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Il ginepro

Il ginepro appartiene a quel mondo di freschezza che sono le conifere, tre famiglie di refrigerio che comprendono gli abeti, pini, larici, cipressi, cioè tutte le piante amanti della montagna, sempreverdi e profumate di resina. Le conifere hanno soprattutto due cose in comune: producono i coni, cioè quelle che di solito chiamiamo pigne e, tutte quante, non si lasciano accarezzare facilmente per via delle foglie a forma di aghi appuntiti.

Il ginepro non fa eccezione: ben inserito all’interno del “clan” familiare (è primo cugino del cipresso), è diventato famoso grazie alle sue bacche dalle quali si ricava un olio prezioso per le proprietà disinfettanti e il suo aroma di bosco.

Oggi ritroviamo il suo aroma in numerosi prodotti (dalle caramelle balsamiche ai numerosi prodotti da toeletta), ma un tempo erano soprattutto le corsie di ospedale o le grandi chiese alla ricerca di purificazione a profumare di resina.

Rami di ginepro venivano bruciati all’interno di questi luoghi per diffondere il benefico aroma e tener lontani i mali del corpo e dello spirito. Almeno fino a quando gli Olandesi non scoprirono che con le loro bacche si poteva aromatizzare molto bene anche il gin, cosa che, da lì a poco, si dice abbia modificato un poco le antiche pratiche…

La pianta

Il suo nome botanico è Juniperus communis e lo troviamo un po’ ovunque, vicino al mare, nei boschi, in Africa fino al Nord Europa, ma, come i suoi parenti, ama la montagna e cresce bene fino a 1.700 metri di altitudine. Si presenta come un cespuglio fitto con foglie aghiformi lunghe circa mezzo centimetro che partono dal ramo riunite a tre a tre a difesa della pianta. L’espressione “ficcarsi in un ginepraio” per indicare una situazione da cui è difficile districarsi rende bene l’idea di quanto possa essere spinoso questo cespuglio.

È una pianta molto rustica che ama il terreno ben drenato, anche sassoso e si presta al consolidamento di scarpate e terreni scoscesi. Ama le esposizioni soleggiate, ma cresce comunque anche in posizioni a mezz’ombra. Nei primi anni di vita ha bisogno di essere annaffiato nei mesi più caldi per evitare che il terreno si asciughi completamente. Una volta adulta provvede a se stessa e resiste senza problemi anche al gelo prolungato così come alle elevate temperature estive.

Se lo coltiviamo nel nostro giardino forniamogli del concime maturo all’inizio della primavera o del fertilizzante per piante verdi, meglio se a lenta cessione.

Possiamo moltiplicarlo per seme o, più facilmente per talea prelevando alla fine della primavera, gli apici giovani della pianta e interrandoli in un mix di terra e sabbia.

Può essere attaccato dalla cocciniglia o dagli afidi del cedro che rovinano velocemente il fogliame, ma si dimostra raramente sensibile alle malattie più comuni.

Le bacche, numerose e dal tipico colore violaceo, impiegano due anni per giungere a completa maturazione. Il loro utilizzo per aromatizzare la carne e in particolar modo la selvaggina è accertato fin dai tempi più antichi.

Varietà per tutti i gusti

Sebbene la pianta sia di origine alpina, ne esistono talmente tante varietà da trovare impiego in qualsiasi luogo, clima e… angolo.

Potremo averne un piccolo esemplare “nano” in vaso o un tipo “orizzontale” in cassetta di legno, un elegante “colonnare” sulla porta di casa, o una splendida composizione di diversi colori e altezze. Basta tener conto della crescita e della forma, scegliere quello giusto per noi e dedicargli qualche piccola cura. Teniamo presente, comunque, che la sua velocità di crescita, pur variando molto da una varietà all’altra, è piuttosto lenta.

Non sono vere bacche

Come si chiamano: coccole o galbuli

Cosa sono: strutture carnose che racchiudono i semi. Non sono frutti, ma in un certo senso, dobbiamo considerarle come un tipo particolare di pigna.

Come sono: piccole palline grandi circa mezzo centimetro, di colore nero o bluastro opaco, dal forte sapore di bosco. La polpa interna, color marrone chiaro, è morbida e dolciastra.

Chi le produce: la pianta femminile, che deve però essere sempre piantata vicino a un esemplare maschile.

Quando maturano: soltanto ogni due anni, in autunno 

Come si raccolgono: si staccano dai rami con le dita soltanto le bacche molto scure, cioè ben mature, da agosto a novembre.

Come si conservano: si fanno essiccare al sole

Ginepro

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