilizzate in altre occasioni.

Riempiamo le cellette di terra e assestiamola senza premere.

Posiamo in ogni celletta un seme: serviamoci per questo di una palettina da gelato, la punta di un coltello o delle pinzette.

Copriamo i semi con un pochino di terra appoggiandovi appena il dito per compattare la terra senza premere.

Con lo spruzzatore bagniamo l’intera superficie abbondantemente.

Mettiamo sul fondo della seminiera circa un centimetro di acqua.

Posizioniamo quindi le cellette: l’acqua su fondo assicurerà una costante umidità del terreno.

Mettiamo il coperchio e lasciamo il tutto in una posizione luminosa ma non colpita dal sole.

A seconda della temperatura, passeranno da dieci a quindici giorni prima di vedere emergere le piantine.

Cosa fare poi

Le prime foglioline che appaiono sono i cotiledoni, quelle che servono ad avviare la fotosintesi: hanno una forma lanceolata, diversa dalle foglie vere e proprie che giungeranno dopo circa una settimana al centro di essi.

Attendiamo che le piantine abbiamo raggiunto un’altezza di almeno 10 cm prima di trasferirle nei vasi o in piena terra.

Per estrarle dalle cellette, serviamoci di un cucchiaio con cui preleveremo l’intera zolla di terra.

Irrigazione dell’orto

L' irrigazione dell'orto

Ci sono molti modi per annaffiare il nostro orto, alcuni più semplici, altri più pratici ed efficienti. Mantenere il terreno umido è d’altronde essenziale per permettere alle piante di contrastare il calore e vegetare nel modo migliore. Ortaggi come il pomodoro, il melone, l’anguria e il cetriolo hanno bisogno di un apporto costante di acqua per crescere e maturare nel modo migliore.

Il momento migliore per annaffiare è in ogni caso la sera, dopo il tramonto, quando il terreno è già fresco, oppure alla mattina presto in modo da avere davanti alcune ore prima che intervenga l’evaporazione. 

A seconda delle dimensioni della nostra area coltivata e della disponibilità di acqua, ma anche del nostro tempo, potremo scegliere tra svariati modi:

    • – a pioggia con l’innaffiatoio o la canna
    • – per scorrimento
    • – mediante ala gocciolante
    • – con gocciolatori
    • – con tubo poroso

Annaffiare a pioggia

È il modo più convenzionale impiegando un annaffiatoio o la canna dell’acqua. Nel primo caso è bene disporre di un annaffiatoio dotato di becco lungo con cui raggiungere la base delle piante. Possiamo usare la canna, ma limitando la portata del getto per non disperdere la terra e sempre puntandolo comunque direttamente al terreno. Dobbiamo sempre evitare di bagnare le foglie e, ancor più, i fiori. Bagnare le foglie può infatti indurre malattie fungine; bagnare i fiori può provocarne la caduta e, di conseguenza, limitare il possibile raccolto.

Irrigazione per scorrimento

È uno dei sistemi più impiegati; è molto efficace perché bagna gli strati più profondi del terreno, ma comporta una elevata disponibilità di acqua. Si tratta di allagare le corsie tra un’aiuola e l’altra in modo che l’acqua penetri nel terreno e lo idrati completamente senza bagnare minimamente le piante. Questo sistema induce anche le piante a sviluppare radici più profonde, migliorandone la stabilità e la resistenza alla siccità.

Per contro, come si accennava, comporta un gran dispendio di acqua, cosa non sempre possibile e non sempre raccomandabile. La maggior parte dell’acqua versata non viene utilizzata dalle piante, ma scende nella falda o evapora.

Mediante ala gocciolante

Per ala gocciolante si intende un tubo forato a intervalli regolari e da cui zampilla l’acqua. Questo tipo di tubo, facilmente reperibile in qualsiasi garden center, è molto utilizzato per irrigare il giardino, soprattutto le siepi e gli arbusti, ma può essere usato con successo anche nell’orto per bagnare le piante più grandi, quelle che sviluppano un fusto. Meno adatto per irrigare le piante da taglio come cicoria, prezzemolo, spinacio perché tende a bagnare le foglie inducendo malattie fungine o marciumi.

L’ala gocciolante si stende a fianco della fila di ortaggi; si chiude con un tappo alla fine e si collega a un tubo convenzionale all’inizio della fila. Il vantaggio è che il sistema, di basso costo, permette di realizzare un impianto di irrigazione in pochi minuti e di poterlo asservire a un timer per programmare l’irrigazione a frequenze prestabilite, anche in nostra assenza.

Il consumo di acqua è simile in tutto e per tutto a quello che avremmo annaffiando a mano con l’annaffiatoio.

Tramite gocciolatori

Il sistema a goccia è un sistema più evoluto rispetto al precedente e prevede l’utilizzo di un gocciolatore da porre vicino ad ogni pianta. Esistono diversi tipi di gocciolatori, a portata fissa e variabile, acquistabili separatamente o in kit preconfezionati.

L’idea è quella di far gocciolare l’acqua vicino alle piante in modo da utilizzare solo lo stretto necessario, limitando quindi al massimo le dispersioni, ma assicurando ad ogni pianta il necessario.

In un sistema a gocciolatori dobbiamo prevedere un tubo portante da 13mm di diametro (semirigido, di colore nero) che sarà collegato al rubinetto o a un programmatore. E un tubo più piccolo (si dice capillare) da 4,6mm (nero e flessibile, venduto in bobine da 25-50 mt) con cui collegare il tubo portante ai gocciolatori. Un apposito attrezzo permette di forare correttamente il tubo portante per collegarvi il tubo capillare nei punti desiderati. Non servono altri attrezzi; i componenti si collegano tra loro a pressione e sono sufficienti pochi minuti per realizzare un impianto completo.

Si può stendere il tubo portante lungo tutta l’aiuola (al centro o su un lato) e quindi collegare i vari tubi ai gocciolatori in modo da servire ogni pianta. Il sistema offre numerosi vantaggi: il consumo di acqua è minimo rispetto ai precedenti sistemi a fronte di una resa ottimale perché l’acqua cade solo dove serve. Inoltre è collegabile a un programmatore in modo da annaffiare a intervalli regolari anche in nostra assenza. Scegliendo correttamente il gocciolatore e la sua portata è possibile fornire più o meno acqua secondo le necessità della pianta servita. Non ultimo, tutti i componenti sono riutilizzabili per molti anni.

Per contro, il sistema a goccia si presta ad annaffiare le piante più grandi, mentre si dimostra poco valido per quelle piante seminate a spaglio o su file molto fitte tra loro.

Il tubo poroso e i suoi vantaggi

Il tubo poroso è un tubo di gomma nera abbastanza flessibile con la caratteristica di lasciar trasudare l’acqua lungo tutta la sua superficie. Se appoggiato sul terreno, quando vi facciamo scorrere l’acqua, questa inumidirà lentamente tutta l’area su cui è appoggiato.

Possiamo quindi stenderlo lungo la fila di ortaggi e trattarlo come l’ala gocciolante (ma questo non zampilla) oppure sfruttarne la sua peculiare caratteristica per bagnare le piante da sotto (subirrigazione). A differenza dell’ala gocciolante infatti, il tubo poroso può essere interrato con il risultato estetico di essere invisibile, ma soprattutto evitando qualsiasi dispersione dovuta all’evaporazione. Paradossalmente la superficie del terreno apparirà asciutta, ma il terreno sarà comunque umido a livello delle radici. Distribuito a serpentina sotto il terreno a una profondità di 5-10 cm permetterà un’irrigazione perfetta delle piante sovrastanti. È ideale per tutte le piante seminate a spaglio, ma può essere utilizzato con successo per qualsiasi coltivazione anche in abbinamento a teli di pacciamatura (sotto i quali sarebbe difficile bagnare). Il tubo poroso può essere steso sotto il terreno e collegato a un tubo portante come per il sistema ad ala gocciolante o a gocciolatori e come questi, può essere asservito a un programmatore. Il grande vantaggio che offre sta nel ridotto consumo di acqua perché non ci sono dispersioni di alcun tipo. 

Gli insetti utili

Gli insetti utili

In natura ogni specie animale ha un suo antagonista che, cibandosene, ne limita la diffusione. Questo mantiene in un sostanziale equilibrio tutte le forme vitali evitando che prendano il sopravvento sulle altre. Ogni insetto parassita ha dunque un suo predatore che se ne ciba o che lo sfrutta per la sua sopravvivenza.

Un orto biologico per essere tale sfrutta perciò gli insetti buoni, nostri alleati, in quanto si cibano di quelli che consideriamo parassiti.

La maggior parte di questi insetti probabilmente vivono già nelle aree verdi vicino al nostro orto, specialmente se incolte. L’importante è riconoscerli ed eventualmente raccoglierli per portarli vicino alle nostre piante perché le difendano.

L’uso di insetticidi chimici elimina i parassiti, ma anche gli insetti buoni con il risultato di mantenere le nostre colture ancora più esposte. Per questo nella coltivazione biologica ci si affida sempre più spesso ad alcuni insetti “buoni” che vengono allevati in aziende specializzate e che possono essere distribuiti nelle serre o sui campi quando necessario.

Nome

Descrizione

contro

Adalia

Adalia bipuctata

Coleottero carnivoro della stessa famiglia delle coccinelle. La forma più comune è rossa con due macchie nere sul dorso.

Afidi

Amblyseius

Amblyseius cucumeris

Acaro di colore marroncino piriforme che si diffonde velocemente con temperature intorno a 18-20° ed elevata umidità.

Tripidi

Anagyrus

Anagyrus pseudococci (vladimiri)

Imenottero grande circa 2 mm di colore marrone con linee grigiastre sul torace e antenne bianche. È attivo dala promavera all’autunno.

Cocciniglia cotonosa

Antocoride

Orius laevigatus

Insetto lungo ca 3 mm, di colore nerastro che si nutre di tripidi e polline, afidi. È utilizzato per la protezione in campo e in serra di peperone, fragola e melanzana, ma anche piante ornamentali.

Tripidi

Aphidius

Aphidius colemani

Imenottero di colore scuro, non più grande di 2-3mm, caratterizzato da lunghe antenne che depone le sue uova all’interno degli afidi che è in grado di individuare anche su ampi spazi.

Afidi

Drinide

Neodryinus typhlocybae

Imenottero che si nutre delle ninfe della Metcalfa pruinosa entro cui depone le sue uova.

Metcalfa pruinosa

Criptolemo

Cryptolaemus montrouzieri

Coccinellide utilizzato in tutto il mondo per la protezione di agrumi, vite, alberi da frutto. Misura ca 6mm e ha un corpo color arancio con elitre nere.

Cocciniglia cotonosa

Crisopa

Chrysoperla carnea

Mentre l’insetto adulto, facilmente riconoscibile per le lunghe ali semitrasparenti, si ciba per lo più di pollini, le sue larve invece crescono nutrendosi di afidi, ma anche acari, uova di lepidottero, tripidi e cocciniglie.

Afidi

Diglyphus

Diglyphus isaea

Assomiglia a una piccola mosca dal corpo allungato, nero, con riflesi verdi e antenne corte. È utilizzato con successo nella lotta ai minatori fogliari del genere Liriomyza.

Minatrici

Encarsia

Encarsia formosa

Piccolo insetto alato dal torace scuro e addome giallo brillante che si ciba delle larve della mosca bianca. All’interno di alcune larve deposita un uovo che cresce a spese dell’ospite.

Aleurodidi

Eremicus

Eretmocerus eremicus

Imenottero di colore giallo con occhi verdastri che si comporta in modo analogo all’encarsia, ma si sviluppa anche in condizioni climatiche più calde.

Aleurodidi

Fitoseide

Phytoseiulus persimilis

Simile al ragnetto rosso, ma un po’ più grand e con il corpo di colore arancio brillante, è tra i principali predatori del ragnetto rosso (Tetranychus urticae). Si muove rapidamente ed è in grado di trovare la preda anche su ampie superfici.

Ragnetto rosso

Macrolophus

Macrolophus pygmaeus

Insetto molto diffuso nell’area mediterranea di colore verde chiaro con antenne nere alla base e occhi rossi. Sia le forme giovanili che gli adulti sono ottimi predatori della mosca bianca, dele sue uova e dei suoi stadi intermedi.

Aleurodidi

Nasonia

Nasonia vitripennis

Piccola vespa che parassita le mosche deponenndo le sue uova nelle sue larve.

Mosche

Nephus

Nephus quadrimaculatus

È un coccinellide e come tale si presenta con un corpo bombato di colore scuro con quattro grosse macchie color arancio. Si trova sui tronchi e sui muri coperti di edera.

afidi, cocciniglia cotonosa

Nesidiocoris

Nesidiocoris tenuis

Insetto di piccole dimensioni (3-4mm) di colore verdastro o verde giallastro attivo per quasi tutto l’anno. Può cibarsi delle foglie più tenere ma solo in mancanza delle sue prede preferite, gli aleurodidi e gli afidi. 

Afidi, aleurodidi

Ophyra

Ophyra aenescens

Assomiglia a una piccola mosca ma è un’eccellente predatrice nei confronti proprio delle mosche. Si calcola che una sua larva, per svillupparsi, debba aggredire non meno di 60 larve nocive.

Mosche

Orius

Orius insidiosus

Minuscolo insetto che, a dispeto del nome, svolge una potente azione predatrice contro i parassiti delle piante, sia adulti, sia allo stadio larvale o di uova.

Tripidi

Spalangia

Spalangia cameroni

Piccola vespa impiegata per combattere la mosca domestica. È in grado di deporre le uova nei pupari e di crescere a spese della pupa.

Mosche

Swirskii

Amblyseius swirskii

Piccolo acaro che si nutre di polline, ma anche di picocli organismi, come uova e forme giovanili di mosca bianca o piccole larve di tripidi.

Aleurodidi, tripidi

Gli ammendanti

Gli ammendanti: come correggere il terreno

Se vogliamo correggere la terra a nostra disposizione per renderla della pastosità ottimale (vedi struttura) possiamo, durante la lavorazione a mano o con la motozappa, aggiungere degli ammendanti, dei materiali cioè destinati a correggerne la struttura. I principali ammendanti sono la sabbia da costruzione (quella più fine, non usiamo mai la sabbia di mare), la torba, la composta vegetale, il letame, la calce, la corteccia di pino o la segatura e la composta di foglie.

Sabbia da costruzione: alleggerisce la terra e ne migliora il drenaggio e la porosità, facilitandone l’aerazione. Non è da mescolare direttamente con l’argilla, ma sempre in combinazione con humus o torba.

Composta vegetale: è il concime biologico per eccellenza. Migliora la struttura del terreno arricchendolo di materia organica utile per trattenere l’acqua mantenendo il suolo umido più a lungo.

Torba: alleggerisce il terreno argilloso e lo arricchisce di sostanza organica. Nei terreni sabbiosi migliora la ritenzione idrica. Unitamente alla sabbia, migliora la struttura di un terreno argilloso.

Letame: migliora la struttura del terreno “ingrassandolo”, fornendo materia organica fertile e migliorando. la ritenzione idrica. Aumenta altresì leggermente l’acidità del terreno facilitando l’assimilazione di alcuni composti come il Ferro. A primavera va distribuito solo quello maturo (non puzza più), mentre in autunno si può utilizzare quello fresco, lasciando l’inverno perché maturi e si decomponga completamente, perdendo la sua naturale carica microbica.

Calce: abbassa l’acidità del terreno e lo arricchisce di Magnesio. L’uso di prodotti a base di Calcio e Magnesio protegge il terreno, riporta il pH a valori ottimali e migliora la soffici e la granulometria del terreno.

Corteccia o segatura: facilita l’aerazione del terreno, e ne migliora il drenaggio.

Composta di foglie: migliora la struttura del terreno con materiale vegetale di facile e costante assimilazione.

Gli ammendanti indicati sono tutti ammessi in agricoltura biologica, essendo composti naturali. Vanno distribuiti sul terreno dopo una prima superficiale lavorazione spargendoli e livellandoli a strati. Si prosegue quindi a una lavorazione ulteriore, rigirando il terreno più volte per mescolare più uniformemente possibile i diversi elementi. Alla fine si lascia riposare il terreno due settimane prima del livellamento finale.

Al termine di una qualsiasi lavorazione, indipendentemente dall’aggiunta di ammendanti, la proda risulterà più elevata rispetto al livello del suolo. Battiamo allora con la vanga lungo i bordi per assestare il terreno e rifiniamo la proda con il rastrello usandolo dalla parte dei denti per rompere le zolle e al contrario per livellarlo bene.

Permacultura

La permacultura

Il termine è una contrazione dell’espressione permanent agricolture; come tale dovrebbe essere scritto permacoltura, ma nella prima edizione italiana del libro che ne parlava si preferì adottare come traduzione permacultura, per sottolineare l’aspetto culturale dei principi che persegue.

La definizione che ne viene data è la seguente: “Permacoltura è una parola che abbiamo coniato per denominare un sistema integrato e in evoluzione costituito da piante perenni o che si autoperpetuano e da specie animali utili all’uomo. Si tratta in sostanza di un ecosistema agricolo completo”.

Il concetto, coniato nel 1911 da Franklin Hiram King, intende coniugare l’architettura, la sociologia e l’agricoltura sostenibile concepita quest’ultima nell’ambito locale e nella misura strettamemte necessaria al sostentamento degli individui che lo popolano.

Un nuovo ecosistema

Bisogna giungere agli anni ’70 per vedere descritto, ad opera di Bill Mollison e David Holmgren, un progetto di possibile utilizzo di un terreno in cui possano convivere le persone e le loro abitazioni e, mediante una stretta relazione con l’ambiente, si possa produrre cibo e fibre ed energia utile alla vita, ma in un’ottica di autoconservazione. L’idea è quella di pensare a un ecosistema dove l’uomo, gli animali, le piante possano convivere in modo armonioso e non distruttivo, dove l’uomo si possa collocare nell’ambiente né come predatore, né come parassita.

Per questo non si parla  di permacultura come metodo di coltivazione, ma come cultura antropologica volta a far fronte alla crisi ambientale e al dannoso sfruttamento intensivo. Va da sé che i metodi di coltivazione applicati siano più Bio possibile, quale condizione necessaria per il raggiungimento di quanto proposto.

Diffusasi a partire dagli anni ottanta, la permacultura fatica a imporsi, benché vanti migliaia di persone che nei vari continenti, studiano ed elaborano modelli che si adattino alle diverse culture e ambienti.

Le linee guida comuni alle diverse proposte formulate in quasi mezzo secolo hanno in comune il rispetto dei meccanismi naturali legati al suolo e alla sua fertilità, il rispetto per le esigenze fondamentali dell’individuo in termini di abitazione e cibo, e, non ultimo, la condivisione delle risorse eventualmente in eccesso. 

L’orto sinergico

L' orto sinergico

Per orto sinergico si intende una pratica elaborata dalla spagnola Emilia Hazelip e che intende riportare la coltivazione del suolo alle strategie più conformi alla natura.

Partendo dagli studi sull’agricoltura naturale elaborata dal filosofo giapponese Masanobu Fukuoka e sulla permacoltura di Bill Mollison e David Holmgren, la Hazelip formulò i principi fondanti della nuova tecnica che chiamò sinergica, studiata per sfruttare al meglio il clima mediterraneo.

Quattro sono i principi di base:

  • – nessuna lavorazione del suolo
  • – nessun apporto di fertilizzanti
  • – nessun trattamento di sintesi
  • – nessun compattamento del suolo

Nell’orto sinergico le piante non vengono coltivate in filari distinti, né tanto meno in modo intensivo. E questo perché porterebbe all’impoverimento del terreno e quindi alla necessità di migliorarne le caratteristiche facendo uso sempre maggiore di concimi. La vicinanza di piante della stessa specie o famiglia facilita inoltre l’insediamento e la diffusione di parassiti e funghi obbligando a un costante controllo e alla lotta chimica.

Sfruttando invece i meccanismi di autofertilità del terreno e “giocando” semplicemente sulla vicinanza delle piante, è possibile evitare l’uso di qualsiasi concime o antiparassitario. 

Sono le piante stesse, con la loro massa fogliare, a concimare il terreno, così come sono le piante stesse, nella loro varietà, a fare del terreno coltivato ad orto un’area dove possano convivere in naturale equilibrio insetti parassiti e i loro antagonisti.

Nella pratica

Nella pratica si tratta di seminare più specie di piante vicine tra loro:  in un’area 40x40cm possono trovare posto una leguminosa che ha il compito di fissare l’azoto nel terreno, un’aliacea capace di tenere lontano i parassiti comuni, e un ortaggio comune che possa sfruttare la sinergia data dalle altre piante vicine. Il tutto dovrebbe essere completato da piante da fiore come la calendula o il nasturzio o il garofano che, oltre ad attrarre gli insetti impollinatori, svolgono una funzione antiparassitaria. Analogamente, le piante cosiddette aromatiche devono trovare posto vicino agli ortaggi comuni come naturali repellenti dei principali parassiti.

Da dove partire

Punto di partenza di qualsiasi orto sinergico è il terreno che deve essere naturalmente fertile e recettivo. Il modo migliore per ottenere questo tipo di terreno è coprirlo, in autunno, di trinciato di legno, ottenuto dalla triturazione di rami e fogliame. Questa massa vegetale formerà la materia organica utile a fare del terreno un composto fertile, capace di trattenere l’umidità, e su cui seminare qualsiasi tipo di pianta. 

In alternativa, è possibile coltivare patate sotto uno strato di paglia in modo da mantenere un’elevata umidità e richiamare i lombrichi. L’azione di questi ultimi e la disponibilità di molta vegetazione contribuirà a dare struttura al terreno e renderlo adatto a qualsiasi coltivazione futura.

La pacciamatura, fatta con materia naturale come paglia o sfalci, oltre a proteggere il suolo dall’incidenza del suolo e conservare meglio l’umidità del terreno, diverrà, a fine stagione, utile materia organica con cui migliorare la struttura e la fertilità del terreno senza far uso di alcun concime.

Semina in semenzaio

Semina in semenzaio

L’utilizzo di un semenzaio ha molti vantaggi perché ci permette di anticipare la germinazione e, se rialzato, ci consente di lavorare più comodi.

Dobbiamo disporre di un cassone con sponde di almeno 40 cm di altezza; possiamo costruircelo da noi in legno, foderandolo poi con un telo impermeabile o adattare una struttura già esistente (un vecchio armadietto ad esempio, dotato di sportello vetrato). Sosteniamolo su dei cavalletti e riempiamolo per metà di terriccio da semina dopo avergli garantito un corretto drenaggio. In queste condizioni il calore al suo interno faciliterà la germinazione e la crescita delle piantine. 

In vasetti e cellette

Possiamo anche seminare in vasetti e cellette di torba. Il loro utilizzo è particolarmente pratico, non solo perché ci permettono di sfruttare al meglio i semi a nostra disposizione (bastano due semi per vasetto), ma perché ci basta avere una serretta per produrre centinaia di piantine a bassissimo prezzo.

Anche in questo caso dovremo disporre di un buon terriccio da semina e sarà sufficiente lo spruzzatore per fornire ai semi l’umidità sufficiente per la germinazione.

L’utilizzo delle cellette è ancora più vantaggioso perché, al momento del trapianto, potremo interrare la celletta stessa (biodegradabile) senza disturbare la piantina in essa contenuta. In commercio esistono vaschette atte a contenere i vasetti o le cellette: possiamo utilizzarle anche all’aperto, coprendole semplicemente con un foglio trasparente e mettendole in posizione luminosa e protetta dal vento. 

Semina

Coltivare i peperoncini in vaso

Coltiviamo i peperoncini in vaso

I peperoncini sono piante annuali, biennali o perenni originarie dell’America meridionale e coltivate in tutti i paesi tropicali e subtropicali; quasi tutti sono coltivati come piante annuali, specie dove il clima freddo non consente loro di superare l’inverno. Ne esistono molte varietà fra loro differenti per la forma della pianta, il colore delle foglie, la forma, il colore e la dimensione dei frutti.

Quelle che possiamo acquistare in vivaio sono alte in media 10-20 cm. La forma e le dimensioni delle foglie cambiano secondo la varietà: alcune sono strette ed allungate, altre più larghe e appuntite, altre ancora molto piccole e ravvicinate.

Secondo la varietà di appartenenza, una pianta è in grado di produrre da 15-20 bacche fino a oltre il centinaio. Queste, di diverse forme, colori e dimensioni, possono essere rivolte verso l’alto o pendenti. Ci sono frutti rotondi, tondeggianti, conici, lunghi, attorcigliati, ovati, a forma di lanterna, colorati nelle diverse tonalità di rosso, arancio, salmone, giallo, ocra. viola, cangianti a seconda del grado di maturazione. Sulla pianta avremo peperoncini che dal verde mutano al blu-rosso, dal viola al giallo o all’arancio o al rosso, dal blu al rosso, dal giallo al rosso.

Cosa acquistare

Scegliamo le piantine in base alla promessa di piccantezza normalmente dichiarato o in base al colore e alla forma delle bacche se cerchiamo qualcosa di particolarmente decorativo. Acquistiamo piantine che presentino già dei fiori o, meglio ancora, delle bacche in formazione. Se desideriamo coltivarli sul nostro balcone, dobbiamo ricordare che i fiori si trasformeranno in bacche solo grazie agli insetti impolinatori. Perché questo avvenga possiamo affidarci al caso, oppure mettere le nostre piantine vicino ad altre piante da fiore che aumentino il richiamo delle api. Se il nostro balcone è chiuso da zanzariere e gli insetti non vi si possono avvicinare, i fiori rimarranno tali e non avremo bacche. In questo caso possiamo mettere i vasi in una posizione “non protetta” (magari nel giardino di un amico compiacente) fino all’impollinazione (un paio di settimane dovrebbero bastare) per poi portarli a casa.

La scelta dle vaso

Il vasetto in cui sono vendure queste piantine è sempre troppo piccolo. L’ideale è disporre di un vaso da 18-20 cm di diametro per ogni piantina. In una cassetta da 50 cm potremo mettere due piantine che, con un po’ di fortuna, produrranno peperoncini utili per per tutte le abituali esigenze della famiglia. I vasi da appendere alla ringhiera rappresentano generalmente la scelta più valida perché permetteranno alle piante di godere di tutto il sole di cui hanno bisogno.

I vasi a riserva d’acqua sono particolarmente indicati perché queste piantine hanno bisogno di avere un terriccio normalmente umido, cosa che può essere assicurata o dalle nostre cure assidue, o da un sistema di irrigazione automatico, o, appunto, da vasi a riserva d’acqua.

Il terriccio

Utilizziamo del terriccio universale, ma arricchiamolo con del letame pellettato; calcoliamo una manciata di letame per ogni piantina, ma evitiamo di metterlo a diretto contatto con le radici. Mescoliamolo alla terra con cui riempiremo il vaso in modo che sia uniformemente distribuito. 

Il rinvaso

Dal momento che le piantine che acquistiamo sono in fiore o portano già le bacche, è importante che il rinvaso avvenga con il minor stress possibile per la pianta che, altrimenti, reagirebbe facendo cadere i fiori o le bacche. Mettiamo le piantine a bagno in un dito di acqua mentre prepariamo il vaso e concimiamo il terriccio. Spostiamole quindi nel nuovo contenitore senza rompere il pane di terra che circonda le radici. Annaffiamo subito per assestare bene la terra intorno al pane originario e facilitare l’attecchimento. Non mettiamo subito le piantine al sole, ma lasciamole acclimatare un paio di giorni in una zona luminosa non colpita dal sole. Le metteremo in posizione successivamente.

La posizione e le cure

Il peperoncino cresce bene solo in pieno sole. Scegliamo perciò un punto del nostro balcone dove possano goderne il più a lungo possibile. Annaffiamo le piante mediamente una volta alla settimana attendendo che la superficie del terreno appaia asciutta prima di bagnare. È meglio bagnare più spesso poco alla volta piuttosto che infradicire il terreno; a meno che non usiamo un vaso a riserva d’acqua, cosa che ci permette di bagnare abbondantemente ma meno frequentemente. Annaffiamo comunque alla sera in modo da contare sulla minore evaporazione e sempre senza bagnare le foglie.

Le piante che crescono nelle condizioni ideali di posizione, terriccio e irrigazione, difficilmente sono preda di parassiti (il peperoncino costituisce un ottimo repellente per la maggior parte dei parassiti) e porteranno a maturazione le loro bacche nel giro 10-12 settimane a partire dalla seconda metà di agosto.

La raccolta

La raccolta dei peperoncini può essere fatta quando il frutto ha raggiunto le dimensioni tipiche della varietà e indipendentemente dal colore. Tutti i peperoncini infatti nascono e crescono di colore verde e poi mutano, con l’avanzare della maturazione nei colori arancio, rosso, viola. Togliendo le bacche ancora verdi si induce la pianta a produrne di nuove. La raccolta va fatta ogni 8-10 giorni tagliando delicatamene il peduncolo con le forbici. Per questa operazione scegliamo le ore più fresche della giornata ad almeno 48 ore dall’ultima irrigazione. 

Cosa fare se…

Le piante ci dicono attraverso le foglie se qualcosa non va nella coltivazione. 

Se le foglie ingialliscono, probabilmente la luce è insufficiente o le annaffiature eccessive. Lasciamo asciugare il terreno prima di bagnare.
Se le foglie si accartocciano, il terreno è tropo asciutto o ci sono dei parassiti.

Se le foglie tendono a sbiadirsi, mancano dei nutrienti nel terreno, più facilmente Ferro o Magnesio; aggiungiamo all’acqua delle annaffiature un concime ricco di microelementi.

Se le foglie appaiono come scottate, probabilmente l’esposizione al sole è eccessiva.

Orto, i 10 errori più comuni

Orto: i dieci errori più comuni

1 – Preparare male il terreno

Non basta che il terreno sia “buono”: dobbiamo vangarlo in profondità, togliere sassi e radici, alleggerirlo con sabbia e torba e concimarlo con letame pellettato o composta matura. Le radici devono poter sprofondare facilmente nella terra e trovare tutti gli elementi nutritivi di cui hanno bisogno.

2 – Non applicare le rotazioni

Coltivare le stesse specie sempre nella stessa aiuola, anno dopo anno, riduce la naturale fertilità del terreno e crea i presupposti per pericolosi attacchi parassitari. Con le giuste rotazioni si limita l’impiego di concimi e di insetticidi chimici.

3 – Non tenere conto dell’esposizione

Tutte le piante che coltiviamo nell’orto amano il sole, ma qualcuna più delle altre. Pomodori, melanzane, zucchini richiedono di stare in pieno sole più delle altre. Insalate, piselli, spinaci, basilico crescono bene anche con poche ore di sole al giorno e possono stare perciò in posizione più defilata rispetto alle prime.

4 – Seminare tutto subito

Chi è alle prime armi, ha la tendenza a riempire subito tutti gli spazi a disposizione, mentre è meglio proseguire per gradi tenendo conto dei diversi tempi di sviluppo delle piante. Si deve invece seminare prima le specie con un ciclo corto in modo da avere tempo successivamente, per piantare altri ortaggi.

5 – Seminare in profondità

Spesso si sprofondano i semi spingendoli col dito in un foro o si coprono con troppa terra se si è creato un solco. I semi invece devono essere appena coperti di terra (0,5-1 cm), e questo per favorire al massimo la loro germinazione. Se si teme l’intervento degli uccelli, basta coprirli con un tessuto non tessuto o una rete a maglie sottili.

6 – Non sfruttare le consociazioni

Alcune piante mostrano di crescere meglio se vicine ad altre che le difendono naturalmente da parassiti o malattie. È il caso della salvia vicino alla carota, del basilico vicino agli zucchini, della borragine vicino al cavoli. Sfruttare al meglio queste “simpatie” permette di avere piante più sane senza far uso di insetticidi.

7 – Mettere le piante troppo vicine tra loro

Anche se si può essere abbastanza elastici nella distanza tra le piante, è bene non metterle mai troppo vicine. Bisogna sempre permettere una buona circolazione d’aria tra il fogliame per evitare malattie fungine e dare modo alla pianta di svilupparsi in modo naturale senza creare competizioni su acqua e nutrienti.

8 – Eccedere con il concime

È facile pensare che con un impiego maggiore di concime si ottengano risultati migliori. In realtà l’eccesso di concime produce tessuti mollicci e piante più esposte a parassiti e malattie. Una corretta dotazione di fondo prima della semina o del trapianto e una successiva concimazione di copertura è generalmente sufficiente.

9 – Trascurare l’irrigazione

Annaffiare poco o troppo crea stress alle piante che reagiscono arrestando la crescita, facendo ingiallire le foglie o semplicemente con una crescita stentata. È bene attendere che la superficie del terreno sia asciutta prima di bagnare, ma bisogna farlo in modo che il terreno rimanga sempre un poco umido a livello delle radici, regolandosi in base alle dimensioni della pianta e del clima.

10 – Lasciare il terreno esposto al sole

Il terreno esposto al sole si asciuga rapidamente costrimgendo ad annaffiature più frequenti e creando i presupposti per stress idrici inopportuni. Coprirlo con paglia, sfalci o gli appositi teli da pacciamatura conserva il terreno umido più a lungo e limita l’insorgenza di piante infestanti.

Orto in vaso

L'orto in vaso

Quando si parla di orto in vaso nascono inevitabili alcune perplessità, legate per lo più alla quantità di prodotto ottenibile, alla loro reale qualità, alla quantità di lavoro necessario per produrre poche cose, non certo strategiche per la spesa domestica.

La soddisfazione però di mangiare qualcosa prodotto da noi, fosse anche solo un pomodoro, ce lo farà apprezzare come mai.

Ma quali sono le reali possibilità di riuscire a coltivare qualcosa di commestibile? Quali le difficoltà e le possibili spese? Cerchiamo di rispondere a queste legittime domande.

Il vaso e la sua posizione

Stabiliamo subito che per fare un orto sul terrazzo abbiamo bisogno di un’esposizione a Sud, magari parziale, ma che garantisca almeno 4 ore di sole diretto al giorno. Diversamente, è inutile tentare: andremmo incontro a un’inevitabile delusione.

Il contenitore può giocare un ruolo importante: più che la larghezza dobbiamo concentrarci sulla sua altezza. Scegliamo quindi contenitori che siano alti non meno di 20 cm: disporre di contenitori più alti facilita le cose perché mantengono il terreno umido più a lungo a totale beneficio di ciò che coltiviamo. Non è una regola fissa: nelle cassette appese in cui cotiviamo normalmente gerani e petunie possiamo coltivare l’insalata, i ravanelli, i fagiolini. Dovremo bagnarli più spesso perché, essendo poco profonde, la terra tenderà ad asciugarsi molto rapidamente.

L’ideale è utilizzare le fioriere, quelle alte 40 cm e larghe 80 cm o un metro, dove normalmente coltiveremmo due arbusti o rampicanti; e questo perché offrono un rapporto volume/area utile ottimale. Per fare un esempio, in una fioriera lunga un metro e larga 30 cm potremmo coltivare tre piante di pomodoro e una fila di insalata e due piante di basilico. Per fare lo stesso e ottenere il medesimo risultato, dovremmo occupare molti vasi rotondi che occuperebbero sicuramente più spazio.

Ciò non di meno, possiamo usare qualsiasi contenitore abbiamo a disposizione: secchi, mastelli, cestini, sacchi… Se non inseguiamo l’estetica e vogliamo solo fare una prova, ci basta utilizzare il sacchetto della terra, aperto sul lato corto e con la pianta messa nel mezzo: è sufficiente.

In commercio possiamo trovare delle soluzioni molto interessanti dedicate a questo scopo, prime fra tutte, l’OrtodiBama (www.bamagroup.com) e il vaso orto di Verdemax, entrambi con riserva d’acqua.

OrtodiBama
Vaso per orto di Verdemax

Il terriccio ideale

La scelta del terriccio è importante. Il terreno deve poter trattenere l’umidità senza impregnarsi, deve essere fertile, ma leggero, permeabile. Possiamo “rubare” un po’ di terra dall’orto di un amico, purché siamo certi che sia esente da larve o germi o, più semplicemente, possiamo acquistare del terriccio in sacco scelto tra quelli indicati per l’orto, per le semine e i trapianti. Il terriccio universale che compriamo al supermercato può non essere il meglio, ma, se lo arricchiamo con del concime, possiamo farcelo andar bene.

Il concime

Arricchire il terreno che usiamo con una buona dotazione di sostanze nutritive ci aiuta ad ottenere piante forti e sane. Il concime migliore che possiamo usare a riguardo è il letame pellettato, da mettere in ragione di una manciata ogni 15 litri di terra. Nella cassetta dei gerani di cui prima ne metteremo una manciata; nella fioriera da 100 cm ne metteremo 5 o 6.

Il letame va mescolato al terreno prima della semina o del trapianto; basterà a fornire nutrimento alla pianta per tre mesi.

I tutori

Se vogliamo coltivare pomodori, melanzane, peperoni o piante rampicanti (fagioli, fagiolini, etc.) dobbiamo prevedere dei tutori con cui sostenerle. I tutori, alti almeno 150 cm, devono essere messi prima di mettere le piante o rischiamo, mettendoli dopo, di rovinare le radici. Possiamo usare delle canne di bambù o dei bastoni o sfruttare una grata, se l’abbiamo, a cui legare le piante.

Cosa coltivare

Possiamo coltivare quasi tutto in vaso esattamente come possiamo coltivare qualsiasi pianta ornamentale o verde in vaso; i limiti sono dettati dalle dimensioni della pianta e dalle sue esigenze di spazio. Scartiamo perciò l’idea di coltivare le zucche, le angurie o i meloni perché, benché sia teoricamente possibile, avremmo bisogno comunque intorno al vaso di una tale quantità di spazio da dover rinunciare al balcone stesso.

Orientiamoci perciò, specie al primo tentativo, su ortaggi più normali, quali i pomodori, la lattuga, gli spinaci, i peperoni. Potremo iniziare dalle piante a  maturazione tipicamente estiva per poi sfruttare il nostro orto in vaso per coltivare degli ortaggi invernali, quali la verza, il cavolfiore, i ravanelli, gli spinaci. Con un minimo di pratica potremo utilizzare il nostro orto quasi tutto l’anno alternando diverse colture e diversi raccolti. Se l’esposizione è buona e abbiamo la possibilità di proteggere l’orto con una copertura trasparente (cellophane, pvc, etc) potremo prolungare la coltivazione anche in inverno.

Quali problemi

Possiamo in queste settimane procurarci delle piantine già formate di pomodoro, melanzana, peperone, magari con qualche fiore già presente. Se il nostro terrazzo prevede dei fiori, sarà più facile attirare le api per l’impollinazione; contorniamo perciò il nostro piccolo orto in vaso di piante fiorite se vogliamo ottenere i migliori risultati.

Durante la coltura ci basterà fornire regolarmente acqua e legare le piante ai tutori seguendone la crescita.

Uno dei problemi che possiamo incontrare è dovuto ai parassiti: afidi e ragnetto rosso sono i più comuni. Per questo è fondamentale osservare le nostre piante con regolarità, oseremmo dire tutti i giorni, per non dar modo ai parassiti di moltiplicarsi e devastare i nostri ortaggi. Se ci accorgiamo della loro presenza dobbiamo intervenire subito utilizzando un insetticida pronto uso o, meglio ancora, un rimedio bio.