Vasi a riserva d'acqua: funzionano?
Da alcuni anni sono in commercio dei vasi “a riserva d’acqua” che promettono di conservare il terreno umido a lungo evitando di bagnare le piante tutti i giorni o comunque con la consueta frequenza. Ma funzionano davvero? O sono solo un’idea commerciale per venderli?
Com’è fatto un vaso a riserva d’acqua
Diversamente da un vaso comune, il vaso a riserva d’acqua non ha foro di drenaggio; o meglio, c’è, ma è posto a una certa altezza ed è destinato a far uscire l’acqua che supera il livello massimo del serbatoio. Si considera “serbatoio” la parte inferiore del vaso ed è separato dalla terra da una semplice grata.
Nel vaso normale
Dovendo usare un vaso tradizionale, per prima cosa dobbiamo creare uno strato di drenaggio costituito da argilla espansa o ghiaia. Questo strato deve essere più alto del sottovaso: in questo modo l’acqua in sovrappiù cade nel sottovaso e non può rientrare a infradicire la terra.
Sopra lo strato di drenaggio si pone il terreno con la pianta.
Sappiamo che il modo migliore per bagnare una pianta è immergere il vaso in acqua perché il terriccio si idrati completamente. Questa procedura, detta irrigazione per immersione, è possibile solo con vasi piccoli o medi; con i vasi piccoli possiamo anche bagnare la pianta versando l’acqua nel sottovaso. Il procedimento è analogo: l’acqua per capillarità risalirà e bagnerà il terreno intorno alle radici.
Nel vaso con riserva d’acqua
In un vaso con riserva d’acqua non dobbiamo mettere lo strato di drenaggio: niente ghiaia dunque, né argilla. La terra va versata direttamente nel vaso sopra la grata. Quando nel serbatoio è presente dell’acqua, il terreno alla base del vaso si intride.
Ma non si dice sempre di evitare i ristagni? Vero, ma i ristagni d’acqua sono pericolosi quando sono a livello delle radici. In questo caso la terra fradicia è ben sotto le radici e assicura per capillarità che il terreno sovrastante sia sempre umido.
Quanta acqua mettere nel “serbatoio”? Quanta ce ne sta: il sistema funziona comunque, sia che ce ne sia poca, sia che ce ne sia tanta. Gli intervalli di irrigazione possono variare, secondo la temperatura e la stagione, da una volta ogni due settimane a una volta al mese.
Un’ampolla, spesso in dotazione con il vaso, permette di rilevare il livello effettivo di acqua alla base del vaso. È una comodità in più, rassicurante. Ma possiamo anche farne a meno: la pianta sa dirci in modo inequivocabile quando le manca l’acqua (afflosciando le foglie).
I modelli e il loro impiego
Possiamo utilizzare i vasi a riserva d’acqua sia in casa sia sul terrazzo; eviteremo di farlo in esterno durante l’inverno perché c’è l’evidente pericolo che l’acqua ghiacci e rompa il vaso, ma durante la bella stagione risultano estremamente pratici, specialmente con quelle piante, come le petunie, che amano l’esposizione al sole, ma richiedono un terreno sempre umido.
Perché questi vasi funzionino bene è giusto valutare un corretto rapporto tra le dimensioni del vaso e quelle del pane di terra che andiamo a rinvasare. È evidente infatti che le radici della pianta che andiamo a rinvasare devono stare al di sopra della griglia. Non fa nulla se la pianta, crescendo, svilupperà radici che andranno in profondità: le piante produrranno infatti radici adatte a prelevare direttamente l’acqua: sono radici adatte all’acqua che non soffocano cioè come le radici normali.
Un valido esempio
Un valido esempio di vaso a riserva d’acqua è la fioriera Brezza di Bama. Misura 50×20 cm ed è perfetta per accogliere due piante, di quelle che possiamo acquistare in vasi da 10-13 cm: piante verdi, da fiore, piante aromatiche… La mancanza di un sottovaso e dunque di acqua stagnante, ne permette l’utilizzo anche in ambienti dove è sempre meglio avere un maggiore livello di igiene. Perfetta per la cucina (per le piante aromatiche), si dimostra ottima per abbellire la scrivania di un ufficio, in una sala d’aspetto, ma anche in un ristorante. La rara manutenzione che richiede assicura una vita prolungata alle piante e una maggiore soddisfazione per noi.
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