L' oleandro
Molti significati sono associati a questa pianta sempreverde che nelle nostre zone mediterranee cresce allo stato spontaneo. Nel Medioevo era probabilmente considerata una pianta beneaugurante, tant’è che una leggenda voleva che sul bastone di San Giuseppe fosse fiorito un oleandro. Da qui il soprannome di “ Mazza di San Giuseppe”. Ma non solo. Nel linguaggio dei fiori ottocentesco, l’oleandro rappresentava la “baldanza”, forse per la sensualità dei suoi fiori.
In India, invece, come anche in alcune regioni italiane, l’oleandro è stato considerato un albero funerario. Non se ne conosce chiaramente le ragioni, ma si suppone che questa associazione derivi dalla tossicità delle sue bacche, già conosciuta ai tempi di Plinio che descrive la capacità di questi frutti di uccidere i serpenti e di provocare intorpidimento in qualunque animale selvatico. Nelle nostre campagne veniva chiamato “ammazza cavallo o ammazza l’asino”, a sottolineare ancor di più l’effetto mortale, o quasi, di questa pianta. Ai tempi di Napoleone si racconta che alcuni soldati morirono avvelenati soltanto perché avevano utilizzato come spiedi per la cottura della carne i rami dell’oleandro.
È una pianta che emana anche un grande fascino. La bellezza dei suoi fiori è stata spesso associata a quella delle rose, come fece lo stesso D’Annunzio nell’opera dal titolo “Sodalizio dell’oleandro”.
Per le sue caratteristiche ornamentali è un arbusto coltivato diffusamente, nei giardini, sui terrazzi nei vasi, lungo le autostrade e le strade delle città a clima mite.
Com’è fatta la pianta
L’oleandro è un arbusto sempreverde di origine mediterranea e vive spontaneo sulle isole e sulle coste dell’Italia del sud. Nasce come cespuglio, alto anche 4-6 metri, ma come esemplare adulto può assumere anche la forma ad alberello perché si spoglia con una certa facilità alla base.
Le sue foglie sono dure, di colore verde scuro e allungate. Alla loro forma, un po’ geometrica, si contrappone quella più dolce dei fiori, la cui corolla è formata da petali saldati tra di loro, conferendo una forma ad imbuto. Nascono sulla cima dei rami e profumano leggermente; possono essere a fiore semplice o doppio e sono per lo più di colore rosa, ma in commercio si trovano anche rossi, bianchi e più raramente gialli e arancione.
I frutti assomigliano a dei baccelli dalla forma allungata che contengono diversi semi vellutati.
Facile da coltivare
Questa pianta cresce spontaneamente vicino al mare ed è quindi ovvio che ami i luoghi caldi illuminati dal sole, condizione che la spinge ad emettere molti fiori per un periodo lungo che può andare da maggio-giugno fino ad ottobre, se le condizioni climatiche si mantengono abbastanza miti. Teme molto il freddo o meglio il gelo intenso. Temperature vicino allo zero provocano seri danni, temperature sotto lo zero di alcuni gradi la fanno morire.
Ecco perché quando si decide di piantarla in giardino, solitamente nel mese di aprile, è bene scegliere un luogo che sia ben protetto dal freddo e dal vento, come per esempio vicino ad un muro, anche se quella posizione risulta parzialmente all’ombra.
L’oleandro però ha una tempra molto forte e se le radici non sono state uccise dal freddo, non è raro vedere in primavera formarsi nuovi germogli basali che daranno vita a un nuovo arbusto.
Non è molto esigente invece per quanto riguarda il tipo di terreno. Si sviluppa bene nei terreni fertili e ricchi di sostanza organica ma può tranquillamente crescere anche in quelli poveri. Si adatta sia a terreni aridi e siccitosi che umidi, purché senza ristagni idrici.
In estate non facciamogli però mancare l’acqua e concimiamolo ogni dieci giorni per aiutarlo a sostenere l’intensa fioritura.
Anche in vaso
Non è affatto difficile coltivare questa pianta in vaso e infatti non è difficile vedere terrazze e balconi da cui fa capolino qualche pianta di oleandro. Dobbiamo, ovviamente usare qualche precauzione in più rispetto alla coltivazione in piena terra. Fatta salva un’esposizione in pieno sole, scegliamo contenitori più profondi che larghi perché le radici tendono a svilupparsi in profondità, e finché la pianta è giovane rinvasiamola ogni due anni: a sviluppo completo una pianta adulta dovrebbe stare in un vaso di almeno 60 centimetri di diametro. Il rinvaso va fatto verso i primi di marzo, utilizzando terriccio per universale leggero e fertile. In primavera-estate dobbiamo annaffiare giornalmente con acqua a temperatura ambiente, aggiungendo un fertilizzante liquido per piante da fiore ogni due settimane.
Se abitiamo al Nord, considerando che il gelo può danneggiare le radici, è bene prevedere, a fine ottobre, di mettere l’intero vaso in uno scatolone che riempiremo poi con materiale coibentante come corteccia, polistirolo, paglia. Difenderemo poi la parte aerea con del tessuto non tessuto, lasciando la pianta in pieno sole e bagnandola molto moderatamente solo se il terreno appare asciutto.
Ai primi tepori primaverili, scopriamo il vaso e iniziamo a bagnare la pianta per indurre il risveglio vegetativo.
Come potarlo
L’oleandro tende a spogliarsi nella zona vicina a terra; quindi, se vogliamo ottenere un cespuglio folto e pieno fin dal basso, tagliamo dopo la fioritura i rami su cui sono comparsi i fiori per metà della loro lunghezza e accorciamo a 10 centimetri i rami laterali. Alla fine dell’inverno eliminiamo i rami vecchi, morti o gracili; ma se vogliamo rinnovare completamente la pianta, tagliamo tutti i rami a 10 centimetri dal suolo, disinfettando con cura i monconi. Infine, se acquistiamo un oleandro ad alberello per conservarne la forma dobbiamo eliminare i polloni che la pianta tende a formare al piede. Tagliamoli in autunno: potremo così utilizzarli come talee per riprodurre nuove piante.
Una pianta tossica
Molti affermano che la pianta debba essere evitata per la sua tossicità; qualcuno si spinge a dire che non la coltiva in giardino perché è un pericolo per i bambini che potrebbero mangiarne le foglie.
Riteniamo che si debba mettere ordine a queste idee, corrette, sì, ma fino a un certo punto. A parte che l’unico caso di intossicazione dovuta ad oleandro è quella relativa ai due soldati francesi a cui abbiamo accennato prima, per avere seri problemi dovremmo mangiare più foglie. Chi ne teme la tossicità ha mai provato a mangiare una foglia di oleandro? Probabilmente no, altrimenti saprebbe che è praticamente immangiabile, non solo perché estremamente coriacea, ma dal sapore disgustoso.
Difficile dunque immaginare che qualcuno riesca a mangiarne tanto da avvelenarsi seriamente.
Se nell’acqua del sottovaso dovessero macerare delle foglie di oleandro e qualche animale domestico dovesse bere quest’acqua avrebbe dei gravi problemi intestinali. Vero, ma basta, come si dice sempre, vuotare i sottovasi.
La talea di oleandro
Forse ci abbiamo provato tutti e ci sono molti modi per riprodurre per talea questa pianta. Si può fare in acqua o in piena terra.
Qualcuno suggesrisce il trucco di tagliare longitudinalmente la base del fusto e infilarvi un chicco di riso per tenere aperto il taglio: questo facilita l’emissione di radici. Tutto vero e ognuno può agire come si trova meglio. L’estate è il periodo migliore.
Di certo c’è che le radici che si producono facilmente in acqua sono molto fragili e non garantiscono un attecchimento corretto della pianta una volta messa in piena terra. Tanto vale quindi far radicare la talea direttamente in terra, riducendo il numero delle foglie a tre e tagliandole per limitarne la superficie. Il vasetto con la talea va quindi protetto con una bottiglia d’acqua a cui abbiamo tagliato il fondo o un sacchetto di plastica in modo da conservarne l’umidità. Non mettiamola al sole, ma scegliamo una posizione luminosa: entro un mese vedremo spuntare nuove foglioline, segno che la pianta ha emesso radici. La pianta così ottenuta va tenuta al riparo per tutto il primo inverno (in caso o in una serretta) perché si rinforzi e messa all’aperto in primavera in un vaso appena più grande.
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