Struttura del terreno
Il terreno è composto principalmente da una parte vegetale ( foglie, residui vegetali, compost e torba), da una parte argillosa (argilla e limo) e da una parte inerte, costituita da sabbia e sassi più o meno grandi. La maggiore o minore presenza in percentuale di questi elementi ne determinano la struttura e le caratteristiche chimiche e fisiche.
L’insieme che forma è, per così dire, completato da una gran quantità di organismi che con la loro attività demoliscono in continuazione la materia vegetale riducendola ad elementi fondamentali che possono, veicolati dall’acqua, essere assorbiti dalle radici delle piante.
Questo insieme permette di definire il terreno come qualcosa di vivo, un sorta di gigantesco laboratorio bio-chimico in costante evoluzione. Le caratteristiche fisico-meccaniche e quelle chimiche che ne derivano fan sì che non esista un terreno, ma tanti tipi di terreno diversi per porosità, acidità, capacità di ritenzione idrica.
Comprendere la natura del terreno è fondamentale per sapere cosa vi possiamo coltivare o come possiamo correggerlo per renderlo adatto alla coltivazione di ortaggi o piante ornamentali.
Ai fini della coltivazione consideriamo ideale il terreno di medio impasto (o franco). In esso la percentuale di sabbia va dal 35 al 55%, tale da consentire un corretto drenaggio e una sufficiente ossigenazione delle radici. L’argilla deve essere presente in ragione di un 10-20%, utile per assicurare la ritenzione idrica e un sufficiente grado di umidità anche nei periodi asciutti. L’argilla ha anche il compito di “legare” insieme i componenti del terreno. Il limo può essere presente in percentuali tra il 25 e il 45%; meno ce n’è e meglio è.
Un terreno argilloso si definisce “pesante”; la sua caratteristica è quella di accumulare e far ristagnare l’acqua impedendo alle radici di respirare correttamente. In questi terreni le radici tendono a soffocare, la crescita è stentata, le foglie tendono ad ingiallire.
Al contrario, il terreno può presentarsi povero, polveroso, di colore chiaro; l’acqua tende a scivolare su di esso, non viene in alcun modo trattenuta. In queste condizioni le piante non trovano mai l’umidità sufficiente per assimilare i pochi elementi utili eventualmente presenti nel terreno.
Per avere un’idea dello stato del nostro terreno, scaviamone una parte, quindi prendiamo in mano un po’ di terra e stringiamola nel pugno. La terra sabbiosa scivola tra le dita, lasciandoci la mano quasi pulita; la terra argillosa tende ad agglomerarsi e a rimanere in mano, un po’ pastosa, come fosse plastilina.
La terra sabbiosa lascia scorrere velocemente l’acqua, mentre quella argillosa tende a intridersi, soffocando le radici. Per contro, la terra sabbiosa rischia di essere povera di elementi nutritivi; inoltre la mancanza di materia vegetale limita la ritenzione idrica necessaria a mantenere il terreno umido. Quando parliamo di medio impasto parliamo dunque di un terreno permeabile, ma non argilloso. Una prima, superficiale lavorazione del terreno ci permette di stabilire la natura della terra a disposizione e prevedere gli ammendanti più idonei a correggerla per renderla ideale alla coltivazione.
L’acidità
Una delle caratteristiche importanti ai fini della coltivazione è l’acidità. Dal momento che la terra è, come abbiamo detto, un laboratorio chimico, la minore o maggiore acidità determina la possibilità di disgregazione dei minerali e il loro assorbimento da parte delle radici. Un terreno alcalino, ad esempio, non rende possibile l’assimilazione del ferro (le foglie restono pallide, si parla di clorosi ferrica); per contro, se il terreno è acido, quello che viene a mancare è l’assorbimento del calcio.
Un buon terreno adatto alla coltivazione degli ortaggi deve presentare un pH pressoché neutro (tra 6,5 e 7,5). I valori inferiori al 7 indicano l’acidità (l’aceto ha un pH pari a 3,5), mentre valori superiori al 7 indicano la tendenza all’alcalinità. Per misurare il pH del nostro terreno a disposizione mettiamo un pugno di terra in un bicchiere di acqua distillata e formiamo una fanghiglia densa. Quindi misuriamo il pH con una comune cartina tornasole. Possiamo anche affidarci a un apposito strumento chiamato piaccametro, certamente più preciso e veloce ma anche ben più costoso.
Possiamo acidificare il terreno aggiungendo letame, torba acida o lupini tritati; possiamo renderlo più basico mescolandovi calce o gusci d’uovo tritati.
Hai trovato utili queste informazioni?
Clicca sulle stelle per esprimere un voto
Media 0 / 5. Numero di voti: 0
Nessun voto finora! Sii il primo a votare questo post.