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Perché li chiamiamo gerani

Quelli che chiamiamo abitualmente gerani, sono più correttamente dei pelargoni, uno dei generi della più grande famiglia delle Geraniacee. A questa infatti appartengono i generi Pelargonium, Geranium, Erodium, Monsonia e Sarcocaulon. La confusione è dovuta a problemi di classificazione da parte di Linneo che, nel 1753, accomunò i Gerani e i Pelargoni come fossero lo stesso genere. Charles Louis L’Heriter, vent’anni dopo, smentì Linneo e, sulla base di un diverso numero di stami nei pelargoni (sette) rispetto ai gerani, corresse l’errore stabilendo che il genere era diverso.

Ma ormai il pasticcio era fatto e per la maggior parte delle persone, quelli che appendiamo ai balconi sono gerani e il nome pelargoni rimane circoscritto a una piccola schiera.

A discolpa di Linneo c’è il fatto che tutti i cinque generi appartenenti alle Geraniacee hanno frutti lunghi e appuntiti, simili a becchi di uccello. Ed è un fatto che pelargone derivi dal greco “pelargos” che significa cicogna, geranio deriva da “geranos” che significa gru, mentre il genere Erodium prende il nome da “erodos” cioè airone. Siamo di fronte a nomi che originariamente indicavano animali molto simili a sottolineare come la corretta classificazione di queste piante abbia dovuto superare la normale osservazione e dovesse avvalersi di studi ben più accurati.

Sconosciuti prima del 1600

I primi pelargoni giunsero in Europa nel XVII secolo portati dai navigatori olandesi che, proveniendo dalle Indie orientali, facevano sosta in Sud Africa per fare rifornimento di acqua e viveri. E siccome sulle navi c’era quasi sempre un naturalista che approfittava del “passaggio” per scoprire e studiare nuove piante (alla ricerca di spezie), ecco che i pelargoni vennero portati nelle serre europee e divennero oggetto di studio. Siamo ben lontani dalla coltivazione domestica: come per la maggior parte delle nuove piante, erano soprattutto curiosità botaniche.

Ben presto ci si accorse che le diverse specie importate si ibridavano facilmente tra loro creando nuove varietà. Grazie alla Compagnia delle Indie, i viaggi si fecero più frequenti col risultato di portare in patria sempre più specie e varietà; agli inizi del XVIII secolo l’interesse dei vivaisti era supportato da richieste sempre crescenti da parte di veri collezionisti. Dall’Inghilterra, la passione per questi fiori si diffuse anche in Francia e in Germania dove divenne ben presto molto popolare. E dalla Germania all’Italia il passo fu breve: fu un commerciante veneziano a scoprirli nelle regioni oltralpe e. portarli nel nostro Paese dove divennero ben presto molto popolari.

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